Mancato/tardivo invio della comunicazione all’ENEA e decadenza dall’ecobonus fiscale: note a margine di una recente pronunzia della Cassazione

Di Giuseppe Ingrao -

(commento a/notes to Cass., sez. VI, 21 novembre 2022, n. 34151)

 

Abstract

Con l’ordinanza n. 34151/2022, la Corte di Cassazione ha affermato la legittimità del disconoscimento della detrazione fiscale IRPEF connessa alle spese per interventi di riqualificazione energetica, prevista dall’art. 1, commi 344 ss., della L. n. 296/2006, in relazione al mancato o tardivo invio della comunicazione all’ENEA, atteso che la normativa in questione prevede chiaramente che l’irregolarità commessa dal contribuente nell’espletare tale adempimento formale costituisce una causa ostativa alla concessione del bonus. L’interpretazione proposta dai giudici è discutibile per varie ragioni, ma inevitabilmente condizionerà gli esiti delle numerose liti pendenti presso le Corti di giustizia tributaria non solo con riguardo al recupero dell’imposta non versata, ma anche per ciò che concerne la disapplicazione delle sanzioni irrogate.

Failure/late sending of the communication to ENEA and loss of the tax ecobonus: note to a recent decision of the Court of Cassation. – With the ordinance n. 34151/2022, the Court of Cassation affirmed the legitimacy of the non-recognition of the Irpef tax deduction connected to the expenses for energy requalification interventions, envisaged by art. 1, paragraphs 344 and following, of law no. 296/2006, in relation to the failed or late sending of the communication to ENEA, given that the legislation in question clearly provides that the irregularity committed by the taxpayer in carrying out this formal fulfilment constitutes an impediment to the granting of the bonus. The interpretation proposed by the judges is questionable for various reasons, but it will inevitably condition the outcome of the numerous disputes pending before the Courts of Tax Justice, not only with regard to the recovery of the unpaid tax, but also with regard to the non-application of the penalties imposed.

 

Sommario: 1. Premessa. – 2. Il disconoscimento del bonus fiscale per spese effettivamente sostenute e il disappunto dell’opinione pubblica. – 3. Il sentimento di ingiustizia nel contesto della ambiguità delle norme agevolative sulla rilevanza degli adempimenti formali e delle divergenti posizioni ministeriali. – 4. Le riflessioni di un tributarista sulla posizione restrittiva del Fisco riferita esclusivamente alla possibilità di fruire dell’ecobonus di cui alla L. n. 296/2006 in presenza di irregolarità nell’invio della comunicazione all’ENEA – 5. Segue: e sulla decisione dei giudici di legittimità. – 6. Conclusioni.

1. Con la recente ordinanza n. 34151/2022, la Cassazione ha affermato che la normativa sul bonus fiscale per gli interventi di riqualificazione ed efficientamento energetico degli immobili (art. 1, commi 344 ss., L. n. 296/2006) dispone chiaramente che l’omessa comunicazione all’Enea entro il termine specifico costituisce una causa ostativa alla sua concessione.

Riteniamo opportuno segnalare questa pronuncia – che fa seguito ad una copiosa giurisprudenza di merito orientata in senso opposto – in quanto rappresenta il primo intervento dei giudici di legittimità sulle rettifiche del Fisco alla dichiarazione IRPEF per esclusione della detrazione, motivate appunto in relazione all’omesso/tardivo invio della comunicazione all’ENEA.

L’ordinanza in commento – destinata evidentemente ad impattare sia sull’esito delle numerose controversie pendenti sia sullo svolgimento dell’azione di controllo degli Uffici impositori – sarà certamente oggetto di discussione non solo negli ambienti professionali, ma anche tra comuni cittadini, posto che la specifica questione esaminata dai giudici avrà evidenti conseguenze su una vasta platea di contribuenti e, non presentando particolari complessità tecniche, si presta ad essere in larga misura valutata anche senza possedere particolari competenze tributarie.

La pronuncia, in vero, era attesa dai numerosi contribuenti incappati in tale irregolarità, i quali ovviamente auspicavano un esito diverso, teso a valorizzare l’effettivo sostenimento della spesa di riqualificazione – e la conseguente riduzione dei consumi energetici, a beneficio anche della collettività – nonostante l’errore procedurale commesso evidentemente in modo involontario.

Atteso ciò, proviamo ad offrire una lettura dell’ordinanza, immaginando innanzitutto l’impatto sull’opinione pubblica e successivamente il punto di vista di un tributarista.

 

2. Muoviamo dall’impatto sull’opinione pubblica, immaginando le osservazioni dei contribuenti privi di una specifica conoscenza della materia. Non è mai semplice far comprendere ai consociati la rilevanza che, a volte, il diritto vivente continua ad assegnare alle formalità, per così dire, burocratiche. Se, da un lato, si manifesta indignazione nel vedere (giustamente) vanificate in sede giurisprudenziale pretese fiscali per vizi attinenti al mancato rispetto delle regole procedurali da parte degli Uffici, d’altro lato, non può che emergere una reazione di scoramento nel constatare il disconoscimento di una detrazione fiscale IRPEF connessa al sostenimento di una spesa significativa per la riqualificazione energetica di un immobile (affrontata anche considerando la possibilità di beneficiare del bonus fiscale) motivata dal mancato rispetto di un adempimento formale. Tanto più, poiché la spesa meritevole è stata effettivamente sostenuta e regolata con specifiche modalità che riducono anche le possibilità di evasione in capo a colui che cede il bene o effettua la prestazione (cioè il bonifico appositamente previsto per i pagamenti che danno diritto alla detrazione d’imposta).

Con riguardo alla ipotesi dell’evasione accertata con atti dichiarati in seguito illegittimi dal giudice, per chi non è addentro alla materia tributaria viene difficile comprendere le ragioni per cui gli Uffici impositori commettano – consapevolmente o involontariamente – errori procedurali così gravi da compromettere l’acquisizione del tributo, nonostante il controllo delle dichiarazioni rappresenti un’attività svolta in modo sistematico. Quanto al caso del disconoscimento dei bonus fiscali, chiunque riesce, invece, a comprendere che ad un soggetto possa sfuggire l’invio di una comunicazione, posto che il sostenimento di spese significative, come quelle di ristrutturazione degli immobili, non rappresenta certo un fatto che si realizza di frequente (non si tratta della detrazione per una spesa sanitaria!).

In questa cornice, l’impatto in termini di indignazione e di scoramento sull’opinione pubblica si ricollegano ad un’ingiustizia che si consuma, per un verso, a vantaggio di un soggetto (evasore) che riesce a sottrarsi al pagamento di quanto avrebbe dovuto corrispondere all’Erario, e, per altro verso, a danno di un altro soggetto che viene privato del beneficio fiscale, correlato ad una spesa da lui realmente effettuata e per la quale il legislatore aveva riconosciuto la piena meritevolezza dell’agevolazione.

3. La circostanza che una banale irregolarità in un adempimento formale possa provocare il disconoscimento della detrazione d’imposta IRPEF altrimenti spettante si rivelerebbe ancora più ingiusta qualora il comune contribuente si avventurasse in una rapida ricerca sui requisiti per accedere ai “bonus energetici”. Ed infatti, scorrendo i contenuti dei tanti siti web che si dedicano al tema, emerge non solo che la vicenda (rectius l’irregolarità nell’invio della comunicazione all’ENEA) riguarda numerosi contribuenti, ma soprattutto che la normativa sulle detrazioni di imposta collegate alle spese per il risparmio energetico non chiarisce quale sia la rilevanza delle comunicazioni da effettuare nella prospettiva della fruibilità del bonus.

Andando oltre le informazioni dei siti web e – per “capirne di più” – attingendo alla fonte normativa, si scopre che nell’art. 16-bis TUIR, in tema di «Detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici», e nel decreto interministeriale di attuazione del 18 febbraio 1998, n. 41 (cui si rinvia), è previsto che la detrazione non è riconosciuta nel caso in cui, tra l’altro, si omette di effettuare la comunicazione di inizio lavori all’ASL. Il panorama normativo, però, non si esaurisce nelle disposizioni del TUIR. La legge n. 449/1997 – che rappresenta la prima disposizione organica sui bonus edilizi – consente di ritenere che la detrazione fiscale non è subordinata al rispetto dei requisiti formali sanciti nel predetto D.Interm. n. 41/1998, tra cui quello di comunicazione all’ASL.

Ma non finisce qui. Qualora si decida di portare ancora avanti la ricerca, si scopre che per taluni interventi edilizi che comportano un risparmio energetico e che danno diritto alla detrazione prevista dall’art. 16-bis TUIR è previsto l’invio di una comunicazione all’ENEA (art. 16, comma 2-bis, D.L. n. 63/2013), ma l’Agenzia delle Entrate, con la ris. 18 aprile 2019, n. 46/E ha affermato che «per quanto concerne la rilevanza, ai fini fiscali, della trasmissione delle informazioni sugli interventi effettuati e, in particolare, l’eventuale perdita del diritto alla detrazione delle spese sostenute per i predetti interventi, in caso di mancata o tardiva trasmissione delle informazioni medesime, il Ministero dello sviluppo economico, con nota prot. n. 3797/2019, ha espresso l’avviso che la trasmissione all’Enea delle informazioni concernenti gli interventi edilizi che comportano risparmio energetico prevista dal citato comma 2 bis dell’art. 16 del decreto legge n. 63/2013, seppur obbligatoria per il contribuente, non determini, qualora non effettuata, la perdita del diritto alla predetta detrazione atteso che non è prevista alcuna sanzione nel caso in cui non si provveda a tale adempimento… si ritiene conformemente all’avviso espresso dal Ministero dello sviluppo economico che la mancata o tardiva trasmissione delle informazioni di cui al citato art. 16, comma 2 bis, del decreto legge n. 63/2013 non comporta la perdita dal diritto alle detrazioni».

Le predette previsioni normative e la prassi ministeriale in tema di bonus fiscali per le spese di efficientamento energetico degli immobili creano un evidente stato di confusione nel contribuente, che, in ultima analisi, determina la convinzione per cui l’omesso o tardivo invio di una comunicazione ad un ente (diverso dall’Agenzia delle Entrate), a fronte di spese “meritevoli” effettivamente sostenute – e chiaramente rientranti nel campo di applicazione della norma agevolativa – giammai possa fare perdere il diritto alla detrazione fiscale, ma tutt’al più determinare l’irrogazione di una sanzione amministrativa in misura fissa.

Preso atto di ciò, un contribuente non esperto della materia non può che invocare l’ausilio di un tributarista, auspicando, innanzitutto, che gli chiarisca perché il Fisco ha assunto una posizione che a volte è “andata incontro” a quei soggetti che sono incappati in dimenticanze su aspetti formali, ma hanno sostenuto la spesa che il legislatore voleva stimolare per perseguire il meritevole obiettivo di adeguare gli edifici a standard di efficientamento energetico sostenibili, ed altre volte ha voluto penalizzare quei contribuenti che si trovavano in una situazione simile; secondariamente, l’auspicio del contribuente è che il tributarista chiarisca se la tesi restrittiva dei giudici di legittimità, con riferimento alle spese per risparmio energetico degli immobili riconducibili alla L. n. 296/2006, sia effettivamente corretta.

In poche parole, si chiede una spiegazione a chi affronta quotidianamente problematiche tributarie per confermare l’intuizione circa l’ingiustizia consumata nell’esito della vicenda, ovvero per meglio “digerire” la decisione giurisprudenziale che appare fortemente ingiusta.

 

4. Orbene, archiviate le immaginabili ricadute che la giurisprudenza in commento dovrebbe suscitare sull’opinione pubblica, aggiungiamo alcune riflessioni più professionali sulla vicenda.

Innanzitutto va detto che l’ordinanza della Cassazione n. 34151/2022, di ben 16 pagine, ambisce a segnare l’avvio di un indirizzo interpretativo al quale si dovranno uniformare le pronunce delle Corti di merito e di legittimità che si susseguiranno nei prossimi mesi.

I giudici della Suprema Corte erano ben consapevoli che le pronunce di merito erano quasi unanimemente orientate ad annullare gli atti impositivi con cui veniva disconosciuta la detrazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica di cui alla L. n. 296/2006, in quanto ritenevano che la comunicazione all’ENEA fosse un adempimento di natura formale la cui omissione o tardività non determinava la preclusione del diritto al bonus per l’IRPEF (Comm. trib. reg. Lombardia n. 853/19/2015, Comm. trib. prov. Milano n. 5287/02/2017, Comm. trib. prov. Lecce n. 1709/01/2018, Comm. trib. reg. Lombardia n. 2181/19/2018, e da ultimo Comm. trib. reg. Toscana n. 790/05/2020). Pertanto, avrebbero dovuto adoperarsi in uno sforzo argomentativo che potesse dissipare ogni dubbio in merito alla questione controversa esaminata.

Prima di indugiare sul percorso argomentativo seguito dai giudici di legittimità, dobbiamo però chiarire le ragioni dell’atteggiamento del Fisco, che – come rilevato – per le spese energetiche agevolate da una certa normativa ritiene irrilevante l’omessa comunicazione all’ENEA (ris. n. 46/E/2019), mentre per quelle riconducibili ad altra disposizione di legge ne pretende il tempestivo invio a pena di disconoscimento della detrazione.

Il punto di partenza è che il Fisco, come è noto, svolge una funzione vincolata, e deve applicare la legge tributaria per realizzare l’interesse primario da essa salvaguardato, senza effettuare alcun tipo di valutazione (tra cui la ponderazione discrezionale dell’interesse primario con interessi secondari, sia pur meritevoli, ascrivibili al contribuente assoggettato al tributo).

Nel caso specifico, l’Ufficio impositore non può, con riguardo a certe spese meritevoli ed effettivamente sostenute, soprassedere rispetto al possesso dei requisiti formali previsti espressamente dalla legge a pena di decadenza dal beneficio (dando, invece, rilievo solo a quelli sostanziali), mentre per altre spese meritevoli e regolamentate in termini identici, pretendere, al contrario, il puntuale rispetto di tutti dei requisiti di legge.

Un trattamento differenziato connesso alle spese che danno diritto alla detrazione IRPEF può giustificarsi solo in relazione ad una differente valutazione discrezionale fatta dal legislatore circa la rilevanza costitutiva o meno dell’adempimento formale nella prospettiva della concessione del beneficio fiscale; per dirla in modo netto, la decadenza o meno dall’agevolazione per il mancato rispetto degli adempimenti formali deve essere sancita dal legislatore e non asserita dall’Agenzia delle Entrate.

Ed allora, se così è, occorre verificare se la normativa sui bonus fiscali in relazione alla quale l’Agenzia delle Entrate ha assunto una differente posizione contenga previsioni diverse in merito alla rilevanza della comunicazione all’ENEA.

L’art. 1, comma 2-bis, D.L. n. 63/2103 (su cui è intervenuta la ris. n. 46/E/2019) prevede testualmente che «Al fine di garantire la corretta attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nell’ambito della Missione 2, Componente 3, Investimento 2.1 “Ecobonus e Sismabonus fino al 110 per cento per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici”, nonché al fine di effettuare il monitoraggio degli interventi di cui al presente articolo, compresa la valutazione del risparmio energetico da essi conseguito, in analogia a quanto già previsto in materia di detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, sono trasmesse per via telematica all’ENEA le informazioni sugli interventi effettuati (alla conclusione degli stessi). L’ENEA elabora le informazioni pervenute e trasmette una relazione sui risultati degli interventi al Ministero della transizione ecologica, al Ministero dell’economia e delle finanze, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nell’ambito delle rispettive competenze territoriali».

Con riguardo all’obbligo di comunicazione all’ENEA, questa norma utilizza l’espressione “sono trasmesse”.

L’art. 1, commi 344 ss., L. n. 296/2006 nel disporre la detrazione fiscale per le spese di riqualificazione energetica degli immobili, rinvia al D.Interm. 19 febbraio 2007, per ciò che attiene ai profili attuativi, il quale prevede all’art. 4 che «i soggetti che intendono avvalersi della detrazione relativa alle spese di cui all’art. 1, commi da 2 a 5, sono tenuti a: … acquisire e a trasmettere entro novanta giorni dalla fine dei lavori all’ENEA … la scheda informativa relativa agli interventi realizzati contenente i dati elencati nello schema di cui all’allegato E al presente decreto ai fini dell’attività di monitoraggio di cui all’art. 11».

Con riguardo all’obbligo di comunicazione all’ENEA, questa norma utilizza l’espressione “sono tenuti”.

Ritenendo maggiormente precettiva la formula “sono tenuti” (rispetto a “sono trasmesse”), il Fisco ha dedotto che in quest’ultimo caso, a differenza del precedente, l’obbligo di inviare la comunicazione all’ENEA dovesse implicitamente intendersi a pena di decadenza. Nella ris. n. 46/E/2019 si è, peraltro, evidenziato che l’elencazione tassativa dei casi di diniego della detrazione previsti dal D.Interm. n. 41/1998 non comprende la omessa/tardiva comunicazione del modello all’ENEA (ma solo di quella alla ASL).

Si tratta di una interpretazione certamente non convincente, ma in qualche misura praticabile, e che pone al riparo l’Ufficio fiscale da un abuso nell’esercizio del potere impositivo; si può, però, sostenere l’esistenza di un uso del potere non rispondente ai principi di imparzialità e buon andamento, circostanza che in realtà può celarsi dietro la ordinaria attività di controllo.

D’altra parte, bisogna evidenziare che il Fisco, come risulta dalla circ. n. 13/E/2013, punto 2.2, sembra giustificare la tesi restrittiva in relazione al fatto che la decadenza dal diritto alla detrazione avrebbe potuto essere scongiurata dal contribuente applicando l’istituto della c.d. remissione in bonis (art. 2, comma 1, D.L. n. 16/2012), secondo cui «la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente: a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento; b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile; c) versi spontaneamente una somma pari alla sanzione residuale minima prevista dall’art. 11, D. Lgs n. 471/1997».

Anche questa considerazione, a mio avviso, non sembra cogliere nel segno, in quanto l’istituto della remissione in bonis presuppone che a monte il legislatore disponga a chiare lettere la decadenza dal diritto per l’omessa effettuazione di un determinato adempimento formale, come denota il fatto che il D.L. n. 16/2012 utilizza l’espressione “subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale”. Tale subordinazione non risulta nel caso della norma sulla detrazione IRPEF per le spese di efficientamento energetico di cui alla L. n. 296/2006. L’istituto in parola non può certamente essere richiamato per ritenere che tutti gli adempimenti formali previsti per usufruire dei bonus fiscali o dei regimi opzionali vantaggiosi rappresentino elementi costitutivi della fattispecie agevolativa, la cui mancanza determina la decadenza dal diritto. Il giudizio sulla natura costitutiva o meno dell’adempimento posto a carico del contribuente nella prospettiva della spettanza del regime agevolato va formulato – si ribadisce – esclusivamente esaminando la struttura della norma.

5. Chiarito questo aspetto, passiamo ora alla seconda questione, e cioè alla disamina delle argomentazioni giuridiche prospettate dall’ordinanza n. 34151/2022 a sostegno della “tesi restrittiva” con riguardo agli interventi di riqualificazione energetica riconducibili alla citata L. n. 296/2006.

I giudici, dopo aver trascritto (per ben quattro pagine) la legislazione di riferimento, asseriscono innanzitutto che la normativa «affermi chiaramente che l’omessa comunicazione all’Enea entro un termine specifico costituisce una causa ostativa alla concessione delle agevolazioni relative agli interventi di riqualificazione energetica».

Si tratta una conclusione non motivata, in quanto la Cassazione non rimarca i “passaggi” dai quali si evince con chiarezza che l’omessa comunicazione all’ENEA osta alla concessione del beneficio. La norma descrive un obbligo (“sono tenuti”), ma non prevede alcuna conseguenza per la sua violazione, la quale può ritenersi implicita, e nei termini della decadenza, con riguardo alla mancanza del requisito sostanziale dell’effettivo sostenimento della spesa, ma non certo con riferimento agli aspetti formali. Su quest’ultimo punto la legislazione non ha previsto nulla di chiaro; avrebbe dovuto, invero, utilizzare la formula “i contribuenti sono tenuti a pena di decadenza dal beneficio a …”.

A mio avviso, più che di affermazioni chiare siamo di fronte ad un ennesimo caso di tecnica legislativa scadente. E non è certo una novità, perché anche norme strutturali (e non contingenti come quella sull’ecobonus) presentano spesso carenze che alimentano il contenzioso e legittimano decisioni a sorpresa, cioè orientate dalla sensibilità o dalle preferenze del giudice. Si pensi alle questioni sorte con riguardo all’art. 12, dello Statuto del contribuente (L. n. 212/2000), ove la Corte di cassazione, non senza critiche della dottrina, ha ricostruito la valenza della violazione dei diritti ivi sanciti a volte in termini di nullità e a volte quale di mera irregolarità del correlato avviso di accertamento.

L’ordinanza in rassegna aggiunge poi che la normativa «si pone un obiettivo di controllo sulla effettiva spettanza dell’agevolazione, in modo da impedire eventuali frodi e attribuire all’organo deputato allo svolgimento di tali controlli un termine congruo per l’adempimento di tale funzione, diretta a verificare se effettivamente i lavori, in quanto diretti a salvaguardare l’ambiente risparmiano energia o producendola in maniera pulita risultino meritevoli di vantaggi fiscali».

Anche questa affermazione è discutibile, in quanto l’ENEA non svolge alcuna attività di controllo in merito all’effettiva tipologia di lavori eseguiti (attività che resta di appannaggio dell’Agenzia delle Entrate), ma acquisisce le comunicazioni per obiettivi “limitati” al monitoraggio e alla valutazione del risparmio energetico complessivamente conseguito grazie agli interventi eseguiti dai contribuenti. D’altra parte, non esiste una normativa che prevede il potere per dipendenti di tale ente di accedere negli immobili ove vengono effettuati i lavori oggetto di agevolazione, al fine di svolgere una verifica. L’ENEA, quindi, con la sua attività non “scopre” condotte fraudolente del contribuente, consistenti nel fare apparire (mediante la descrizione in fattura) come meritevoli spese che invece non hanno nulla a che fare con quelle agevolate. Il Fisco può, invece, controllare ed accertare che si tratta di fatture per operazioni effettivamente svolte nei termini indicati nella descrizione.

Detto ciò, la Corte si dilunga nel trascrivere per ben sette pagine una serie di sentenze in tema di agevolazioni fiscali di varia natura nelle quali i giudici di legittimità hanno, in passato, sostenuto la necessità di praticare un’interpretazione restrittiva delle disposizioni agevolative medesime e, dopo questa ricostruzione, afferma che «tale interpretazione è tanto più necessitata quanto più si riflette sulla importanza che tale certificazione energetica riveste … nel quadro delle politiche energetiche nazionali nella direzione di uno sviluppo sostenibile diretto al risparmio energetico e alla produzione di energie pulite, non trattandosi quindi di un inutile onere burocratico contrario al principio della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41, comma 1, Cost. ma di un adempimento non particolarmente oneroso e ragionevole, esigibile in relazione ad un dovere di attenersi ad uno standard di normale diligenza».

Al proposito, dobbiamo osservare che l’orientamento giurisprudenziale secondo cui le norme agevolative sono di stretta interpretazione non risulta pertinente con la risoluzione della questione riguardante la rilevanza della comunicazione all’ENEA. La tesi della stretta interpretazione è stata prospettata dalla Cassazione per legittimare il disconoscimento da parte dell’Ufficio impositore di agevolazioni fiscali applicate dal contribuente in relazione a fattispecie contigue rispetto a quelle espressamente contemplate dalla norma.

Ed infatti, esaminando alcuni precedenti citati dall’ordinanza in rassegna emerge che: nella sentenza n. 23692/2020, il contribuente aveva applicato il regime di esenzione dal pagamento del contributo unificato, previsto per il giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, anche al giudizio di opposizione ad una sanzione amministrativa; nella sentenza n. 31031/2018, il contribuente aveva esteso il campo di applicazione della norma, che prevede la deduzione dei costi dei veicoli destinati esclusivamente ad attività di impresa, in relazione a beni utilizzati in modo promiscuo (va peraltro rilevato che tale deduzione non può essere in quadrata nella categoria delle agevolazioni); nella sentenza n. 22484/2017, il contribuente aveva applicato le agevolazioni ICI, riconosciute agli imprenditori agricoli individuali, ad una società di persone avente la qualifica di imprenditore agricolo professionale; nella sentenza n. 7343/2021, il contribuente titolare di un parco eolico aveva esteso i criteri di determinazione della stima dei fabbricati speciali, anche ai macchinari ed alle attrezzature funzionali allo svolgimento del processo produttivo.

Sulla base di quanto esposto, dovrebbe risultare chiaro che se si fosse ammessa la possibilità di godere della detrazione IRPEF per i lavori di riqualificazione energetica nonostante l’irregolarità nella comunicazione all’ENEA, non sarebbe emersa, invece, alcuna dilatazione del campo di applicazione della norma.

Quanto alla ragionevolezza e non gravosità dell’adempimento, non v’è dubbio che «il contribuente debba osservare una diligenza media adeguata al compimento della richiesta in questione». Tuttavia, l’affermazione della Corte sembra indirizzata non alla ragionevolezza del disconoscimento della detrazione IRPEF, quanto a giustificare un’eventuale scelta legislativa di prevedere una sanzione fissa per irregolarità nell’effettuazione della comunicazione all’ENEA.

 

6. Dobbiamo da ultimo evidenziare un insidioso profilo, di cui non si è discusso nel giudizio di cassazione, e cioè della possibilità di disapplicazione della sanzione del 30 per cento per l’omesso versamento dell’IRPEF collegato all’esclusione della detrazione esposta nella dichiarazione tributaria, motivata in relazione all’obiettiva incertezza della norma.

Un contribuente che si trovi di fronte a questo orientamento giurisprudenziale, e non sia più in termini per regolarizzare la propria posizione, probabilmente tenterà, almeno, di ottenere la disapplicazione delle sanzioni. È noto, tuttavia, il dibattito relativo alla possibilità del giudice di esercitare tale potere d’ufficio o solo in presenza di uno specifico motivo di ricorso. La giurisprudenza presta adesione a quest’ultima opzione (Cass. n. 22689/2020), ma la dottrina ritiene che l’esimente sia un minus rispetto a quanto chiesto al giudice e, pertanto, che la richiesta di annullamento dell’atto impositivo contenga implicitamente anche quella di disapplicazione/annullamento delle sanzioni, rispettandosi così il principio della domanda (art. 99 c.p.c.) e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.).

Senza entrare nel merito delle condizioni di esercizio del potere in questione, non possiamo sottacere che, se l’ordinanza ha rilevato che la L. n. 296/2006 sull’ecobonus fiscale «affermi chiaramente che l’omessa comunicazione all’Enea entro un termine specifico costituisce una causa ostativa alla concessione delle agevolazioni relative agli interventi di riqualificazione energetica», allora non dovrebbe esserci spazio per disporre da parte del giudice la disapplicazione delle sanzioni in relazione all’obiettiva incertezza della norma (d’ufficio o su richiesta del contribuente) nei giudizi pendenti che saranno definiti in futuro.

In conclusione, la vicenda di cui ci siamo occupati testimonia che i contribuenti che hanno omesso di inviare o hanno tardivamente trasmesso all’ENEA la comunicazione di svolgimento dei lavori di riqualificazione energetica vengono catapultati nel c.d. “inferno dell’emerso” (Lupi R., Evasione fiscale, paradiso e inferno, Milano, 2008): contando sull’opportunità del “riconoscimento” statale, costoro hanno, infatti, sostenuto, con sacrifici, una spesa di importo significativo (contribuendo peraltro al perseguimento dell’obiettivo collettivo del risparmio energetico), ma sono costretti oggi non solo a dover restituire, dopo anni, l’agognato bonus fiscale, ma anche a dover subire il pagamento di una sanzione amministrativa commisurata all’entità della detrazione “indebitamente goduta”.

Un’ultima chiosa. La previsione dell’applicazione di una sanzione fissa per tali irregolarità sarebbe stata più in linea con la sbandierata idea di un Fisco dal volto amico; ma così non è, ed è evidente allora che contestazioni tributarie di questo tipo finiscono per alimentare e dar credito al dibattito politico sulla necessità di introdurre sistematicamente forme più o meno allargate di “pace fiscale”, come da ultimo avvenuto con la Legge di Bilancio per il 2023.

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