Prime osservazioni sui nuovi criteri di tassazione delle plusvalenze derivanti da cessione indiretta di immobili localizzati in Italia e detenuti da soggetti non residenti tramite “veicoli esteri”

Di Carola Passi -

Abstract

Il contributo intende analizzare le diposizioni introdotte dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ai commi da 96 a 99 dell’art. 1, miranti ad uniformare il trattamento fiscale applicabile alle plusvalenze realizzate da soggetti non residenti emergenti dalla cessione indiretta di immobili siti in Italia rispetto a quello relativo alla loro cessione diretta. Tale novella legislativa allinea il regime interno a quello convenzionale di cui agli art. 13, par. 4, del Modello di Convenzione OCSE, e 9, par. 4, della Multilateral Convention To Implement Tax Treaty Related Measures To Prevent Base Erosion And Profit Shifting (“MLI”), sottoscritta, ma non ancora ratificata, dall’Italia.

Some initial observations on the new tax treatment of capital gains arising from the indirect sale of real estate located in Italy and held by non-residents. – The article aims at analysing the provisions introduced by the Law 29 December 2022, n. 197, par. 96-99 of the art. 1, intended to standardize the tax treatment applicable to capital gains realized by non-residents arising from the indirect sale of immovable properties located in Italy with that applicable to their direct sale. This newly introduced provision aligns the domestic tax regime with the one provided by the artt. 13, par. 4, of the OECD Model Tax Convention, and by the art. 9, par. 4, of the Multilateral Convention To Implement Tax Treaty Related Measures To Prevent Base Erosion And Profit Shifting (“MLI”) signed, but not yet ratified, by Italy.

 

 

Sommario: 1. Premessa. I nuovi criteri di tassazione delle plusvalenze derivanti da cessione indiretta di immobili localizzati in Italia e detenuti da soggetti non residenti tramite “veicoli esteri”. – 2. La ratio della nuova disciplina introdotta dall’art. 1, commi da 96 a 98, Legge di Bilancio 2023. – 3. Alcuni aspetti di rilievo in merito all’ambito oggettivo di applicazione. – 4. Il trattamento fiscale delle plusvalenze realizzate mediante la cessione di quote di fondi immobiliari da soggetti non residenti. – 5. Il concetto di “valore” e l’orizzonte temporale di riferimento “dinamico”. – 6. Il comma 99, art. 1, Legge di Bilancio 2023 e il regime tributario delle plusvalenze realizzate da OICR residenti in Stati UE o aderenti allo SEE derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate. – 7. L’assonanza con le disposizioni convenzionali: l’art. 13, par. 4, del Modello di Convenzione OCSE e l’art. 9, par. 4, della MLI. – 8. Considerazioni conclusive.

 

1. La L. 29 dicembre 2022, n. 197 (nel seguito anche “Legge di Bilancio 2023”), ai commi da 96 a 99, ha introdotto nuove disposizioni volte a disciplinare il regime di tassazione applicabile alle plusvalenze derivanti dalla cessione indiretta di beni immobili situati nel territorio dello Stato. Più in particolare, il comma 96 apporta modifiche all’art. 23 D.P.R. n. 917/1986 (nel seguito anche “TUIR”), recante norme in materia di imposizione dei soggetti non residenti, introducendovi il nuovo comma 1-bis, in forza del quale si considerano prodotti in Italia, e dunque quivi imponibili, «I redditi diversi realizzati mediante la cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società ed enti non residenti il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei trecentosessantacinque giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia» (cc.dd. “società immobiliari”). Ad integrazione, il successivo comma 98 prevede che, ai fini della valutazione della composizione patrimoniale della società ceduta, «non si considerano gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività di impresa» (cc.dd. “immobili merce”) e «quelli utilizzati direttamente nell’esercizio dell’impresa» (cc.dd. “immobili strumentali”) situati nel territorio dello Stato.

Se prima dell’introduzione della disposizione in commento la cessione indiretta di immobili da parte di soggetti non residenti era tassabile unicamente ove oggetto di cessione fossero partecipazioni in società italiane, la novella legislativa assoggetta adesso a imposizione anche i redditi diversi derivanti dell’alienazione di partecipazioni in società non residenti, individuando, quale criterio di collegamento con lo Stato della fonte di produzione del reddito, il luogo di localizzazione degli immobili.

Oltre a introdurre tale, nuovo criterio di collegamento, la nuova Legge di Bilancio – con l’art. 1, comma 97 – interviene sul testo dell’art. 5 D.Lgs. n. 461/1997 (concernente l’imposta sostitutiva applicabile alle plusvalenze e agli altri redditi diversi di cui alle lettere da c a cquinquies, comma 1, art. 67 D.P.R. n. 917/1986), introducendovi il nuovo comma 5-bis, che prevede l’imponibilità in Italia, con applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%, dei redditi diversi di natura finanziaria derivanti dalla cessione, effettuata dai soggetti di cui all’art. 6 D.Lgs n. 239/1996 (si tratta, lo si ricorda, di: i – soggetti residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni – di cui al D.M. 4 settembre 1996, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996; ii – enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia; iii – investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni; iv – banche centrali od organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato), di partecipazioni in società aventi le caratteristiche di composizione patrimoniale di cui sopra. Pertanto, la novella legislativa estende l’imposizione anche alle plusvalenze su partecipazioni non qualificate detenute da contribuenti residenti in Stati white-list (art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 239/1996), normalmente esenti, in ossequio al disposto di cui al comma 5, del medesimo art. 5, D.Lgs. n. 461/1997.

 

2. Nelle fattispecie considerate, la novella legislativa – che, come si vedrà meglio infra, avvicina le disposizioni del diritto interno a quelle convenzionali ma con alcune differenze – ripristina il potere impositivo dell’Italia quale Stato della fonte di effettiva produzione del reddito, sulla base dell’assunto che il valore delle partecipazioni cedute derivi prevalentemente da beni immobili ubicati sul territorio del nostro Paese.

La nuova disciplina in commento dovrebbe avere carattere antielusivo (cfr., in relazione alla analoga disciplina di carattere convenzionale, Avella F., Article 13: Capital Gains, in Global Tax Treaty Commentaries, IBFD online Books, 2017, par. 1.1.2.5; cfr. anche par. 8, UN Model Tax Convention on Income and on Capital: Commentary on Article 13 in cui si legge che la formulazione delle c.d. clausole land-rich di cui ai Modelli OCSE e UN è «designed to prevent the avoidance of taxes on the gains from the sale of immovable property».), mirando a rendere equivalenti, dal punto di vista fiscale, le alienazioni dirette e indirette di immobili localizzati in Italia prevedendo per le plusvalenze derivanti dalle seconde lo stesso regime tributario applicabile in caso di cessione diretta dei beni immobili sottostanti.

Tale circostanza sembra confermata dalla precisazione di cui al comma 98, che esclude dal computo del requisito di prevalenza gli “immobili merce” e quelli “strumentali” impiegati ai fini dell’effettivo esercizio di un’attività economica diversa da quella meramente immobiliare.

 

3. Il testo del nuovo comma 1-bis dell’art. 23 D.P.R. n. 917/1986 ne limita l’ambito oggettivo di applicazione alle sole plusvalenze derivanti da cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società non residenti in Italia: ciò discende dal fatto che, per il diritto interno, le plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni in società residenti sono imponibili in Italia, indipendentemente dalla composizione del patrimonio del soggetto partecipato. E infatti, l’art. 23, comma 1, lett. f), D.P.R. n. 917/1986 prevede che «ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato: […] i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti».

Derogano a tale criterio generale due sole fattispecie: (i) le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società residenti i cui titoli, ovunque detenuti, siano negoziati in mercati regolamentati, in quanto territorialmente non rilevanti (cfr. art. 23, comma 1, lett. f, n. 1, D.P.R. n. 917/1986); e (ii) le plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni non qualificate, se realizzate da soggetti white list, in quanto esenti (cfr. art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 461/1997). Onde, salva l’applicazione di una delle due deroghe, anche la cessione di partecipazioni in società italiane “immobiliari”, effettuata da un soggetto non residente, costituisce presupposto di imponibilità in Italia dei redditi realizzati.

Un altro elemento su cui occorre soffermarsi è l’esclusione dall’ambito applicativo  delle plusvalenze derivanti dalla “cessione di titoli negoziati in mercati regolamentati”. Tale esclusione parrebbe trovare la propria giustificazione nel fatto che nel caso di società quotate non sussiste il rischio che la norma intende prevenire, in ragione della presunzione assoluta di “commercialità” che l’ordinamento ad esse riconosce. Di talché, il regime tributario applicabile alla cessione delle relative partecipazioni prescinde dall’effettiva composizione del loro patrimonio.

Dal tenore letterale parrebbe che, ai fini dell’esclusione da imposizione in Italia, sia necessaria la quotazione della società, ossia dei titoli rappresentativi di un’interessenza nel suo capitale sociale, non essendo, di converso, sufficiente la sola quotazione di titoli da essi diversi, quali, ad esempio, quelli obbligazionari, emessi da società non quotate (in senso conforme, seppur in relazione ad un diverso istituto, cfr. circ. n. 36/E/2004, par. 2.3.4., concernente “Il nuovo regime fiscale delle plusvalenze da realizzo delle partecipazioni”). Non dovrebbero, in ogni caso, essere assoggettate ad imposizione in Italia le plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni non quotate estere il cui valore sia ascrivibile principalmente a immobili localizzati nel territorio dello Stato italiano «“mediati” da titoli quotati italiani», fattispecie che è configurabile, ad esempio, quando una società estera partecipi a una società di investimento immobiliare quotata italiana.

4. Come si è già avuto modo di ricordare, l’art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 461/1997, prevede un’esenzione da imposizione in Italia delle plusvalenze di cui alle lettere da c-bis) a c-quinquies) dell’art. 67, comma 1, D.P.R n. 917/1986, conseguite da soggetti residenti in Paesi white-list.

Il nuovo comma 5-bis, introdotto nel medesimo articolo, esclude che tale esenzione possa applicarsi alle plusvalenze aventi le medesime caratteristiche se «derivanti dalla cessione di partecipazioni in società ed enti, non negoziate in mercati regolamentati, il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei trecentosessantacinque giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati nel territorio dello Stato».

Diversamente, dunque, da quanto disposto all’art. 23, comma 1-bis, D.P.R. n. 917/1986 – che, come si è detto, riguarda solo le società ed enti non residenti – il citato comma 5-bis dell’art. 5, riferendosi alle plusvalenze di cui “alle lettere da c-bis) a c-quinquies)” trova applicazione anche nel caso di cessione di partecipazioni (“non qualificate”) in “società ed enti” residenti in Italia (coerentemente con il criterio di collegamento di cui all’art. 23, comma1, lett. f, TUIR). Se si ritenesse di includere nella nozione di “enti” anche gli OICR, al cui interno rientrano i fondi immobiliari, un investitore residente in un Paese white-list verrebbe assoggettato a imposizione in Italia in occasione della cessione di quote detenute in detti fondi, sia che essi risiedano fiscalmente in Italia, sia che risiedano in altri Stati.

Seguendo questa linea interpretativa, poiché incidono sul solo trattamento fiscale dei redditi diversi e non già su quello dei redditi di capitale, le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 comporterebbero l’applicazione ai sopra citati soggetti white-list di regimi fiscali differenziati a seconda che i medesimi trasferiscano le quote possedute in fondi immobiliari (residenti e non residenti) o percepiscano i relativi proventi in costanza di partecipazione.

E infatti, con specifico riferimento ai proventi distribuiti da fondi immobiliari italiani l’art. 7, comma 1, D.L. n. 351/2001 prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 26%; diversamente, l’art. 7, comma 3, D.Lgs n. 351/2001 accorda un’esenzione nell’ipotesi in cui percettori delle distribuzioni siano «fondi pensione […], prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP) di cui al regolamento (UE) 2019/1238)) e organismi di investimento collettivo del risparmio esteri, sempreché istituiti in Stati o territori inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché […] enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia e […] banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato».

Ne consegue che per un soggetto residente in un Paese white-list rientrante nell’ambito soggettivo di applicazione sia della norma da ultima richiamata sia in quello di cui all’art. 5, comma 5-bis, risulta preferibile la percezione di un provento in sede di distribuzione piuttosto che il conseguimento di un reddito avente sostanzialmente la medesima natura, ma per effetto della valorizzazione riconosciuta in sede di alienazione a terzi. Proprio perché l’arricchimento è nella sostanza il medesimo, il trattamento fiscale dovrebbe essere analogo, anche per evitare arbitraggi.

Quanto ai fondi immobiliari esteri il cui patrimonio sia prevalentemente costituito da immobili siti in Italia, i relativi proventi percepiti da soggetti residenti in un Paese white list sono esclusi da qualsiasi imposizione in Italia per carenza del requisito di territorialità. Anche in questo secondo caso, dunque, si configurerebbe una discrasia, atteso che, in forza delle disposizioni di nuova introduzione, le plusvalenze derivanti dalla cessione delle quote di partecipazione a fondi immobiliari esteri verrebbero assoggettate all’applicazione di un’imposta sostitutiva del 26%.

 

5. Il mero riferimento alla nozione di “valore” di cui al comma 1-bis dell’art. 23, D.P.R. n. 917/1986, pone alcuni dubbi interpretativi circa la sua riconducibilità, ai fini del calcolo del requisito di prevalenza, al costo storico dei beni immobili (comprensivo di eventuali rivalutazioni successive) o al loro valore corrente.

Tale seconda soluzione parrebbe maggiormente coerente con la finalità antielusiva della norma, atteso che, in caso contrario, l’indagine si limiterebbe al riscontro di un mero dato formale, non espressivo dell’effettiva composizione patrimoniale del soggetto partecipato. Milita in questa direzione anche la relazione governativa di accompagnamento al D.Lgs 12 dicembre 2003, n. 344 – introduttivo del regime di participation exemption (“PEX”) in Italia – laddove, in relazione alla clausola di natura antielusiva contenuta oggi nell’art. 87, comma 5, concernente le plusvalenze conseguite a fronte della cessione di partecipazioni in società immobiliari, viene specificato che il valore del patrimonio «è configurabile non nel valore contabile del patrimonio netto, bensì nel valore corrente del patrimonio stesso. Pertanto, ai fini della verifica della sussistenza del requisito di cui alla lett. d), secondo periodo, del comma 1 dell’art. 87 […] il confronto da effettuare è tra valore degli immobili in parola e valore dell’intero patrimonio sociale».

Anche l’effettuazione di un test di prevalenza a valori correnti è, tuttavia, foriero di problemi pratici in sede di calcolo della frazione percentuale (immobili/totale attivo), se si considera anche che esso andrebbe condotto lungo un orizzonte temporale di un anno a ritroso dal giorno di alienazione, nel corso del quale sarebbe sufficiente che anche in un solo giorno gli immobili costituiscano in prevalenza il valore (corrente) dell’attivo di stato patrimoniale: monitorare un siffatto valore, che prescinde da qualsivoglia registrazione contabile, in ciascuno dei 365 giorni antecedenti la cessione, appare un esercizio difficoltoso che dovrà tenere conto anche delle operazioni di compravendita via via eventualmente poste in essere dalla società le cui partecipazioni dovessero essere oggetto di cessione.

 

6. Il comma 99 dell’ art. 1, Legge di Bilancio 2023 prevede poi che «le disposizioni di cui ai commi 96 e 97 non si applicano alle plusvalenze realizzate dagli organismi di investimento collettivo del risparmio individuati dall’articolo 1, comma 633, della legge 30 dicembre 2020, n. 178» (Legge di Bilancio 2021).

Quest’ultima aveva previsto, da un lato, l’esenzione dalla ritenuta a titolo di imposta del 26% di cui all’art. 27, comma 3, D.P.R. n. 600/1973, applicabile ai dividendi percepiti da OICR di diritto estero conformi alla Direttiva UCITS IV e da OICR gestiti da un soggetto vigilato ai sensi delle Direttiva AIFM, istituiti in Stati UE e negli Stati aderenti al SEE (i.e. Norvegia, Islanda e Liechtenstein) che consentono un adeguato scambio di informazioni (art. 1, comma 631); e, dall’altro, che le plusvalenze e le minusvalenze realizzate in sede di cessione di partecipazioni in società italiane, “qualificate” ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. c), TUIR, dai predetti organismi, non concorressero alla formazione del loro reddito (art. 1, comma 633)

Con tale intervento il legislatore tributario nazionale aveva inteso porre rimedio ad un’ingiustificata discriminazione – da tempo denunciata dalla Commissione europea in quanto ritenuta lesiva delle libertà sancite dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) – che penalizzava gli OICR istituiti all’estero rispetto agli omologhi organismi italiani. A tal proposito, la Commissione aveva avviato un’indagine investigativa (EU Pilot 8105/15/TAXU) proprio al fine di verificare la disponibilità dello Stato a procedere spontaneamente all’adeguamento della normativa interna prima di dare inizio ad una procedura di infrazione: non tenere conto di tale intervento normativo nella Legge di Bilancio 2023 ne avrebbe comportato la vanificazione degli effetti.

Si evidenzia che lo specifico riferimento, operato dall’art. 1, comma 633 della Legge di Bilancio 2021, alle plusvalenze (realizzate da OICR istituiti in Paesi UE o aderenti al SEE) derivanti dalla cessione di partecipazioni di cui alla lett. c) del comma 1, art. 67 TUIR ne limita l’applicazione alle sole plusvalenze rivenienti dal trasferimento di partecipazioni “qualificate”.

Tale limitazione non è dipesa dall’intento di voler riconoscere un regime di favore alle sole cessioni aventi ad oggetto le predette partecipazioni (“sopra soglia”), quanto piuttosto dalla circostanza che il trattamento fiscale applicabile alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni “non qualificate” trovava già la propria disciplina di riferimento nell’art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 461/1997, il cui dettato normativo, riferendosi genericamente a “soggetti” residenti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni, consente l’applicazione delle relative disposizioni anche agli OICR di cui trattasi. In particolare, l’articolo da ultimo citato prevede che non concorrono a formare il reddito le plusvalenze e le minusvalenze, nonché i redditi e le perdite di cui alle lettere da c-bis) a c-quinquies), comma 1, art. 67 TUIR, realizzati da soggetti residenti in Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni.

Pertanto, dal combinato disposto delle norme sopra richiamate – ossia l’art. 1, comma 633, Legge di Bilancio 2021, in materia dell’esenzione da imposizione delle sole plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate e l’art. 5, comma 5, D.Lgs n. 461/1997, in materia di esenzione da imposizione per tutti gli altri redditi diversi di natura finanziaria – discende la completa esenzione dei fondi europei da ogni tassazione sulle plusvalenze realizzate mediante la cessione di partecipazioni.

Va, inoltre, evidenziato che l’esclusione dall’ambito applicativo della norma delle plusvalenze realizzate da “OICR individuati dall’articolo 1, comma 633, della legge 30 dicembre 2020, n. 178” dovrebbe coinvolgere anche le plusvalenze realizzate da OICR immobiliari di cui all’art. 6 D.L. n. 351/2001 (i.e. fondi comuni di investimento immobiliare “istituiti ai sensi dell’articolo 37 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”).

Ciò, anzitutto, in ragione del fatto che la nozione stessa di OICR, recata dall’art. 1, comma 1, lett. k), D.Lgs. n. 58/1998 (“TUF”), qualifica come tali anche gli organismi il cui patrimonio «è investito in […] beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata». In secondo luogo perché laddove il Legislatore avesse  voluto porre una siffatta limitazione, è ragionevole ritenere che avrebbe probabilmente introdotto una specifica previsione, come del resto già fatto in passato nel prevedere, all’art. 10-ter, comma 2, L. n. 77/1983, che «La ritenuta del 20 per cento (oggi 26%) è altresì applicata dai medesimi soggetti di cui al comma 1 […] diversi dagli OICR immobiliari». Da ultimo perché – se è vero che la Legge di Bilancio 2021 era intesa a rimuovere la discriminazione derivante dalla circostanza che gli OICR italiani, “diversi da quelli immobiliari”, non scontavano imposizione sui redditi in Italia (art. 73, comma 5-quinquies, D.P.R. n. 917/1986) mentre gli OICR esteri subivano l’applicazione di un’imposta sostitutiva o una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 26% in occasione di distribuzioni di utili o cessioni di partecipazioni – un’analoga esenzione da imposizione sui redditi è accordata anche per i fondi di investimento immobiliare dall’art. 6, comma 1, D.L. n. 351/2001: la loro mancata inclusione nella nozione di “OICR individuati dall’articolo 1, comma 633, della legge 30 dicembre 2020, n. 178” comporterebbe, pertanto. il perdurare di una discriminazione a loro danno.

 

7. Le disposizioni introdotte dalla novella legislativa sono conformi al Modello di Convenzione OCSE e, in particolare, all’art. 13, par. 4 (c.d. “land rich clause”), ai sensi del quale «Gli utili che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’alienazione di azioni, interessi o altri diritti analoghi sono imponibili nell’altro Stato contraente se in qualsiasi momento durante i 365 giorni che precedono l’alienazione, azioni, interessi o altri diritti analoghi derivavano più del 50% del loro valore, direttamente o indirettamente, da beni immobili, secondo la definizione di cui all’articolo 6, situati in detto altro Stato». Tale disposizione si colloca in un contesto in cui, ordinariamente, le plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili sono imponibili nello Stato di localizzazione (cfr. art. 13, par. 1, del Modello di Convenzione OCSE), mentre quelle derivanti dalla cessione di partecipazioni sono tassabili nello Stato di residenza dell’alienante, dal momento che le risorse finanziarie destinate all’investimento sono ivi state accumulate e sfruttate (cfr. art. 13, par. 5, del Modello di Convenzione OCSE).

Il par. 4 dell’art. 13 del Modello di Convenzione ripristina il diritto primario di imposizione del Paese di localizzazione degli immobili, ossia quello di origine della ricchezza, quando il valore della società la cui partecipazione è oggetto di cessione deriva prevalentemente da immobili ivi ubicati. In sostanza, la norma convenzionale “supera” lo schermo societario, ignorando la separazione legale tra i beni immobili detenuti da una società e la società stessa e attribuendo rilevanza al legame economico esistente tra queste due componenti (sul tema, in geenerale, Rossi R., Cross-border capital gains on Italian participations: interaction between Italian domestic law, tax treaties and EU fundamental freedoms, in Riv. dir. trib., 2022, 6, 105 ss.).

Seppur con alcune varianti rispetto alla “clausola modello” di cui al citato art. 13, par. 4, vi sono attualmente 23 Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia che consentono di tassare, a certe condizioni, le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in società estere il cui il patrimonio sia investito prevalentemente in immobili situati in Italia (trattasi di Arabia Saudita, Armenia, Azerbaijan, Barbados, Canada, Chile, Cina, Colombia, Estonia, Finlandia, Francia, Giamaica, Hong Kong, India, Israele, Messico, Nuova Zelanda, Pakistan, Filippine, Romania, Svezia, Ucraina, Uruguay).

Ciò comporta, nei fatti, che l’applicazione della novella risulta limitata ai casi in cui l’operazione di cessione coinvolga “società ed enti” residenti in uno di essi, mentre in tutti gli altri casi, in cui il testo della Convenzione attribuisce potestà impositiva esclusiva allo Stato di residenza dell’alienante, indipendentemente dalla composizione patrimoniale della società ceduta, le plusvalenza non potrà essere assoggettata a imposizione in Italia.

Va, tuttavia, evidenziato che il dato testuale dell’art. 13, par. 4, del Modello di Convenzione OCSE opera un generico riferimento agli immobili; diversamente, la norma interna circoscrive la nozione ai beni immobili diversi dai cc.dd. “beni merce” e “beni strumentali”. Ciò significa che l’ambito oggettivo di applicazione di questa seconda norma è più ristretto rispetto a quello previsto dalla clausola “land rich” convenzionale inclusa in alcuni dei Trattati stipulati dall’Italia e, dunque, che, in quanto più favorevole al contribuente, trova applicazione la norma interna «anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione» (art. 169 D.P.R. n. 917/1986).

Inoltre, la nuova norma ricalca pressoché fedelmente il testo dell’art. 9, par. 4 della Multilateral Convention To Implement Tax Treaty Related Measures To Prevent Base Erosion And Profit Shifting (“MLI”) che prevede che «gli utili ricavati da un residente di una Giurisdizione Contraente dall’alienazione di azioni o partecipazioni comparabili, quali le partecipazioni in una società di persone (partnership) o in un trust, sono imponibili nell’altra Giurisdizione Contraente se, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono l’alienazione, tali azioni o partecipazioni comparabili hanno derivato oltre il 50 per cento del loro valore direttamente o indirettamente da beni immobili (real property) situati in detta altra Giurisdizione Contraente».

Tale Convenzione è volta a realizzare quanto auspicato dall’Action 15 del Progetto BEPS (cfr. OCSE, Developing a Multilateral Instrument to Modify Bilateral Tax Treaties, Action 15 – 2015 Final Report, 5 ottobre 2015), in cui si evidenziava l’opportunità di operare un aggiornamento simultaneo delle Convenzioni contro le doppie imposizioni vigenti, per dare attuazione pratica ai desiderata del Progetto BEPS, al fine di scongiurare l’erosione delle basi imponibili e lo spostamento di profitti in giurisdizioni con bassa pressione fiscale dove le imprese hanno scarsa o molto limitata attività economica (nel preambolo del Modello di Convenzione Multilaterale si fa riferimento a misure finalizzate ad «assicurare che i profitti siano tassati laddove vengono svolte rilevanti attività economiche che generano tali profitti e laddove il valore aggiunto è creato»).

L’Italia, pur non avendo ancora provveduto alla sua ratifica, ha siglato l’MLI in data 7 giugno 2017, esercitando, per quanto qui d’interesse, anche l’opzione per l’applicazione dell’art. 9, par. 4, sopra riportato. Nel momento in cui il Modello di Convenzione Multilaterale entrerà in vigore in Italia, le clausole sulle plusvalenze derivanti dall’alienazione di partecipazioni in società immobiliari presenti nei Trattati ad oggi in vigore saranno, pertanto, sostituite dal testo dell’art. 9, par. 4 del Modello di Convenzione Multilaterale, sempreché anche l’altro Stato contraente abbia esercitato la stessa opzione.

 

8. Come si è illustrato, la nuova disciplina interna riproduce, pur discostandosene in relazione ad alcuni aspetti, le disposizioni contenute nel Modello OCSE e nel Modello di Convenzione Multilaterale.

Nel contesto internazionale la c.d. clausola “land rich” trova il proprio fondamento nel fatto che (i) le plusvalenze derivanti dal trasferimento di beni immobili sono imponibili nello Stato contraente ove i medesimi sono ubicati (art. 13, par.1); (ii) le plusvalenze derivanti dall’alienazione di partecipazioni sono imponibili nello Stato contraente di residenza dell’alienante (art. 13, par. 5); (iii) il par. 4 dell’art. 13 si occupa del possibile “gap” tra le disposizioni di cui al par. 1 (per i beni immobili) e 5 (per gli investimenti finanziari) dell’art. 13, ripristinando il diritto primario di tassare i redditi diversi derivanti dall’alienazione di partecipazioni dello Stato della fonte allorquando le partecipazioni alienate derivino il proprio valore prevalentemente da beni immobili ivi localizzati.

Tale impostazione differisce da quella adottata a livello domestico, ove le plusvalenze realizzate da non residenti e derivanti dalla cessione di partecipazioni sono imponibili nello Stato della fonte (cfr. art. 23, comma 1, lett. f, TUIR) e non nello Stato di residenza dell’alienante. Su tale ultimo aspetto, nel corso degli anni sono state avanzate in dottrina molte proposte di intervento intese a rimuovere la discriminazione a danno dei soggetti non residenti, rispetto a quelli residenti in Italia, derivante dal fatto che mentre per i primi le plusvalenze da cessione di partecipazioni in società residenti, qualificate ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. c), TUIR, sono soggette ad imposta sostitutiva del 26%, per i secondi esse sono soggette ad IRES nella misura pari al 24%, con possibilità di ripartizione del relativo importo in cinque esercizi, compensabili con eventuali perdite pregresse, e comunque, laddove ne ricorrano i presupposti, suscettibili dell’applicazione del regime di participation exemption.

 

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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