Prime osservazioni sull’esenzione IMU per gli immobili oggetto di occupazione abusiva introdotta dalla Legge di Bilancio 2023
Di Andrea Purpura
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Abstract
Il saggio analizza l’art. 1, comma 81, della Legge di Bilancio 2023 con cui il legislatore, intervenendo sull’art. 1, comma 759, L. 27 dicembre 2019, n. 160, ha inserito tra le ipotesi esplicite di esenzione dell’imposta municipale propria una nuova lettera g-bis), in forza della quale si considerano esenti ai fini dell’IMU gli immobili soggetti ad occupazione abusiva. La novella legislativa, di cui sembrerebbe doversi escludere la portata retroattiva e che s’inserisce in un contesto giurisprudenziale per lo più avverso all’esenzione del titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento dal versamento dell’imposta municipale propria anche nell’eventualità in cui il bene immobile sia soggetto ad occupazione abusiva, parrebbe confermare sia la natura “a-tecnica” della nozione di “possesso” rilevante, in ambito IMU, ai fini della configurazione del presupposto del tributo sia la vocazione strettamente patrimoniale del tributo. Ciò soprattutto in ragione della riconducibilità della nuova fattispecie di cui alla richiamata lett. g-bis) entro i confini definitori dell’esenzione tributaria e non dell’esclusione.
First observations on the IMU exemption for illegally occupied properties introduced by the 2023 Budget Law. – The paper analyses art. 1, par. 81 of the s.c. “Budget Law 2023” with which the italian legislator, intervening on art. 1, par. 759 of Law n. 160 of 27 December 2019, inserted a new letter g-bis) among the explicit hypotheses of exemption from the municipal tax (s.c. IMU), by virtue of which properties subject to squatting are considered exempt for IMU purposes. The new legislation (the retroactive effect of which would seem to be ruled out) and which is part of a case law context mostly adverse to the exemption of the owner of the right of ownership or of another right in rem of enjoyment from the payment of the municipal tax also in the event that the real estate is subject to squatting, would seem to confirm the “a-technical” nature of the notion of “possession” relevant, in the context of IMU, for the configuration of the tax’s presupposition. This is especially because the new hypothesis provided for lett. g-bis) falls within the defined boundaries of tax exemption and not tax exclusion.
Sommario:1. L’occupazione abusiva quale esenzione dal versamento IMU: la nuova lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, L. n. 160/2019. – 2. Oltre la concezione “a-tecnica” della nozione di possesso? – 3. L’aderenza della novella legislativa al dettato costituzionale. – 4. La nuova esenzione del versamento dell’imposta municipale propria nella logica impositiva del tributo. – 5. Può ipotizzarsi un’applicazione retroattività della lett. g-bis)? – 6. Conclusioni: l’interesse fiscale dello Stato (e il suo limite).
1. La L. 29 dicembre 2022, 197 (recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025») anche nota come “Legge di Bilancio 2023”, è intervenuta sull’art. 1, comma 759, L. 27 dicembre 2019, n. 160 (disposizione recante l’individuazione delle fattispecie configuranti esenzione dal versamento dell’imposta municipale propria) innovando la disciplina dell’imposta municipale propria (IMU).
In termini più precisi, la richiamata disposizione ha modificato le ipotesi di esenzione dal versamento della summenzionata imposta, aggiungendo la nuova lett. g-bis) in forza della quale, a partire dal 1° gennaio 2023, dovranno considerarsi esenti dall’IMU, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili ne’ disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’Autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614, comma 2, o 633 c.p. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.
Come si nota, la nuova esenzione posta dalla lett. g-bis) presuppone che, in relazione a immobili non utilizzabili né disponibili, sussistano – in alternativa – tre fattispecie ben precise.
In primo luogo, quella prevista dall’art. 614, comma 2, c.p., ove si disciplina l’ipotesi di violazione del domicilio. Sicché, in forza della norma richiamata e in ragione dello specifico ancoraggio operato dal legislatore al comma secondo della stessa, l’esenzione dal versamento dell’imposta municipale propria sarà riconosciuta ogniqualvolta taluno si introduca nell’abitazione altrui o in un altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi e vi si trattenga contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo o, in ogni caso, clandestinamente o con inganno.
In secondo luogo, la fattispecie di reato di cui all’art. 633 c.p., relativa all’invasione di terreni o edifici. Pertanto, ai sensi della richiamata disposizione, l’esenzione dal versamento dell’imposta municipale propria sarà riconosciuta ogniqualvolta taluno abbia invaso «terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto».
In ultimo, la fattispecie che, se integrata, potrebbe giustificare l’applicazione dell’esenzione dal versamento dell’imposta municipale propria è quella di occupazione abusiva.
Ai fini dell’applicabilità dell’esenzione prevista dalla nuova lett. g-bis), la norma non si limita a richiedere la verificazione dell’evento pregiudizievole, ma impone che al verificarsi di una suddette fattispecie il contribuente-danneggiato abbia provveduto a presentare denuncia o ad intraprendere un’azione giudiziaria penale, condizione, questa, che si pone chiaramente a presidio delle veridicità e dell’effettività dell’occupazione dell’immobile sine titulo sopravvenuta.
Individuati i presupposti e definito l’oggetto dell’esenzione, la norma pone, poi, ulteriori obblighi di natura procedurale.
Si tratta, più precisamente, di doveri formali il cui adempimento – da parte del soggetto che abbia patito gli effetti delle condotte penalmente rilevanti di cui sopra – si assume necessario al fine di garantire un’adeguata pubblicità alle circostanze patologiche in cui l’immobile abusivamente occupato si trovi o abbia cessato di versare.
In tal senso, è posto in capo al soggetto passivo del tributo l’obbligo di informare il Comune interessato circa il possesso dei requisiti che danno diritto all’esenzione (la comunicazione dovrà essere effettuate seguendo le modalità telematiche definite con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali). Con obbligo ulteriore di presentare una comunicazione analoga a quella ora individuata allorché cessi il diritto all’esenzione.
Fatto tale doveroso inquadramento della nuova lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, L. n. 160/2019, nel prosieguo l’analisi si soffermerà sulla terza fattispecie sopra indicata, ossia l’occupazione abusiva dell’immobile altrui operata da un soggetto terzo.
E ciò perché – come si avrà modo di illustrare nei paragrafi successivi – in relazione a tale fattispecie la novella legislativa merita attenzione per una molteplicità di ragioni così sintetizzabili.
In primo luogo, per il contesto giurisprudenziale in cui s’inserisce.
In secondo luogo per via degli effetti scaturenti dalle scelta di prevedere un’esenzione dal versamento in luogo di un’esclusione dall’operatività del tributo.
In terzo luogo, perché la novella legislativa – riconoscendo l’esenzione in capo a chi versi nella condizione “patologica” dell’abusiva occupazione d’immobile – sembrerebbe, in ogni caso, mostrarsi consapevole dell’impossibilità di accumunare la posizione giuridica soggettiva di tali soggetti a quella di chi può godere direttamente o indirettamente, e senza turbative, dell’immobile di cui è proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento, dando attuazione al principio generale di equità fiscale di cui all’art. 3 della Costituzione.
2. Come si è anticipato, ai fini del riconoscimento dell’esenzione la nuova disposizione di cui alla lett. g-bis) richiede la sussistenza di due condizioni: la sopraggiunta abusiva occupazione dell’immobile ad opera di un terzo e la denuncia del fatto pregiudizievole o l’avvio di un’azione giudiziaria penale.
Se è così, da una primissima lettura della norma verrebbe sostanzialmente elevata a “presupposto” l’indisponibilità e la non utilizzabilità del bene quali circostanze che discendono dalla abusiva occupazione dell’immobile e che la norma, presumibilmente proprio per tale ragione, pone sia (esplicitamente) quale esordio della novella legislativa sia (implicitamente) quale effetto delle condotte pregiudizievoli poste in essere dal terzo rispetto al bene.
L’individuazione dell’indisponibilità e della non utilizzabilità del bene quale presupposto dell’esenzione ed effetto discendente dalle condotte penalmente rilevanti poste in essere dal terzo nei confronti della res assumono un valore assolutamente significativo, perché apparentemente rappresenterebbero un’esplicita ammissione del fatto che gli esiti dell’abusiva occupazione sui diritti vantati sull’immobile dal proprietario, o da altro titolare di altro diritto reale di godimento, siano così gravosi da determinarne una compressione tale da pregiudicare le modalità ordinarie di esercizio del possesso sul bene occupato.
Si potrebbe ritenere che ciò si riverberi sull’integrazione del presupposto dell’imposta municipale propria e sul conseguente obbligo di assolvimento del tributo.
Ragionando in questi termini, infatti, la novella legislativa: (i) da un lato, parrebbe fare proprio il binomio logico-giuridico “occupazione abusiva-spossessamento”, facendone discendere il venir meno del presupposto oggettivo dell’IMU rappresentato – ex art. 1, comma 740, L. n. 160/2019 – nel possesso dell’immobile; (ii) dall’altro, e come conseguenza del punto precedente, sembrerebbe andare oltre, obliterando le diverse posizioni giurisprudenziali che, nel tempo, si sono “distinte” per aver ritenuto sussistente l’obbligo di versamento dell’IMU anche in capo a chi avesse subito l’occupazione abusiva del proprio immobile.
Di recente, e dopo l’introduzione della novella legislativa, è stato addirittura sostenuta una soluzione interpretativa tanto ampia da giungere a considerare sussistente l’obbligo di adempimento del tributo in capo al legittimo titolare del bene anche nell’eventualità in cui la disponibilità dell’immobile occupato fosse preclusa dall’illegittimo comportamento di un terzo (cfr. Corte di Giustizia tributaria di secondo grado Toscana, Siena, sez. IV, sent., 30 gennaio 2023, n. 68).
Tale soluzione interpretativa – che affonda le radici in un orientamento pressoché consolidato della giurisprudenza di legittimità (cfr., per tutte, Cass. civ., sez. VI – 5, ord., 27 settembre 2016, n. 19041; Cass. civ., sez. V, sent., 9 ottobre 2019, n. 25249; Cass. civ., sez. VI – 5, ord., 22 ottobre 2021, nn. 29658 e 29868) applicato, oltre alle ipotesi di occupazione abusiva, anche in relazione ad altre forme di occupazione sine titulo (vd., per tutte, Cass. civ., sez. VI – 5, ord., 27 settembre 2016, n. 19041; Cass. civ., sez. V, sent., 19 ottobre 2016, n. 21157; Cass. civ., sez. VI – 5, ord., 9 marzo 2017, n. 6064) – viene giustificata con i seguenti argomenti:
(i) l’occupazione abusiva degli immobili non pregiudicherebbe il presupposto soggettivo dell’imposta – ovvero il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale – che non verrebbe a mancare in ragione dell’indisponibilità del bene determinata dalla occupazione (così si esprime Corte di Giustizia tributaria di secondo grado Lombardia, Lodi, sez. XIX, sent., 23 gennaio 2023, n. 237);
(ii) l’abusiva occupazione dell’immobile non potrebbe essere considerata «una sorta di causa atipica di esenzione dal pagamento del tributo», sicché rimarrebbe impregiudicata la debenza IMU in capo al formale proprietario dell’immobile (in tal senso la Commissione tributaria regionale Lazio, sez. II, sent., 8 giugno 2021, n. 2858);
(iii) nel caso di occupazione abusiva di un immobile, la temporanea perdita del possesso da parte del proprietario non interverrebbe a favore di un altro soggetto, a sua volta titolare di un diritto reale di godimento, ma a favore di semplici occupanti, circostanze che non fanno venir meno l’obbligo di versamento dell’IMU (così, si vd. Commissione tributaria provinciale di Cagliari, sez. II, sent., 27 maggio 2022, n. 313).
Questo quadro rende evidente la portata potenzialmente innovativa della nuova lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, L. n. 160/2019, che, assumendo quale effetto dell’abusiva occupazione dell’immobile e presupposto applicativo della norma l’indisponibilità e l’inutilizzabilità dell’immobile, sembrerebbe aver ricondotto – quantomeno ad una primissima valutazione – il presupposto oggettivo dell’IMU entro i confini di una nozione di possesso non più autonoma, ma aderente alla nozione espressa dall’art. 1140 c.c., ove – prevedendosi che il possesso coincida con il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale – quest’ultimo viene a coincidere con la materiale disponibilità della res e con la concreta possibilità di esercitare i diritti corrispondenti alla proprietà o ad altro diritto reale di godimento.
Se così è, l’esenzione prevista dalla lett. g-bis) sembrerebbe bloccare la logica, di dubbia apprezzabilità giuridica e sociale, per cui – a fronte del pregiudizio che inibisce la fruibilità, diretta o indiretta, del bene per via della condotta dannosa altrui – possano sopravvivere obblighi che incidono sulla sfera patrimoniale del contribuente e non anche i diritti che, in costanza di lesione, dovrebbero essere ancor più soggetti a tutela e a veloce ripristino.
3. Se una primissima lettura del dato normativo potrebbe condurre alle valutazioni (perlopiù positive) appena illustraste, occorre evidenziare come l’avvicinamento della nozione di “possesso” rilevante ai fini dell’imposta municipale propria a quella prevista dall’art. 1140 c.c. sembra essere soltanto apparente, trovando una neutralizzazione difficilmente sormontabile nella scelta legislativa di qualificare l’ipotesi di abusiva occupazione dell’immobile quale “esenzione” dal versamento del tributo e non, invece, come “esclusione” dall’ambito di operatività del medesimo.
Ciò sembrerebbe essere vero guardando alla distinzione tra le due, diverse, ipotesi che danno luogo al venir meno del dovere di versamento del tributo.
Ed infatti: (i) da un lato, l’esenzione si traduce nel mancato assoggettamento a tassazione di una fattispecie che, in assenza della stessa disposizione di esenzione, cadrebbe nel campo di applicazione della disciplina ordinaria. Si tratta, dunque, di fatti economici che pur realizzando in pieno il presupposto per l’applicazione del tributo “per qualche ragione sono esonerate dal pagamento”; (ii) dall’altro, nella fattispecie di esclusione la disposizione dà conto di un effetto di “non tassazione” già evincibile dalla disciplina ordinaria e che tuttavia appare opportuno riconfermare – ad esempio, per esigenze di maggior chiarezza – per mezzo di una nuova disposizione.
Da ciò discende, dunque, che la previsione di un’esenzione tributaria risponde ad interessi diversi da quelli fiscali e si atteggia quale “eccezione alla regola” secondo la quale “quella cosa o quella persona” dovrebbero essere tassate. Viceversa, la previsione di un’esclusione tributaria avrebbe esclusivamente un valore “rafforzativo” e sarebbe volta a chiarire la portata di una regola preesistente.
Dall’applicazione di dette coordinate d’ordine generale al caso di specie emerge che la sistematizzazione e la, conseguente, qualificazione dell’ipotesi introdotta dalla nuova lett. g-bis) nel novero delle esenzioni dal versamento dell’imposta municipale propria presuppone che il legislatore: (i) abbia considerato irrilevante ai fini dell’integrazione del presupposto del versamento dell’imposta municipale propria l’eventuale verificazione di un’abusiva occupazione dell’immobile; sicché, in linea astratta, avrebbe considerato ascrivibile al proprietario, o titolare di altro diritto reale di godimento, il possesso dell’immobile anche nel caso di sopravvenuta occupazione sine titulo del bene; (ii) abbia ritenuto, successivamente, di esentare dal versamento del tributo il soggetto che abbia subito il pregiudizio derivante dall’abusiva occupazione, ma per ragioni estranee all’impianto del tributo e, dunque, di natura extrafiscale.
Da quanto appena evidenziato deriva, dunque, che l’obbligo di considerare il contribuente che abbia subito l’abusiva occupazione quale soggetto non tenuto al versamento (purché siano integrate le condizioni di procedibilità previste dalla novella legislativa) non dipende da un radicale ripensamento della nozione di possesso rilevante ai fini dell’imposta municipale propria (nei termini ai quali vi si è fatto riferimento all’interno del paragrafo precedente), né da una presunta, ravvisata necessità di ricondurre il “possesso” necessario per ritenere integrato il dovere di versamento dell’IMU entro i confini della nozione civilistica prevista dall’art. 1140 c.c., ma, conformemente alla qualificazione dell’esonero come “esenzione”, da una scelta di natura extra fiscale.
Ragionando in questi termini, la lett. g-bis) non esprime – contrariamente a quanto potrebbe concludersi a un primo, frettoloso esame della norma – una nuova declinazione della nozione di “possesso”.
Anzi, la norma starebbe ulteriormente confermando due profili.
In primo luogo, la capacità (potenziale) della fattispecie – quella di abusiva occupazione dell’immobile – di non intaccare il presupposto dell’imposta municipale propria e dunque il permanere di un’astratta configurabilità di un indice di capacità contributiva ugualmente meritevole di tassazione a prescindere dalle condizioni “patologiche” nelle quali verserebbe sia il bene immobile sia la relazione tra quest’ultimo ed il suo proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento.
In secondo luogo, la necessità di considerare la nozione di “possesso” rilevante ai fini tributari quale concetto avulso e, in quanto tale, autonomo da quello fatto proprio dal codice civile che, invece, indurrebbe a ritenere integrata la situazione possessoria soltanto nell’eventualità in cui il proprietario o il titolare di altro diritto reale di godimento possa disporre e godere (direttamente o indirettamente) del bene, coerentemente con quanto previsto dagli artt. 1140 e 832 c.c.
Malgrado le considerazioni ora formulate depongano nel senso di un ridimensionamento della portata innovativa della novella legislativa, occorre, in ogni caso, evidenziare che la scelta del legislatore di esentare dal versamento dell’imposta municipale propria coloro i quali abbiano patito i pregiudizi dell’abusiva occupazione dell’immobile definisca, in ogni caso, un sistema impositivo maggiormente conforme a un principio di equità, perché, sottraendo all’obbligo di versamento dell’imposta municipale propria chi abbia subito un’abusiva occupazione per via della condotta pregiudizievole altrui, essa esprime la necessità di procedere nella ripartizione della pubblica spesa tra i consociati valorizzando le diverse situazioni e patologie giuridiche individuali.
4. Ferme restando le considerazioni formulate all’interno dei paragrafi precedenti, occorre ora soffermarsi brevemente sulla relazione intercorrente tra l’esenzione dal versamento dell’imposta municipale propria operata dalla lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, L. n. 160/2019 e la logica impositiva dell’imposta municipale propria.
Procediamo con ordine.
Come noto, per mezzo dell’introduzione del tributo in analisi il legislatore ha inteso prevedere l’introduzione di un’imposta ordinaria sul patrimonio, ovvero un tributo connotato da periodicità, commisurato al valore del bene ed al versamento del quale sarebbe chiamato il soggetto passivo per il sol fatto di essere titolare di un patrimonio. In tal senso, la natura patrimoniale del tributo discenderebbe dalle caratteristiche e dalla struttura dell’imposta, dalla “figura del possesso”, oltreché da alcuni elementi essenziali alla delimitazione del presupposto e dai metodi – tipicamente patrimoniali – di determinazione della base imponibile.
Se ciò è vero, malgrado la generale riconducibilità dell’imposta municipale propria entro i confini di un tributo a natura strettamente patrimoniale – ratio impositionis che troverebbe altresì conferma nell’assoggettamento a tassazione anche di beni ex se improduttivi come quelli inagibili, inabitabili, oltre agli immobili merce e delle aree fabbricabili – ha trovato spazio un modo d’intendere il tributo quale forma d’imposizione connotata da una patrimonialità “ibrida”, discendente da una generale impostazione reddituale del sistema tributario unitariamente inteso.
Sulla base di detta impostazione, non sarebbe possibile escludere l’IMU dalla logica del tributo sul reddito in ragione della quale l’imposta dovrebbe considerarsi ricadente sì sul patrimonio immobiliare ma soltanto in quanto – e, dunque, limitatamente all’eventualità in cui – questi sia (astrattamente) idoneo a produrre reddito.
Da ciò discende che, laddove intenda considerarsi come sussistente e sottesa all’imposta municipale propria una forma di patrimonialità “ibrida” – in ragione della quale ai fini impositivi dovrebbe considerarsi il profilo reddituale del fenomeno patrimoniale del possesso immobilare – la riconduzione a tassazione (ai fini dell’IMU) di beni non agibili o, in ogni caso, non abitabili (come nel caso di beni soggetti ad abusiva occupazione) stonerebbe con la logica impositiva del tributo.
In detto scenario, la scelta – operata con la lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, della Legge di Bilancio 2023 – di “esentare” (e non “escludere”) dal versamento del tributo coloro i quali abbiano patito un’abusiva occupazione dell’immobile sembrerebbe confermare la logica “patrimoniale” del tributo.
Ed infatti, in ragione di quanto precedentemente rilevato, la previsione dell’esenzione dal versamento dell’IMU derivante da un’abusiva occupazione dell’immobile non determinerebbe il venir meno dell’integrazione del presupposto del versamento del tributo. Al contrario, (i) da una parte, il possesso dell’immobile e dunque la (astratta) soggettività passiva ai fini del versamento del tributo dovrebbe continuare a considerarsi formalmente ascrivibile al proprietario, o al titolare di altro diritto reale di godimento; (ii) dall’altra, in conseguenza della scelta legislativa, il dovere di corresponsione del tributo verrebbe sì meno, ma soltanto per ragioni estranee all’impianto del tributo e, dunque, di natura extrafiscale.
Sicché, guardando alla novella legislativa nel più ampio contesto della logica impositiva sottesa all’imposta municipale propria, la decisione di considerare l’intervenuta occupazione abusiva d’un immobile quale circostanza idonea ad esentare dal versamento del tributo – presupponendo il venir meno dell’adempimento tributario esclusivamente per via di una scelta di tipo extrafiscale – sembrerebbe rafforzare ulteriormente la natura strettamente patrimoniale dell’imposta e, dunque, l’astratta applicabilità di quest’ultima al cespite immobiliare, prescindendo dalla “produttività” dello stesso.
A diverse conclusioni si sarebbe giunti – con estrema probabilità – laddove la lett. g-bis) avesse introdotto un’esclusione dal versamento dell’imposta municipale propria per via di un’occupazione abusiva. In detta eventualità, infatti, il diritto a non corrispondere il tributo sarebbe scaturito non tanto da una scelta legislativa estranea all’impianto dell’imposta, quanto dal riconoscimento di una inidoneità della fattispecie – già fatta propria dalla disciplina ordinaria e riconfermata dalla nuova disposizione – ad integrare gli estremi necessari ai fini della configurazione del dovere tributario. Con la conseguenza che l’introduzione di un’esclusione dal versamento avrebbe inciso maggiormente sulla logica del tributo, rafforzando:
(i) sia il legame tra l’applicabilità dell’imposta e la “produttività” del cespite immobiliare (quale circostanza, quest’ultima, in grado di orientare la tassazione);
(ii) sia quel concetto di “patrimonialità ibrida” dell’imposta che, nel quadro delineato dalla novella legislativa, sembrerebbe lasciare spazio ad una dimensione strettamente patrimoniale del tributo.
5. A questo punto, occorre chiedersi se il nuovo regime di esenzione posto dalla lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, L. n. 160/2019, in quanto più favorevole rispetto alla normativa previgente, possa aprirsi ad un’applicazione di tipo retroattivo, volta a ristorare chi, per il sol fatto d’essersi trovato in una posizione pregiudizievole in un momento antecedente all’introduzione della nuova esenzione, sia stato chiamato ad adempiere l’IMU malgrado lo stato d’abusiva occupazione in cui versava l’immobile.
Andando oltre i profili relativi al rapporto intercorrente tra la potenziale retroattività delle norme tributarie e il bilanciamento con i principi del legittimo affidamento, della certezza del diritto, della ragionevolezza e della non arbitrarietà impositiva – che in molteplici occasioni hanno interessato il giudice delle leggi (v., per tutte, Corte cost., 11 giugno 1999, n. 229; Corte cost., 22 novembre 2000, n. 525 e Corte cost., 24 luglio 2000, n. 341) e anche la giurisprudenza di legittimità (v., per tutte, Cass. civ., sez. V, 9 dicembre 2009, n. 25722 e Cass. civ., sez. V, 2 aprile 2003, n. 5015), la risposta al quesito prospettato sembra essere negativa.
In tal senso depone, in primo luogo, l’art. 3, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, che, come noto, è chiaro nel prevedere, in linea generale, l’irretroattività delle norme tributarie, salvo che non si rientri nel caso eccezionale di cui all’art. 1, comma 2, del medesimo Statuto, ove si prevede l’ammissibilità della retroattività della disposizione tributaria laddove sia stata adottata una norma interpretativa, che può essere disposta soltanto con legge ordinaria ed espressa qualificazione come norma di interpretazione autentica.
In quest’ultima prospettiva, diverse sono le teorie – e le condizioni – in base alle quali qualificare una legge come portatrice di una “interpretazione autentica”. In sintesi:
per una parte della letteratura, la legge interpretativa dovrebbe considerarsi un mero atto di conoscenza della legge interpretata: non si tratterebbe, dunque, di una nuova legge, ma di un modo nuovo d’intendere il significato normativo (c.d. tesi della natura dichiarativa);
per altra parte della dottrina, l’interpretazione autentica rappresenterebbe non un atto di conoscenza ma un atto di volontà del legislatore, che sceglie quale significato assegnare alla norma in via autoritativa (c.d. tesi della natura decisoria);
ad avviso dei giudici di legittimità (Cass. civ., sez. I, 29 luglio 1974, n. 2289), al fine di qualificare una legge come portatrice di un’interpretazione autentica, occorrerebbe avere riguardo alla struttura della fattispecie, la quale dovrebbe instaurare una imprescindibile relatio tra la norma interpretata e quella interpretativa, in funzione della efficacia retroattiva che si vuole dare all’interpretazione imposta (c.d. tesi della tipicità strutturale);
da ultimo, per la Corte costituzionale dovrebbero considerarsi “norme interpretative” e retroattive quelle norme obiettivamente dirette a chiarire il senso di norme preesistenti ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi fra quelli ragionevolmente ascrivibili alla norma interpretata. Sicché, i caratteri dell’interpretazione autentica sarebbero desumibili da una relazione fra le norme «tale che il sopravvenire della norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata, ma l’una e l’altra si saldano fra loro dando luogo a un precetto normativo unitario» (per tutte, Corte cost., 12 luglio 1995, n. 311; Corte cost., 30 marzo 1995, n. 94; Corte cost., 23 novembre 1994, n. 397; Corte cost., 3 dicembre1993, n. 424; Corte cost., 17 novembre 1992, n. 455, nonché Corte cost., 5 maggio 2008, n. 132).
Per quanto possano risultare diverse, se analizzate in relazione al differente significato ed effetto che ciascuna intenderebbe conferire alla legge di interpretazione autentica, le varie tesi sembrano essere accomunate dalla circostanza per la quale nel caso di cui all’art. 1, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente il legislatore starebbe riformulando una disposizione interpretata sempre in continuità con la sua formulazione originaria.
Ragionando in questi termini, l’interpretazione autentica della legge presupporrebbe – in concreto – che la disposizione soggetta a rivisitazione fosse già esistente prima che il legislatore provvedesse a rileggerla e riformularla in termini autentici e, dunque, in modo coerente con il significato che avrebbe dovuto ascriversi, ab initio, alla medesima disposizione.
Se ciò è vero, la lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, L. n. 160/2019 può essere difficilmente considerata quale norma d’interpretazione autentica, naturaliter retroattiva, perché la lett. g-bis), da un lato, si configura quale nuova disposizione e non quale sopravvenuta interpretazione chiarificatrice di una norma preesistente già (erroneamente) interpretata ed applicata; dall’altro, non essendo collegata ad un’altra disposizione dal tenore similare, non viene ad esistenza quella imprescindibile relatio con la norma interpretata che può rendere la norma di esenzione quale “legge di interpretazione autentica” della prima.
In tal senso sembrerebbero deporre, peraltro, recentissimi chiarimenti espressi dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ., sez. V, ord., 13 aprile 2023, nn. 9956 e 9957). Quest’ultima – disponendo la rimessione alla Corte costituzionale della questione concernente l’illegittimità dell’art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 23/2011 (nella versione applicabile all’epoca dei fatti di causa) nella parte in cui non prevede l’esenzione d’imposta in caso di occupazione abusiva dell’immobile che non possa essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti – ha da ultimo: (i) ricordato che il carattere interpretativo autentico di una legge dipenderebbe esclusivamente dal suo contenuto – caratterizzato dall’enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il significato di un precetto antecedente, a cui la norma si ricollega nella formula e nella ratio – e da un momento precettivo – con il quale il legislatore impone questa interpretazione, escludendone ogni altra; (ii) escluso – in ragione di quanto al punto precedente ed in virtù dell’art. 11 delle Preleggi – la possibilità di qualificare la novella legislativa in analisi quale norma interpretativa retroattivamente applicabile, atteso che il contenuto precettivo di essa non si ricollegherebbe ad altra norma preesistente da chiarire o da precisare.
Ferma tale conclusione, anche laddove si volesse sostenere che la nuova lett. g-bis) sia norma di interpretazione autentica, sarebbe difficile immaginarne un’applicazione de plano: (i) sia nei confronti delle liti ad oggi pendenti – e dunque in relazione a quelle fattispecie in cui sia ancora da chiarire l’applicazione della norma oggetto di interpretazione (atteso che, come sopra evidenziato, la nuova esenzione dal versamento dell’imposta municipale propria rappresenterebbe una norma del tutto nuova e dotata di autonomia non essendo, a contrario, recata da una disposizione volta ad interpretare una norma preesistente erroneamente letta ed applicata); (ii) sia, soprattutto, nelle questioni già soggette a giudicato, di cui, stante l’operatività del principio di intangibilità del giudicato (che costituisce “corollario naturale” sia del principio di separazione di poteri, sia dell’obbligo di osservanza delle reciproche attribuzioni istituzionali nonché del divieto di ingerenza da parte del potere legislativo nei giudizi in corso al fine di indirizzarne l’esito), neppure una norma di interpretazione autentica potrebbe rimuovere gli effetti.
6. La nuova esenzione IMU per l’immobile che versa in uno stato di occupazione abusiva e che, per ciò, è indisponibile e non utilizzabile, sembra soltanto in apparenza andare incontro alla necessità di ricondurre la nozione di “possesso” entro i confini definiti dal diritto civile e, specificamente, dall’art. 1140 c.c., il quale presuppone – per ritenere correttamente integrata una situazione possessoria piena rilevante, sotto il profilo tributario, quale capacità economica traducentesi in un’attitudine effettiva ed attuale alla contribuzione – che il proprietario o il titolare di altro diritto reale di godimento possa, in concreto, godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo.
In apparenza perché – come già anticipato – la scelta di considerare la nuova ipotesi di esonero dal versamento quale “esenzione” dal versamento del tributo e non come “esclusione” dal perimetro di operatività del medesimo ha come effetto essenziale quello di salvare – perché ritenuto ugualmente configurato – il presupposto dell’imposta municipale propria anche nel caso in cui sia sopravvenuta un’abusiva occupazione dell’immobile altrui.
Da ciò discende che la sistematizzazione della novella legislativa nel novero delle esenzioni – per quanto gli effetti sociali potenzialmente scaturenti dall’intervento normativo siano da accogliersi senz’altro positivamente – pecca per non aver operato un ulteriore passo in avanti che avrebbe potuto (se non dovuto) concretizzarsi nella dichiarazione di non configurabilità di un indice di capacità contributiva laddove il bene immobile il cui possesso darebbe luogo alla debenza dell’imposta municipale propria sia stato soggetto ad occupazione sine titulo.
In tal senso, l’intervento normativo analizzato potrebbe sia considerarsi un primo passo in avanti verso una più equa applicazione del tributo in parola, sia un’opportunità mancata ai fini d’una diversa definizione della nozione di “possesso” che dovrebbe considerarsi rilevante ai fini dell’IMU.
Malgrado dette considerazioni d’ordine critico, giova, in ogni caso, evidenziare che la lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, L. n. 160/2019, a prescindere dal fatto che il legislatore abbia scelto la via dell’esenzione in luogo di quella dell’esclusione, si lascia apprezzare anche per il fatto di dare concreta attuazione al principio di proporzionalità dell’imposizione – inteso come canone d’ordine generale dalla cui applicazione discende non la riscossione di qualsivoglia tributo ma la sola esazione del “tributo giusto” – che dovrebbe connotare l’agire delle Amministrazioni locali in quanto (pubbliche) articolazioni statali; ma anche per configurarsi quale traduzione legislativa del necessario bilanciamento tra il soddisfacimento dell’interesse fiscale pubblico – come generale necessità della comunità atta alla sopravvivenza ed al regolare funzionamento della medesima, nonché come interesse generale alla riscossione dei tributi tutelato dagli artt. 53 e 14, comma 2, della Costituzione – e la tutela dei diritti dei contribuenti che, come nel caso di abusiva occupazione, vedano lesa la propria relazione con il bene il cui possesso, in assenza dell’esenzione oggi prevista dalla lett. g-bis) dell’art. 1, comma 759, L. n. 160/2019, avrebbe dato luogo a legittima imposizione.
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