Prime osservazioni sulle proposte di modifica in tema di accertamento dei tributi e sistema sanzionatorio contenute nel DDL di riforma fiscale (Parte seconda)

Di Alessandro Albano -

Abstract

Il Consiglio dei Ministri lo scorso 16 marzo ha approvato la proposta di legge delega per la riforma fiscale, un progetto organico che ha l’ambizioso obiettivo (tanto più in quanto la riforma non può prevedere nuovi oneri a carico delle finanze pubbliche) di riorganizzare l’intero sistema tributario, riproducendo quindi, con contenuti molto più ampi e strutturati, l’iniziativa già assunta in questo senso, da ultimo, dal Governo Draghi.

Le soluzioni prospettate dalla delega fiscale in materia di procedimento di accertamento e di sanzioni sono foriere di riflessioni, sia per quanto attiene la centralità dell’utilizzo delle tecnologie digitali nella fase di attuazione del tributo, già accennata, sia per quanto riguarda il necessario coordinamento (tutto da definire) tra poteri di accertamento e adesione (o meno) preventiva al regime premiale del concordato preventivo biennale. E infine, l’anticipazione del dialogo procedimentale (“incanalato” in base ai risultati offerti dall’intelligenza artificiale) può forse comportare una concreta limitazione del diritto al contraddittorio?

In materia sanzionatoria, in particolare, non viene richiamato il tema del necessario riordino delle violazioni formali (e meramente formali), che pure avrebbe potuto essere accennato, così come il profilo del procedimento di irrogazione delle medesime, e resta complicato individuare quali siano i Paesi europei ai cui “standard” in materia di “proporzionalità” sanzionatoria il Governo propone di uniformarsi. In materia, un primo riferimento può trarsi, nell’esercizio in concreto della delega fiscale, dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 46, depositata il giorno successivo all’approvazione della legge delega da parte del Governo (17 marzo 2023).

Observations about proposal on tax proceeding and tax penalties system included in the draft of the enabling act on tax reform (Second part). – On 16 March, the Council of Ministers approved the proposal for the enabling act for tax reform, an organic project that has the ambitious goal (all the more so since the reform cannot foresee new burdens on public finances) to reorganize the entire tax system, thus reproducing, with much broader and structured contents, the initiative already taken in this sense, finally, by the Draghi Government.

The solutions proposed by the tax delegation in the field of tax proceedings and sanctions are a source of reflection, both as regards the centrality of the use of digital technologies in the implementation phase of the tax, already mentioned, both with regard to the necessary coordination (everything to be defined) between powers of assessment and membership (or not) prior to the reward scheme of the two-year arrangement. And finally, can the anticipation of procedural dialogue (“channelled” according to the results offered by artificial intelligence) perhaps lead to a concrete limitation of the right of contradictory?

In the matter of sanctions, in particular, there is no mention of the need to reorder formal (and purely formal) infringements, which could also have been mentioned, as well as the profile of the related proceeding, and it remains hard to identify the European countries to whose “standards” in the field of “proportionality” sanction the Government proposes to conform. In this regard, a first reference can be drawn, in the concrete exercise of the fiscal delegation, from the judgment of the Constitutional Court n. 46, filed the day after the approval of the delegated law by the Government (17 March 2023).

Sommario: 1. Le proposte di riforma in materia di sistema sanzionatorio tra principi sovranazionali e ordinamenti esteri: verso una rimeditazione della funzione della sanzione tributaria? – 2. Conclusioni (provvisorie): verso un rapporto obbligatorio (apparentemente) meno verticale, l’importanza di preservare la tutela dei contribuenti, la necessità di una veste organica in sede di “codificazione” tributaria.

1. L’art. 18 del disegno di legge delega fiscale prevede una significativa riorganizzazione delle sanzioni tributarie, sia conseguenti violazioni amministrative, sia fattispecie ascrivibili ai reati tributari (comma 1) sia, infine, in materia di sanzioni afferenti le accise e le altre imposte indirette (comma 2).

Nel seguito verranno sviluppate alcune considerazioni relativamente al comma 1, e pertanto limitatamente alle sanzioni applicabili per illeciti tributari afferenti il comparto delle imposte dirette, IVA e altre imposte indirette e tributi degli enti territoriali, prima di trarre alcune conclusioni (provvisorie) sulla bozza di disegno di legge delega, così come attualmente in discussione alla Camera dei deputati.

Giova anzitutto premettere che le tematiche afferenti il sistema sanzionatorio nel suo complesso meritano una rimeditazione funditus, tenuto conto della centralità, nella riflessione dogmatica, della nozione di illecito tributario e della mancanza, tuttora nel nostro ordinamento, di una efficace allocazione, rispettivamente, in sede amministrativa e in sede penale, della reazione alle violazioni commesse dal contribuente (per un primo contributo, meritevole di ulteriore approfondimento, soprattutto in relazione al tema, non del tutto scrutinato, della funzione premiale delle sanzioni tributarie, si consenta il rinvio ad Albano A., Illecito e sanzione tributaria: contributo alla teoria del diritto tributario punitivo [europeo], in Nuovo dir. soc., 2020, 10, 1337 ss.).

La bozza di legge delega si occupa, per quanto attiene il comparto imposte dirette e indirette, IVA: (i) principalmente, del tentativo di offrire una maggiore coerenza del sistema sanzionatorio al principio di proporzionalità; (ii) dell’obiettivo di razionalizzare la reazione sanzionatoria in sede penale e amministrativa, limitando le potenziali duplicazioni (ne bis in idem); (iii) dell’ampliamento delle cause di non punibilità, valorizzando i comportamenti di collaborazione tra contribuenti e Amministrazione finanziaria, in particolare per quanto attiene il regime dell’adempimento collaborativo.

Dal punto di vista formale, l’intervento prospettato in materia di sanzioni tributarie è articolato in tre parti: la lettera a) riguarda gli “aspetti comuni” alle sanzioni amministrative e penali, la lettera b) è dedicata alle sanzioni penali e, infine, alla lettera c), illustra i principi e criteri direttivi a cui dovrebbe essere informata la riforma in materia di sanzioni amministrative.

Per quanto attiene gli “aspetti comuni” alle sanzioni amministrative e penali, sub lett. a), viene posta in luce l’esigenza di «razionalizzare» il sistema sanzionatorio (amministrativo e penale) ai fini del «completo adeguamento al principio del ne bis in idem» (su tale profilo, in ottica ricostruttiva, senza pretesa di esaustività, cfr. Traversa E. – Alfano R., L’impatto del diritto europeo sull’applicazione del divieto di bis in idem in materia tributaria, in Dir. prat. trib. int., 2021, 1, 10 ss.; Todini C., L’inclusione dei reati tributari fra i reati presupposto del Decreto 231 e il divieto di bis in idem: quali possibili soluzioni?, in Rass. trib., 2021, 3, 731 ss.; Melis G. – Golisano M., Il livello di implementazione del principio del ne bis in idem nell’ambito del sistema tributario, in Riv. trim. dir. trib., 2020, 3, 579 ss.).

Tale preoccupazione consente di evidenziare che è ritenuto cruciale, nell’ambito della riforma del sistema sanzionatorio, il coordinamento normativo della reazione dell’ordinamento nel suo complesso, nel cui ambito non si può peraltro prescindere dalla tematica della responsabilità amministrativa degli enti, tenuto conto dell’inclusione di taluni reati tributari tra quelli presupposto nell’ambito della implementazione del D.Lgs. n. 231/2001 (che determina l’ampliamento della tematica del ne bis in idem agli enti societari, in quanto altrimenti la tematica sarebbe limitata alla coesistenza delle sanzioni penali e amministrative applicabili alle persone fisiche).

Nell’ambito degli aspetti comuni, è apprezzabile quanto recato sub n. 2) della lett. a), laddove si prospetta un allineamento tra procedimento tributario e processo penale in merito agli effetti dell’estinzione del debito tributario (artt. 13, 13-bis, D.Lgs. n. 74/2000; al riguardo, per un richiamo ai profili di conflittualità e di necessaria organizzazione delle cause di non punibilità, in relazione alla vexata quaestio dei crediti inesistenti e non spettanti, si rinvia ad Albano A., La compensazione di crediti “inesistenti” e “non spettanti”: regime sanzionatorio e profili procedimentali, in Riv. tel. dir. trib., 2022, 1, VII, 245 ss.).

Il legislatore delegato dovrà quindi prevedere, coerentemente a tale criterio direttivo, interventi idonei a configurare un complessivo riconoscimento di tutti gli istituti premiali già contemplati e che verranno rafforzati nel procedimento tributario, e della conciliazione giudiziale, questo nell’evidente logica deflativa del processo penale.

L’ultimo degli aspetti comuni alle sanzioni penali e amministrativi si occupa di offrire rilevanza al fine di «escludere ovvero ridurre» l’entità delle sanzioni in caso di adozione del «tax control framework» per le imprese che aderiscono al regime di adempimento collaborativo, cioè la cooperative compliance, allargata e rafforzata (si rinvia a quanto illustrato nella prima parte).

Analoghi effetti dovranno essere previsti a favore delle imprese (si escludono i contribuenti persone fisiche) che non possiedono i requisiti per aderire al regime della cooperative compliance, qualora abbiano cura di comunicare «preventivamente» l’esistenza di «un possibile rischio fiscale». Sotto quest’ultimo profilo, il criterio direttivo appare innanzitutto contraddire quanto recato in altre parti della legge delega, difficilmente conciliandosi con la limitazione dell’esercizio del diritto di interpello ordinario (di cui si è descritto nella prima parte, procedimento che sarebbe naturaliter destinato a interpellare l’Amministrazione proprio al fine di evitare di adottare comportamenti idonei a configurare l’esistenza di un rischio fiscale, al di fuori delle ipotesi espressamente declinate come abusive/elusive, per le quali è presente nell’ordinamento una specifica fattispecie di interpello).

Si tratta, poi, di criterio direttivo difficilmente coerente con il concordato preventivo biennale, di cui si prevede la caducazione al momento del riscontro di violazioni tributarie «di non lieve entità», e pertanto pare riguardare solo i contribuenti che (non si comprende a legislazione attuale con quale strumento) si premurino di comunicare preventivamente l’esistenza di un possibile rischio fiscale (segnalazione che evidentemente sarebbe potenzialmente prodromica all’avvio di un controllo fiscale, quindi difficilmente percorsa).

Gli effetti auspicati in tale passaggio della legge delega potrebbero essere realisticamente raggiunti con un rafforzamento degli effetti premiali del ravvedimento operoso quindi valorizzando, nell’ambito del modulo autoritativo di attuazione del tributo, la condotta del contribuente che presenta una dichiarazione integrativa a sfavore, ed al cui esito sono attualmente previste talune riduzioni sanzionatorie che potrebbero essere ancora rafforzate.

Diversamente, non si comprende quale strumento procedimentale anche de jure condendo potrebbe essere attuato (segnalazioni spontanee all’Agenzia delle Entrate?) e, soprattutto, uno strumento che prescinda da un intervento del contribuente sulla propria dichiarazione presentata (questo, naturalmente, per i tributi periodici) si presterebbe ad una incerta valorizzazione da parte dell’Amministrazione, che potrebbe considerare incompleto, o reticente, una “comunicazione” di un “possibile rischio fiscale”, così disconoscendone in concreto gli effetti.

La bozza di legge delega riporta infatti il tema della “comunicazione”, che pare escludere a tali fini la rappresentazione e descrizione del rischio fiscale nel bilancio d’esercizio dell’impresa (soprattutto allorchè, potendo, venga redatto in forma semplificata).

Di incerta qualificazione è poi la “possibilità” dell’avveramento del rischio fiscale; in assenza di altri riferimenti, poiché peraltro tale causa di non punibilità si riferirebbe soltanto alle “imprese” pare doversi o potersi riferire esclusivamente a quanto stabilito dal principio contabile OIC 31, per le imprese che adottano i Principi contabili nazionali, e al principio contabile internazionale IAS 37, per le imprese che adottino i Principi contabili internazionali.

In merito alle modifiche proposte relativamente alle sanzioni penali, sub lett. b), i principi indicati nella bozza di legge delega riguardano due aspetti: il primo prefigura l’inserimento nell’ordinamento di una nuova causa di non punibilità (o di una causa di esclusione della pena, da comprendere come verrà strutturata al riguardo la normativa), laddove si prevede di attribuire «specifico rilievo» alla «sopraggiunta impossibilità»di procedere al «pagamento» del tributo, purchè «non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso»; in sede attuativa sarà naturalmente necessario maggiormente declinare tale aspetto, relativamente alla «non imputabilità» dell’inadempimento, per evitare il proliferare di un robusto contenzioso circa l’operatività o meno della medesima causa di non punibilità. Il secondo aspetto attiene invece con tutta evidenza una esimente, nel momento in cui prevede di attribuire «specifico rilievo» alle «definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto».

Le modifiche proposte sono entrambe ispirate ad un ampliamento della normativa volta a ridurre l’area della rilevanza penale delle violazioni tributarie nel solco da ultimo delineato, per quanto attiene le violazioni afferenti fattispecie di omesso versamento dal D.L. 30 marzo 2023, n. 34 (su tale aspetto, per un primo commento sistematico, cfr. Cagnola F. – Boncompagni F., Reati tributari: la “nuova” causa di non punibilità introdotta dal D.L. 30 marzo 2023, n. 34, in Sist. Pen., 13 aprile 2023).

Tale auspicio, che richiede un più forte coordinamento processuale, è del resto in linea con la progressiva evoluzione del ruolo della pena in ambito tributario, dalla “meritevolezza” al “bisogno”, nell’ambito del principio di sussidiarietà della tutela penale in tale ambito dell’ordinamento giuridico (in tal senso, cfr. Lanzi A. – Aldrovandi P., Diritto penale tributario, Padova, 2020, 27 ss.).

Nell’ambito di definizione della legge delega, e di decretazione delegata si ritiene peraltro che si debba cogliere l’occasione di declinare con maggiore precisione la nozione di “inesistenza” del credito, al fine di circoscrivere la rilevanza penale della fattispecie penale di credito inesistente alla artificiosa creazione e di utilizzo del credito tributario (specialmente in materia di crediti agevolativi) effettivamente coerentemente peraltro non solo con il principio di offensività, ma anche con quello di tipicità.

In tale ottica, peraltro, potrebbe altresì trovare accoglimento la derubricazione a violazione sanzionabile soltanto in sede amministrativa della fattispecie di credito non spettante, ampliata a tutte le ipotesi di utilizzo di un credito non fraudolentemente creato; in subordine potrebbe comunque essere mantenuta la rilevanza penale anche di tale fattispecie, elevandone però la soglia di non punibilità.

Per quanto attiene, infine, sub c), con riferimento alle sanzioni amministrative, dalla lettura della bozza di legge delega emerge il richiamo all’esigenza di rendere maggiormente coerente l’ordinamento tributario al principio di proporzionalità (su cui, da ultimo, cfr. Salvati A., Lineamenti definitori del principio di proporzionalità delle sanzioni, su questa Rivista, 21 marzo 2023, ivi per ulteriori riferimenti bibliografici; si consenta poi il rinvio ad Albano A., La compatibilità europea degli ordinamenti sanzionatori nazionali alla luce del principio di proporzionalità: profili sistematici, su questa Rivista, 2020, 2, VI, 735 ss. Un’ampia ricostruzione del principio di proporzionalità, con particolare riferimento al sistema dell’imposta sul valore aggiunto, viene svolta da Mondini A., Contributo allo studio del principio di proporzionalità nel sistema dell’IVA europea, Pisa, 2012, in particolare sub cap. 1).

Questo è il fil rouge che lega idealmente tutti e quattro i punti di prospettata riforma delle sanzioni amministrative: il punto 1), che prevede genericamente di «migliorare la proporzionalità» delle sanzioni, «attenuandone il carico» e – ancora più indefinitamente – «riconducendolo agli standard di altri Paesi europei»; il punto 2) che richiama la necessità di «assicurare l’effettiva applicazione delle sanzioni», però «rivedendo il ravvedimento operoso mediante una graduazione della riduzione delle sanzioni» che sia coerente con quanto recato sub 1); il punto 3), che prevede di rimodulare l’applicazione della recidiva, prevedendone l’inapplicabilità «prima del giudizio di accertamento sulle precedenti violazioni», meglio definendo le ipotesi di applicazione di tale istituto e, infine, il punto 4) che contempla la revisione della disciplina del concorso di violazione e della continuazione (incidendo, quindi, sull’applicazione del cumulo giuridico, ex art. 12, D.Lgs. n. 472/1997), estendendo tale disciplina agli istituti deflativi (quindi, in particolare, anche in materia di accertamento con adesione), rendendola «coerente con i principi sopra specificati».

In merito alle prospettate modifiche, emergono alcuni spunti di riflessione: innanzitutto, per quanto attiene il punto 1), rispetto al riferimento a sistemi di altri Paesi europei, occorrerà verificare a quale sistema nazionale riferirsi in concreto in fase di attuazione della delega (in merito, per un approccio di comparazione tra i diversi sistemi sanzionatori nazionali, e quindi per la verifica del trattamento in concreto più mite per ciascuna violazione, cfr. Seer R. – Wilms A.L., a cura di, Surcharges and penalities in tax law, L’Aia, 2016).

Il criterio direttivo sub 1) potrà prevedere, ad esempio, la commutazione in misura fissa di talune sanzioni irrogate attualmente in misura proporzionale e una rivisitazione del sistema sanzionatorio relativamente alle violazioni formali, definendo più compiutamente l’ambito di tali violazioni rispetto a quelle “meramente formali” (profilo che non viene richiamato, come forse avrebbe potuto, nell’ambito dei principi e criteri direttivi della bozza di legge delega).

Il secondo criterio direttivo prefigura il rafforzamento degli effetti premiali del ravvedimento operoso, nell’ottica di agevolare l’adempimento spontaneo, nell’ambito della valorizzazione della funzione premiale delle sanzioni (in argomento, cfr. Montanari F., La dimensione multilivello delle sanzioni tributarie e le diverse declinazioni del principio di offensività-proporzione, in Riv. dir. trib., 2017, 4, 471 ss., ivi per ampia bibliografia, nonché Pierro M.C., L’uso premiale delle sanzioni tributarie e la crisi del principio di specialità, in Riv. trim. dir. trib., 2014, 3, 679 ss.).

Per quanto attiene i correttivi previsti in materia di recidiva, che nella disciplina riformata del D.Lgs. n. 158/2015 ha sollecitato alcuni dubbi interpretativi (su cui, per alcune riflessioni, cfr. Lovecchio L., Le criticità nell’applicazione della recidiva nelle sanzioni tributarie, in il fisco, 2021, 19, 1863 ss.) si condivide l’indicazione di tipizzare maggiormente le fattispecie a cui la recidiva dovrebbe trovare applicazione, tenuto peraltro conto del significativo inasprimento delle sanzioni in tale fattispecie. Sotto tale profilo, peraltro, si ritiene che la decretazione delegata potrebbe tra l’altro rendere maggiormente cogente già nel diritto positivo la riduzione alla metà delle sanzioni per “manifesta sproporzione”, prevista all’art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 472/1997, allargandone anche il perimetro applicativo, in linea peraltro con l’intervento su tale disposizione disposto dal D.Lgs. n. 158/2015, sopra richiamato (cfr., per un precedente richiamo a tale aspetto, quando recato in Albano A., La compatibilità europea degli ordinamenti sanzionatori nazionali alla luce del principio di proporzionalità: profili sistematici, cit.).

Infine, risponde a criteri di maggiore coerenza sistematica rendere applicabile la disciplina del cumulo giuridico anche in caso di adesione a istituti deflativi, secondo quanto prospettato dal punto 4) della lett. c) dell’art. 18, comma 1, legge delega, salvo chiaramente individuare le concrete modalità di coordinamento tra diversi procedimenti, in modo da preservare nel complesso la proporzionalità del sistema sanzionatorio.

2. Le conclusioni in merito a quanto recato nella legge delega non possono che essere provvisorie, atteso il lungo iter che attende l’evoluzione della disciplina, e le possibili, numerose, modifiche che potranno intervenire medio tempore, tuttavia possono svilupparsi alcune considerazioni intermedie.

Innanzitutto, giova osservare come la bozza di legge delega prevede un legame stretto tra procedimenti di determinazione consensuale del tributo e riduzione o addirittura esclusione dell’applicazione di sanzioni tributarie, sia in sede amministrativa che penale.

Questo obiettivo contempla la necessità di strutturare una risposta sanzionatoria che, nella sua tendenziale omogeneità, debba necessariamente contemplare l’approccio sistematico della reazione all’illecito tributario, il che pare del resto reso possibile, o comunque auspicabile, in base a quanto previsto dall’art. 19 della bozza di legge delega, relativo alla codificazione in materia tributaria.

Richiamando i contributi che in passato hanno riguardato la materia sanzionatoria (inter alia, Giovannini A., Per una riforma del sistema sanzionatorio amministrativo, in Giovannini A. – Di Martino A. – Marzaduri E., a cura di, Trattato di diritto sanzionatorio tributario, Milano, 2016, Tomo II, 1385 ss., ivi per l’interessante proposta circa la possibilità di sostituire l’attuale approccio di applicazione delle sanzioni tributarie con il meccanismo delle quote, in base a quanto recato dal D.Lgs. n. 231/2001 per le violazioni in materia di responsabilità degli enti), si ritiene che alcuni aspetti dovranno essere necessariamente affrontati.

In particolare, si ritiene che nell’occasione di una completa revisione del procedimento tributario, debba trovare spazio la riduzione degli effetti impropriamente sanzionatori (cfr. per un ampio catalogo di tali fattispecie, Del Federico, Sanzioni proprie e sanzioni improprie, in Giovannini A. – Di Martino A. – Marzaduri E., a cura di, Trattato di diritto sanzionatorio tributario, Milano, 2016, Tomo II, 1317 ss.) e, nell’ambito delle sanzioni penali, una migliore e più adeguata trattazione della responsabilità nei gruppi d’impresa, nonché nelle fasi concorsuali e pre-concorsuali.

Nell’ambito del procedimento sanzionatorio, sarebbe utile cogliere l’opportunità per una revisione dei procedimenti di irrogazione delle sanzioni non legate all’accertamento di tributi (artt. 16, 16-bis, D.Lgs. n. 472/97).

L’occasione di riforma sistematica del sistema tributario, di cui in tale sede sono stati affrontati i profili procedimentali e i profili sanzionatori, nonché le prime criticità ravvisate nella bozza di legge delega, deve quindi essere l’occasione per rafforzare la natura sistematica del comparto sanzionatorio nel suo complesso, rappresentando correttamente gli interessi tutelati, ma altresì configurando adeguati presidi a tutela del contribuente.

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