Echi giurisprudenziali della operatività “in funzione espropriativa” dell’ipoteca dell’Agente della riscossione

Di Gabriele Ferlito -

(commento a/notes to Cass., ord. 15 giugno 2023, n. 17234 e CTR Lombardia 7 settembre 2022, n. 3409)

Abstract

Le pronunce in epigrafe tornano sulla tematica relativa al coordinamento tra l’istituto dell’ipoteca dell’Agente della riscossione, recato dall’art. 77 D.P.R. n. 602/1973, e quello della espropriazione immobiliare di cui al precedente art. 76 del medesimo decreto, affermando in entrambi i casi l’estendibilità all’ipoteca dei più stringenti limiti normativamente imposti all’Agente della riscossione dall’art. 76. Le pronunce riecheggiano alcuni autorevoli precedenti giurisprudenziali, anche del recente passato, ma non convincono perché il quadro normativo rilevante è medio tempore mutato in modo significativo, ma anche e in ogni caso perché dubbia appare la compatibilità della soluzione adottata con le caratteristiche degli istituti in considerazione.

Jurisprudential echoes of the “expropriation function” of the collection Agent’s mortgage. – The sentences indicated above return to the issue relating to the coordination between the mortgage of the collection agent, provided for by art. 77 of the Presidential Decree no. 602/1973, and the real estate expropriation referred to in the previous art. 76 of the same decree, affirming in both cases the extendability to the mortgage of the more stringent limits legally imposed on the collection agent by art. 76. The sentences resound some authoritative jurisprudential precedents, even from the recent past, but they are not convincing because the relevant regulatory framework has changed significantly in the meantime, but also and in any case because the compatibility of the solution adopted with the characteristics of the institutes under consideration appears doubtful.

 

Sommario: 1. Il principio affermato dalle pronunce in commento. – 2. L’evoluzione, normativa e giurisprudenziale, che ha interessato gli artt. 76 e 77 D.P.R. n. 602/1973. – 3. I profili di non condivisibilità della soluzione giuridica affermata: profili di carattere processuale. – 4. (Segue). Profili afferenti alla natura giuridica dell’ipoteca. – 5. (Segue). Profili afferenti al rapporto tra ipoteca ed espropriazione nel quadro del diritto comune. – 6. (Segue). Profili di ragionevolezza connessi ai differenti limiti applicativi dei due istituti.

1. Le pronunce che qui si commentano sono rese in materia di ipoteca dell’Agente della riscossione, in particolare con riguardo ad iscrizioni ipotecarie effettuate, per quanto concerne l’ordinanza della Suprema Corte, nell’ottobre 2013, mentre nel caso oggetto della pronuncia della CTR, nell’anno 2019: tali puntualizzazioni in merito al momento di adozione del provvedimento di iscrizione ipotecaria assumono un peso specifico ai fini del discorso che qui si conduce per via dell’evoluzione normativa degli istituti rilevanti, che verrà tratteggiata nel prosieguo.

Ciò che rende le pronunce di interesse sono le affermazioni, concettualmente similari, ivi contenute con specifico riferimento al proposto coordinamento normativo tra l’istituto dell’ipoteca dell’Agente della riscossione, recato dall’art. 77 D.P.R. n. 602/1973, e quello della espropriazione immobiliare di cui al precedente art. 76 del medesimo decreto. Tema, questo, che già in passato ha richiesto più volte l’intervento interpretativo della giurisprudenza (difatti la sentenza della CTR richiama taluni precedenti della Suprema Corte, anche in composizione unitaria) ma che, si vedrà, mantiene ancora oggi taluni profili di attualità che meritano di essere criticamente vagliati nonostante sia medio tempore mutato il quadro normativo.

Si diceva dei similari passaggi motivazionali, che qui vengono in rilievo, contenuti nelle due pronunce:

  • per la CTR «l’iscrizione ipotecaria esattoriale è preclusa in tutti i casi in cui sia impossibile intraprendere esecuzione forzata ai sensi dell’art. 76 dpr 602/1973 e quindi disgiuntamente: a) sia nel caso in cui il contribuente sia proprietario esclusivamente di prima casa (art. 76 co. 1 lett. a) dpr 602/1973); b) sia nell’ipotesi di credito inferiore a 120 mila euro (art. 76 co. 1 lett. b) dpr 602/1793»;

  • per la Suprema Corte, seppure nell’ambito di uno sviluppo argomentativo che non brilla per chiarezza, «L’ipoteca, rappresentando un atto preordinato all’espropriazione immobiliare, soggiace agli stessi limiti per quest’ultima stabiliti […] e non può, quindi, essere iscritta se il debito del contribuente non supera la soglia legale».

I Giudici delle pronunce in commento accedono dunque ad una interpretazione dell’ipoteca “in funzione espropriativa”, in particolare imponendo all’Agente della riscossione, che intenda apporre ipoteca sui beni immobili del debitore, gli stessi limiti di operatività cui esso è assoggettato in forza dell’art. 76 D.P.R. n. 602/1976 per potere validamente procedere ad espropriazione forzata immobiliare.

La pronuncia tocca quindi, al fondo, anche la tematica della natura dell’ipoteca dell’art. 77, sulla quale, fin dall’introduzione dell’istituto nell’ordinamento, non vi è mai stata unità di vedute.

2. La problematica afferente al rapporto tra i limiti di operatività dell’ipoteca dell’art. 77 e quelli dell’espropriazione immobiliare dell’art. 76 D.P.R. n. 602/1973, lo si è anticipato, è già stata nel recente passato sottoposta al vaglio della giurisprudenza nell’ambito di un contesto normativo che ha subìto diversi mutamenti, di cui è utile qui riassumere le tappe principali.

In quella che era la formulazione originaria dell’art. 77, da intendersi nella sua attuale configurazione (da fare risalire alla riforma della disciplina della riscossione a mezzo ruolo, avvenuta con il D.Lgs. n. 46/1999), non era previsto alcun limite al potere dell’Agente della riscossione di iscrivere ipoteca in ragione dell’importo complessivo del credito posto in riscossione.

Ne è conseguito il formarsi di una prassi applicativa ove l’Agente della riscossione era solito ricorrere alla misura dell’ipoteca anche a fronte di crediti di modesta entità, con evidenti pregiudizi per i contribuenti la cui sfera giuridica veniva compressa in maniera sproporzionata rispetto all’interesse fiscale alla esazione di un credito di esiguo ammontare (è noto che, ai sensi dell’art. 2808, comma 1, c.c., l’apposizione del vincolo ipotecario attribuisce al creditore, tra l’altro, il diritto di procedere ad espropriazione dell’immobile, sul quale l’ipoteca è costituita, anche nei confronti di terzi acquirenti; quindi l’adozione dell’ipoteca pregiudica la circolazione giuridica dell’immobile, con conseguente riduzione del valore di mercato ad esso attribuibile).

Allo stesso orizzonte di tempo, la disciplina dell’espropriazione immobiliare prevista dall’art. 76 D.P.R. n. 602/1973 precludeva la possibilità per l’Agente della riscossione di procedere ad esecuzione forzata in presenza di somme iscritte a ruolo nei confronti del debitore pari o inferiori, dapprima a 3 milioni di lire e, poi (con le modifiche apportate dall’art. 3, comma 40, lett. b-bis), D.L. n. 203/2005, conv. con modif. dalla L. n. 248/2005) a 8.000 euro.

Nessun coordinamento era positivamente previsto tra i due istituti ed in questo contesto la giurisprudenza ha rilevato la necessità di attribuire al combinato disposto delle predette norme il significato di impedire l’iscrizione di ipoteca in tutti i casi in cui non fosse consentito all’Agente della riscossione di procedere ad esecuzione forzata; ciò, valorizzando in particolare la natura dell’ipoteca dell’art. 77 quale atto della procedura di esecuzione forzata, ad essa preordinato (valorizzando in proposito anche l’inserimento dell’art. 77 all’interno del Capo II del D.P.R. n. 602/1973, recante disposizioni in tema di “Espropriazione forzata”).

Difatti, con la sentenza 22 febbraio 2010, n. 4077 (citata dalla CTR Lombardia nella pronuncia in commento), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che «rappresentando un atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, anche l’ipoteca soggiace al limite per essa stabilito, nel senso che non può essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli 8.000 euro» (pronuncia, questa, in seguito confermata da altra sentenza resa in composizione unitaria, depositata il 12 aprile 2012, n. 5771, ma anche da diverse pronunce rese a sezioni semplici, tra cui possono ricordarsi Cass., 28 giugno 2017, n. 16110, e la ancor più recente Cass., 20 gennaio 2021, n. 993, anch’essa richiamata dalla CTR a supporto del proprio convincimento).

A tale interpretazione giurisprudenziale pareva essersi adeguato anche il legislatore che è successivamente intervenuto in materia (con l’art. 3, comma 2-ter, D.L. n. 40/2010, conv. con modif. dalla L. n. 73/2010): in particolare, la soglia minima di 8.000 euro, già prevista dall’art. 76 per la espropriazione immobiliare, è stata normativamente inserita anche nel corpus dell’art. 77 quale valore del credito riscuotibile al di sotto del quale l’Agente della riscossione non era legittimato ad iscrivere ipoteca.

Tale impostazione “biunivoca” ha ispirato il legislatore anche nelle riforme immediatamente seguenti che hanno interessato gli artt. 76 e 77 D.P.R. n. 602/1973, le quali possono così sinteticamente riassumersi: i) dapprima (con l’art. 7, comma 2, lett. gg-decies) e gg-undecies), D.L. n. 70/2011, introdotte in sede di conversione dalla L. n. 106/2011) il valore minimo del credito legittimante sia l’iscrizione di ipoteca che l’espropriazione è stato innalzato a 20.000 euro per le ipotesi in cui la pretesa iscritta a ruolo non fosse divenuta definitiva e l’immobile oggetto del procedimento fosse adibito ad abitazione principale del debitore, ferma restando la soglia di 8.000 euro per gli altri casi; ii) in seguito (con l’art. 3, comma 5, lett. c) e d), D.L. n. 16/2012, conv. con modif. dalla L. n. 44/2012) la soglia qualificante l’ambito di operatività di entrambi gli istituti è stata incrementata a 20.000 euro, senza ulteriori condizioni.

Il descritto percorso di coordinamento degli ambiti di operatività dell’ipoteca e dell’espropriazione immobiliare è stato però in seguito abbandonato dal legislatore con una modifica (art. 52, comma 1, lett. g) e h), D.L. n. 69/2013, conv. con modif. dalla L. n. 98/2013) che sul punto ha segnato un netto cambio di rotta. Difatti, con tale riforma: i) l’art. 76 è stato modificato, da un lato, escludendo la pignorabilità dell’immobile non di lusso adibito dal debitore ad abitazione principale e, dall’altro lato, incrementando fino all’importo di 120.000 euro la soglia per procedere alla esecuzione forzata immobiliare sugli altri immobili; ii) è rimasto immutato a 20.000 euro il valore minimo del credito legittimante l’iscrizione di ipoteca dell’art. 77, ma è stato specificato che l’ipoteca può essere adottata «anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere […] anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all’espropriazione di cui all’art. 76, commi 1 e 2».

Si è in definitiva tornati ad un quadro positivo che, come nella prima versione degli artt. 76 e 77 D.P.R. n. 602/1973, prevede una differenziazione dei limiti di operatività dell’ipoteca e dell’espropriazione immobiliare; anche se, diversamente dal previgente sistema, in cui il legislatore non aveva affrontato la questione, si è ora in presenza di una specifica disposizione normativa che ritiene ammissibile l’ipoteca anche in assenza delle condizioni per procedere ad esecuzione forzata immobiliare.

Ora, è proprio ricordando la soluzione interpretativa fatta propria dalla giurisprudenza in quell’originario contesto di asimmetria normativa, ove si è ritenuto di dover allineare il limite previsto per l’ipoteca con quello stabilito per l’espropriazione facendo leva sulla natura della prima quale atto preordinato alla seconda, che nelle pronunce in commento è stata adottata una analoga soluzione anche con riguardo a fattispecie relative ad iscrizioni ipotecarie effettuate sotto la vigenza del mutato contesto normativo.

Diverse sono le considerazioni che portano a non condividere gli esiti delle richiamate pronunce.

3. Viene anzitutto in rilievo un profilo di natura processuale. Come visto, entrambe le fattispecie oggetto dei giudizi si riferiscono ad iscrizioni ipotecarie intervenute successivamente alle modifiche normative apportate dal D.L. n. 69/2013, con il quale il legislatore ha optato per un disallineamento dei limiti di operatività dell’ipoteca e dell’espropriazione immobiliare, altresì precisando, al comma 1-bis dell’art. 77, che l’iscrizione ipotecaria può essere disposta «anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all’espropriazione di cui all’art. 76 […]».

Da ciò consegue, che relativamente alle questioni sottoposte al proprio scrutinio, i Giudici hanno errato a replicare sic et simpliciter la soluzione interpretativa già accolta in passato dalla richiamata giurisprudenza, estendendo all’ipoteca dell’Agente della riscossione i nuovi limiti stabiliti per la pignorabilità dei beni immobili. Difatti, lo si è già notato, tale interpretazione si era fatta largo nell’ambito di un assetto normativo in cui il legislatore non aveva fornito alcuna indicazione in merito alla sussistenza, o meno, di un rapporto “biunivoco” tra i limiti previsti per l’ipoteca dell’art. 77 e quelli validi per l’espropriazione immobiliare dell’art. 76: proprio il silenzio della legge sotto questo profilo aveva favorito l’opera interpretativa della giurisprudenza nel senso di fissare una relazione di corrispondenza tra i predetti limiti. Anzi, gli esiti di tale attività interpretativa parevano confermati dalla convergenza dei limiti di operatività dei due istituti che il legislatore ha sperimentato a partire dal 2010, salvo poi virare in favore del citato disallineamento nel corso del 2013.

E allora, a fronte di una specifica disposizione di legge che, nella versione applicabile alle fattispecie in giudizio, ammette l’iscrizione dell’ipoteca «anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all’espropriazione», sembra corretto concludere che i Giudici avrebbero al più dovuto sollevare questione di legittimità costituzionale, facendo valere la irragionevolezza di un assetto normativo in cui l’Agente della riscossione può iscrivere ipoteca anche in ipotesi in cui non è ammessa l’espropriazione immobiliare. Su questo aspetto si formuleranno più avanti alcune considerazioni, volendosi ora concentrare l’attenzione sulla non condivisibilità della soluzione offerta dalle pronunce in commento (ma, a ben vedere, anche dallo stesso orientamento giurisprudenziale cui esse sono ispirate) alla luce delle caratteristiche degli istituti in considerazione e della relativa normativa sostanziale.

4. I similari esiti delle due pronunce muovono dal comune presupposto logico-giuridico che l’ipoteca dell’Agente della riscossione costituisca un istituto preordinato alla espropriazione immobiliare (e difatti è proprio in termini di «atto preordinato all’espropriazione immobiliare» che l’ipoteca viene inquadrata nella pronuncia resa dalla Corte di Cassazione); tale inquadramento valorizza la natura dell’ipoteca quale atto della procedura di esecuzione forzata, negli stessi termini fatti propri dalle più sopra richiamate pronunce della Suprema Corte, anche a Sezioni Unite (n. 4077/2010 e n. 5771/2012), che in passato avevano interpretato gli artt. 76 e 77 D.P.R. n. 602/1973 nel senso di impedire l’iscrizione di ipoteca in tutti i casi in cui non fosse consentito all’Agente della riscossione di procedere ad esecuzione forzata.

Ora, è noto che non vi è mai stata unità di vedute in merito alla natura giuridica dell’istituto dell’ipoteca dell’Agente della riscossione; circostanza, questa, certamente influenzata dal fatto che tale misura si colloca nella zona di confine tra la formazione del titolo esecutivo (ruolo o avviso di accertamento esecutivo) e l’esecuzione forzata.

Al riguardo, si può brevemente ricordare che le riflessioni sulla natura dell’ipoteca si sono polarizzate attorno a due grandi scenari alternativi.

Per alcuni l’ipoteca avrebbe natura cautelare, con alcune peculiarità derivanti dall’attivazione di tale strumento da parte di un soggetto (l’Agente della riscossione) cui è attribuito un potere autoritativo: in particolare, seppure con variegate sfumature, si attribuisce all’ipoteca natura cautelare rispetto alla esecuzione forzata, essendo l’ipoteca finalizzata a conservare la garanzia del credito tributario impedendo al contribuente di spogliarsi del proprio patrimonio in vista di una eventuale, successiva espropriazione (si vedano ad esempio: Del Federico L., Ipoteca e fermo nella riscossione: tra salvaguardia dell’interesse fiscale e tutela del contribuente, in Giust. trib., 2007, 3, 427 ss.; Guidara A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2010; Ingrao G., La tutela della riscossione dei crediti tributari, Bari, 2012).

Per altri l’ipoteca costituirebbe invece un atto della procedura esecutiva, espressione di poteri autoritativi finalizzati alla fruttuosità della espropriazione (ad esempio, Cantillo M., Ipoteca iscritta dagli agenti della riscossione e tutela giudiziaria del contribuente, in Rass. trib., 2007, 1, 11 ss.), secondo una impostazione che, andando molto indietro nel tempo, affonda le proprie radici nella c.d. teoria processualistica dell’ipoteca di diritto comune (su cui Carnelutti F., Natura giuridica dell’ipoteca, in Riv. dir. proc. civ., 1939, I, 3 ss.); teoria che si contrappone alla tradizionale tesi secondo cui l’ipoteca avrebbe natura di diritto reale di garanzia, per ravvisare in essa una particolare forma di azione esecutiva privilegiata, caratterizzata dal diritto di seguito e dal diritto di prelazione. Peraltro questo orientamento è quello che in un primo momento è prevalso nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (tra le tante: Cass., SS.UU., 24 marzo 2009, n. 7034; Id., 19 marzo 2009, n. 6594; Id., 15 giugno 2009, n. 13930), nell’ambito di un più ampio dibattito in ordine alla individuazione della autorità giurisdizionale cui affidare le opposizioni avverso l’ipoteca dell’Agente della riscossione.

Invero, non pare possano sussistere dubbi sulla natura cautelare dell’ipoteca dell’Agente della riscossione, trattandosi di un provvedimento amministrativo espressione del più ampio potere cautelare dell’Amministrazione finanziaria. Ciò trova fondamento nel seguente, schematico ordine di ragioni: si tratta di atto che si inserisce nel solco della più ampia attività amministrativa di riscossione dei tributi, con la finalità di agevolarne l’esito positivo; è idoneo ad incidere autoritativamente nella sfera giuridica del contribuente, da cui la natura provvedimentale; si pone in rapporto di provvisorietà e strumentalità rispetto ad un potenziale successivo atto, rappresentato dal pignoramento dei beni, a seguito del quale non ha più ragione di esistere. Dovendosene in definitiva escludere la natura di atto dell’esecuzione (o ad essa «preordinato»), giacché la procedura esecutiva esattoriale inizia con il pignoramento (art. 491 c.p.c.).

E del resto il richiamato orientamento giurisprudenziale favorevole all’inquadramento dell’ipoteca quale atto della procedura esecutiva è via via venuto meno a seguito dell’espressa attribuzione al giudice tributario (per mezzo dell’art. 35, comma 26-quinquies, D.L. n. 223/2006) delle controversie in materia di ipoteca (e di fermo dei beni mobili registrati) relative a debiti tributari, essendo stata la novella interpretata come volontà del legislatore di escludere l’ipoteca dalla sfera tipica dell’esecuzione forzata (tra le prime pronunce che hanno affermato il nuovo principio si possono citare Cass., SS.UU., 24 marzo 2009, n. 7034; Cass., 9 giugno 2010, n. 13930).

Sulla base di tale ricostruzione, appare pertanto infondato lo stesso presupposto logico-giuridico su cui poggiano le conclusioni tratte dai Giudici nelle pronunce qui all’esame.

5. Si è già visto che l’art. 77 D.P.R. n. 602/1973 non prevede come condizione per l’iscrizione dell’ipoteca l’esistenza dei presupposti per procedere alla espropriazione dell’immobile ipotecato; anzi, nell’attuale assetto normativo è espressamente stabilito che l’ipoteca possa essere iscritta, purché il credito per il quale si procede non sia inferiore a 20.000 euro, anche in assenza dei presupposti stabiliti dall’art. 76 ai fini della espropriazione immobiliare.

La non necessaria “preordinazione” dell’iscrizione ipotecaria rispetto alla esecuzione forzata è confermata anche dal sistema dell’ipoteca di diritto comune, dal quale l’istituto dell’ipoteca dell’Agente della riscossione è mutuato quanto a contenuto ed effetti.

Per quanto qui maggiormente interessa appare significativo che l’ipoteca sia stata identificata da autorevole dottrina (Fragali M., [voce] Ipoteca [diritto privato], in Enc. dir., XXII, Milano, 1972, 740 ss.) come un diritto reale di garanzia che, per quanto funzionalmente connesso al diritto di credito garantito, mantiene rispetto ad esso una propria strutturale autonomia, che si riverbera anche sulle vicende che caratterizzano il procedimento esecutivo, dalle quali il diritto di ipoteca è concettualmente slegato.

In altri termini, dall’analisi delle caratteristiche essenziali dell’ipoteca di diritto comune non è possibile ricavare un rapporto di strumentalità necessaria tra essa ed il procedimento esecutivo, tale da indurre a concludere che l’ipoteca non possa essere legittimamente iscritta in assenza dei presupposti per procedere alla espropriazione del bene immobile ipotecato. Ciò, pur in mancanza di una specifica previsione normativa che disponga in questo senso (previsione che, per quanto visto, è invece presente in materia tributaria nell’attuale formulazione dell’art. 77 D.P.R. n. 602/1973).

Si potrebbe dire che, costituendo l’ipoteca un vincolo sul bene a scopo di garanzia del diritto di credito, essa presuppone la astratta eseguibilità dell’azione esecutiva relativamente al credito garantito, non anche la concreta esistenza dei presupposti per l’espropriazione (Cannizzaro S., Sull’iscrizione di ipoteca nella fase di riscossione, in Riv. dir. trib., 2008, 4, II, 251 ss.).

6. A questo punto dell’indagine si vogliono formulare alcune considerazioni conclusive, nel quadro dell’ipotetica valutazione di (ir)ragionevolezza dell’assetto normativo dettato dagli artt 76 e 77 D.P.R. n. 602/1973 che i Giudici delle pronunce in commento avrebbero dovuto demandare alla Corte Costituzionale. Tale assetto, che come notato è la risultante delle modifiche introdotte dal D.L. n. 69/2013, è modulato nel senso che l’Agente della riscossione può iscrivere ipoteca anche in ipotesi in cui non è ammessa l’espropriazione immobiliare.

Ora, a ben guardare i diversi limiti positivamente previsti per l’operatività dell’espropriazione immobiliare e per l’iscrizione ipotecaria potrebbero trovare ragionevole giustificazione nel diverso livello di gravità ed incisività che le due misure determinano sul patrimonio immobiliare e più in generale sulla sfera privata del soggetto debitore.

Difatti, la previsione della impignorabilità assoluta della abitazione principale (non di lusso) del debitore e quella relativa alla pignorabilità degli altri beni immobili solamente a fronte di crediti di considerevole importo (superiore a 120.000 euro), sono all’evidenza espressione di valutazioni legislative dettate da ragioni che esorbitano dalla stretta materia fiscale, per assumere a parametro di riferimento valori di importanza primaria, rilevanti anche nel quadro costituzionale, quali la tutela della proprietà privata dell’individuo (da qui l’elevato ammontare del credito che in ogni caso legittima l’espropriazione) e i diritti fondamentali della persona (qui il riferimento è alla impignorabilità assoluta dell’abitazione principale).

Sotto questo profilo, è indubbio che l’iscrizione ipotecaria determini un minore grado di incisività rispetto alla procedura espropriativa, non foss’altro perché l’iscrizione di ipoteca non pregiudica il godimento del bene e, comunque, non ne esclude la trasferibilità (anche se, riducendo il valore del bene, ben può dirsi che l’ipoteca rappresenti quanto meno un pregiudizio in termini fattuali alla circolazione giuridica dell’immobile); mentre, una volta che sia intervenuta l’espropriazione dell’immobile è noto che il godimento della cosa da parte del debitore esecutato è fortemente limitato (si vedano in particolare gli artt. 559-560 c.p.c.), così come lo è la trasferibilità del bene, che è sottoposta ad un regime di inefficacia relativa non producendo effetti verso il creditore pignorante e gli altri creditori che partecipano alla fase esecutiva (si vedano gli artt. 492, c.p.c. e 2913, c.c.).

Ciò può forse considerarsi ragione sufficiente per giustificare, ai fini della adozione dell’ipoteca da parte dell’Agente della riscossione, limiti meno stringenti di quelli valevoli per l’espropriazione immobiliare.

Del resto, se si considera che tali più stringenti limiti all’espropriazione sono stati introdotti in un contesto storico caratterizzato da una generalizzata crisi economico-finanziaria, con il fine (dichiaratamente emergente dalla relazione illustrativa al D.L. n. 69/2013) di «agevolare i contribuenti in difficoltà economica o con momentanea carenza di liquidità», ci si rende subito conto che il rilevato disallineamento tra i limiti di operatività dei due istituti non è stato dettato da esigenze di sistema, bensì avuto riguardo alle contingenze sociali ed economiche del momento, a tutt’oggi perduranti ma che in futuro potrebbero assumere nuove configurazioni. E in questo scenario ipotetico non può certo escludersi la possibilità che il legislatore, nell’esercizio della propria discrezionalità, possa procedere ad un nuovo riallineamento dei limiti in considerazione, sulla falsariga di quanto già avvenuto nel periodo 2010-2013, nei termini più sopra riepilogati.

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