Il saggio analizza le novità apportate al legittimo affidamento come disciplinato nello Statuto dei diritti del contribuente, dopo le modifiche introdotte dall’art. 1, comma 1, lett. l), D.Lgs. n. 219/2023, attuativo dell’art. 4, lett. b), della legge delega n. 111/2023.
The “enhancement” of the taxpayer’s legitimate expectation – The essay analyzes the innovations made to legitimate expectations as regulated in the Statute of Taxpayers’ Rights, after the amendments made by the art. 1, paragraph 1, letter. l), Legislative Decree no. 219/2023, implementing the art. 4, letter. b), of Enabling Law no. 111/2023.
Sommario: 1. Premessa. – 2. La tutela dell’affidamento ante revisione secondo la dottrina e la giurisprudenza domestica di legittimità. – 3. La tutela dell’affidamento ante revisione nella giurisprudenza unionale. – 4. La tutela dell’affidamento ante revisione nella prassi dell’Agenzia delle Entrate. – 5. La portata della novella.
1. Quanto alla revisione dello Statuto dei diritti del contribuente (di seguito “Statuto”), uno dei principi e criteri direttivi specifici della delega consiste nel “valorizzare il principio del legittimo affidamento del contribuente e il principio di certezza del diritto” (v. art. 4, lett. b), L. n. 111/2023).
Il primo principio costituisce, come noto, una particolare prospettiva del secondo. Non vi può essere certezza del diritto senza tutela dell’affidamento, per quanto specificamente riguarda l’ordinamento tributario, senza tutela dell’affidamento del contribuente1.
Trattasi di un principio che valorizza uno status soggettivo ossia la fiducia che il contribuente (e più in generale) l’amministrato ripone vuoi nel comportamento del legislatore, vuoi in quello dell’ente impositore, entrambi tenuti a non contraddirsi, a non venire contra factum proprium.
Lato Amministrazione finanziaria il principio le impone un obbligo di collaborazione e di buona fede (da cui deriva, appunto, anche quello di non contraddirsi e, quindi, di non venire contra factum proprium) che trova il proprio fondamento in valori fondamentali della Costituzione, quali il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.), il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), il principio di legalità (art. 23 Cost.), nonché il principio di uguaglianza, sotto il profilo della parità di trattamento fiscale e della ragionevolezza (art. 3 Cost.).
Considerando, qui, il solo caso dell’affidamento nella condotta dell’ente impositore, le modalità della relativa tutela in teoria spaziano dalla non applicazione delle sanzioni alla non recuperabilità degli interessi e finanche del tributo che non sia stato corrisposto, appunto, confidando nella condotta dell’ente impositore. In ogni caso affinchè vi possa essere tutela, occorre una condotta dell’ente impositore che possa dirsi “qualificata”, una condotta cioè che renda l’affidamento “legittimo”.
Ove, infatti, qualunque comportamento dell’Amministrazione generasse un affidamento tutelabile (si pensi al caso della mera inerzia2), il comportamento medesimo rischierebbe di innovare all’ordinamento giuridico e divenire fonte di diritto, ciò che nel nostro sistema deve escludersi.
In punto di diritto positivo la tutela dell’affidamento del contribuente nella condotta dell’Amministrazione è tema cui si interessa, come noto, l’art. 10 dello Statuto, il quale nel primo comma assegna al principio della collaborazione e della buona fede il ruolo di governare il rapporto tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, mentre nel comma successivo, dispone (nella formulazione pre revisione) che «Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa».
Trattasi di previsione, questa di cui al secondo comma, che, per effetto dell’art. 1, comma 1, lett. l), D.Lgs. n. 219/2023, attuativo del sopra ricordato art. 4, lett. b), della legge delega, è stata integrata con l’aggiunta del seguente periodo: «Limitatamente ai tributi unionali, non sono altresì dovuti i tributi nel caso in cui gli orientamenti interpretativi dell’amministrazione finanziaria, conformi alla giurisprudenza unionale ovvero ad atti delle istituzioni unionali e che hanno indotto un legittimo affidamento nel contribuente, vengono successivamente modificati per effetto di un mutamento della predetta giurisprudenza o dei predetti atti»; integrazione che, secondo quanto dispone l’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 219/2023, si applica «esclusivamente per i rapporti tributari sorti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto».
Considerato il tenore del principio e criterio direttivo da cui muove l’inserimento del periodo in questione, la “valorizzazione” del principio dell’affidamento, dunque, si risolve in un potenziamento del principio medesimo quanto ai soli tributi unionali (o armonizzati).
Il compito di queste brevi note è tentare di comprendere la portata di siffatto potenziamento. Nel far ciò, occorre evidentemente interrogarsi sulle ragioni dell’intervento.
2. Sulla portata dei primi due commi dell’art. 10, in punto di ampiezza della tutela dell’affidamento del contribuente, come noto, si registrano in dottrina posizioni diverse3.
In particolare secondo alcuni la tutela dell’affidamento fa agio sul principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, cosicchè, in presenza di una determinazione “qualificata” dell’Amministrazione finanziaria in relazione ad un caso concreto prospettato dal contribuente, determinazione palesata ufficialmente, la predetta tutela si spingerebbe fino all’inesigibilità del tributo e si avrebbe così una tutela (“piena”) del tutto simile a quella riservata alle risposte ad interpello.
L’opposta posizione fa invece leva sulla lettera del secondo comma dell’art. 10, il quale limita la tutela dell’affidamento all’esclusione delle sole sanzioni e degli interessi, in tal modo rendendo evidente come il legislatore, nel ponderare, i principi di legalità e di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, da un lato, e l’affidamento del contribuente, dall’altro, abbia attribuito preferenza ai primi (ed al principio di capacità contributiva e di uguaglianza) prevedendo una tutela del secondo meramente “parziale”, non estesa, cioè al tributo.
Una tutela dell’affidamento di tipo risarcitorio, per altri, sarebbe prospettabile ipotizzando nella specie la responsabilità civile da danno ingiusto ex art. 2043 c.c., danno cagionato dall’Amministrazione finanziaria venendo contra factum proprium.
Quanto alla giurisprudenza domestica di legittimità, alla dotta sentenza n. 17576/2002 che si era espressa nel senso della più ampia tutela dell’affidamento (legittimo), inclusiva dell’irrecuperabilità del tributo, come noto è seguito un orientamento, oramai consolidato, che circoscrive la tutela “piena” alle sole fattispecie eccezionali.
In particolare, ferma restando quella “tutela minima” (“parziale”), cui è collegata la tutela “parziale” contemplata dall’art. 10, comma 2, L. n. 212/2000, che esclude sanzioni e interessi moratori nel caso di mutamento di orientamento interpretativo dell’Amministrazione finanziaria, la Corte di Cassazione, a far tempo dalla su ricordata sentenza del 2002, ha individuato nei seguenti tre presupposti l’integrazione di un affidamento “pienamente” tutelabile: (i) un’attività dell’Amministrazione finanziaria idonea a determinare una situazione di apparente legittimità e coerenza dell’attività stessa in senso favorevole al contribuente; (ii) la conformazione in buona fede (in senso soggettivo) da parte di quest’ultimo alla situazione giuridica apparente purchè nel contesto di una condotta dello stesso (buona fede in senso oggettivo) connotata dall’assenza di qualsiasi dovere di correttezza gravante sul medesimo (affidamento legittimo); (iii) l’eventuale presenza di circostanze specifiche e rilevanti relative al caso concreto dimostrative dell’esistenza dei predetti presupposti e tra queste il fluire del tempo con il consolidamento della posizione di vantaggio del contribuente.
In presenza di tali presupposti, dunque, la tutela dell’affidamento, per la Corte, potrebbe non essere solo “parziale”, ossia limitarsi alla non debenza di sanzioni ed interessi, ma ricomprendere anche la non esigibilità del tributo4.
E ciò, tuttavia, secondo il più recente sviluppo della giurisprudenza della Suprema Corte, solo in presenza di fattispecie «caratterizzate da circostanze concrete di natura eccezionale», che «non necessariamente ricomprendono quelle in cui l’induzione in errore sia da ascriversi ad informazioni fornite dalla Amministrazione […] con atti interpretativi di carattere generale o con erronee prassi applicative, che sono già espressamente contemplate dalla Legge n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, e sono, dunque, inidonee ad esonerare il contribuente dall’obbligazione tributaria principale»5.
3. Quanto alla prospettiva unionale, il dato di partenza consiste in ciò che, seppure il principio del legittimo affidamento non abbia una esplicita formulazione nel diritto europeo, essendo il frutto dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia, lo stesso viene considerato dalla Corte medesima, in una al principio della certezza del diritto, parte dell’ordinamento giuridico comunitario, e, pertanto, deve essere rispettato dalle istituzioni comunitarie e dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle Direttive comunitarie6.
In tema di tutela dell’affidamento del contribuente nel comportamento dell’Amministrazione finanziaria, sul piano unionale, si è soliti fare riferimento, come leading case, alla nota sentenza “Elmeka” del 20067 nella quale viene in considerazione l’IVA non applicata in ragione di un’interpretazione dell’Autorità fiscale successivamente modificata.
La Corte in quel caso era chiamata a decidere se fosse legittima la pretesa dell’Amministrazione finanziaria di applicare l’IVA per un periodo pregresso laddove un primo chiarimento della stessa nel senso della non applicabilità del tributo sia stato successivamente revocato in quanto ritenuto erroneo.
Come evidenziato da attenta dottrina8, nel caso “Elmeka”, ciò che risultava controverso non era tanto l’effetto di affidamento, quanto, ancor prima, se nella specie si fosse prodotto un affidamento legittimo: e la risposta della Corte è che l’effetto di affidamento si può produrre laddove l’atto che l’ha ingenerato promani dall’Autorità competente. In particolare, nel confermare la proposta di soluzione della controversia dell’Avvocato Generale, la sentenza “Elmeka” si esprime per l’illegittimità della pretesa dell’imposta ritenendo che, «Nell’ambito del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, le Autorità tributarie nazionali sono tenute a rispettare il principio della tutela del legittimo affidamento. Spetta al giudice del rinvio valutare se, nelle circostanze delle cause principali, il soggetto passivo potesse ragionevolmente presumere che la decisione controversa fosse stata adottata da un’Autorità competente»; in tal guisa superandosi la posizione del Governo italiano secondo cui «il giusto equilibrio tra la salvaguardia dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, da un lato, e l’esigenza di rispettare la normativa comunitaria in materia di IVA, dall’altro, deve avere come conseguenza che […] lo Stato ellenico possa certamente procedere al recupero dell’imposta, ma non infliggere una multa o esigere il pagamento di interessi».
Ciò che conta, per la sentenza “Elmeka”, ai fini della qualificazione dell’affidamento come legittimo, è la provenienza del chiarimento da un’Autorità fiscale competente ad emanare l’atto “affidante”. Di talchè, ove risulti che il contribuente non possa ragionevolmente rendersi conto dell’incompetenza dell’Autorità amministrativa che fornisce l’informazione e se questa ha prodotto fondate aspettative in un operatore professionale diligente, il tributo non può essere recuperato9.
Diversamente, qualora un operatore economico “prudente e accorto” sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, non è possibile invocare la violazione del principio del legittimo affidamento allorquando il provvedimento venga adottato dall’Autorità amministrativa10.
Vi sono inoltre precedenti in cui la Corte di giustizia ha ulteriormente affermato che «il principio della tutela del legittimo affidamento spetta a qualsiasi amministrato nel quale un’istituzione dell’Unione abbia ingenerato fondate aspettative fornendogli precise assicurazioni», laddove può parlarsi di «assicurazioni siffatte quando vengano fornite informazioni precise, incondizionate e concordanti, quale che sia la forma in cui queste vengono comunicate»11.
La dottrina “Elmeka” è stata successivamente confermata, ancora con riferimento all’IVA, da due precedenti del 2015, segnatamente le sentenze “Salomie e Oltean”12 e “Cabinet Medical Veterinar Dr. Tomoiagă Andrei”13.
Entrambe si esprimono nel senso che il tributo in questione non possa essere preteso qualora la prassi dell’Amministrazione finanziaria abbia ingenerato in capo ad un operatore economico prudente e accorto un ragionevole affidamento sulla non applicazione dell’imposta.
Con particolare riferimento all’IVA, peraltro, la tutela “piena” dell’affidamento del contribuente è tanto più giustificata ove si consideri il rischio dell’infruttuoso esercizio della rivalsa attivata a seguito della richiesta del tributo formulata a distanza di tempo dall’effettuazione dell’operazione14.
Con la più recente sentenza AbSEB bankas del 201815, tuttavia, la dottrina “Elmeka” parrebbe subire un ridimensionamento.
Ed invero, in detta sentenza, ancora in materia di IVA, la Corte di Giustizia esclude la tutela “piena” dell’affidamento del contribuente nel caso in cui lo stesso sia generato da una prassi dell’Amministrazione finanziaria (nella specie il commento ufficiale alla legge IVA lituana pubblicato dal locale Ispettorato nazionale delle imposte) rivelatasi ex post illegittima e ciò purchè «la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione tributaria, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione»; ed il fatto che il dies a quo del termine di decadenza dipenda, nella vicenda esaminata dalla Corte, «dalle circostanze fortuite da cui è emersa l’illegittimità della detrazione e che, in particolare, tale dies a quo sia fissato, come vorrebbe il governo lituano, alla data in cui l’acquirente ha ricevuto la nota di credito con cui il venditore ha unilateralmente rettificato l’importo del terreno al netto dell’imposta includendovi l’IVA diversi anni dopo la vendita, può costituire una violazione del principio della certezza del diritto, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare» (così il punto 52).
Il caso esaminato nel precedente Ab SEB bankas riguarda, in particolare, un acquisto di terreno edificabile del 2007 trattato come operazione imponibile sulla base di una prassi che in punto di concetto di “terreno edificabile” veniva circa due anni dopo superata, siccome ritenuta errata, con una decisione della locale Lietuvos vyriausiasis administracinis teismas (Corte amministrativa suprema), trasformandosi così il suddetto acquisto in operazione esente ed il tributo corrisposto indebitamente detratto (contestazione mossa dall’Amministrazione finanziaria lituana nel 2013)16.
La soluzione individuata dalla Corte, conforme alle conclusioni dell’Avvocato Generale, parrebbe dunque ridimensionare non poco la portata della dottrina “Elmeka” quantomeno in relazione al caso di orientamenti interpretativi “affidanti” non contenuti in atti indirizzati specificamente al contribuente (è il caso, ad esempio, di circolari interpretative).
Del resto, una diversa lettura del precedente del 2018, tale per cui tutte le volte in cui l’atto affidante, indirizzato o meno al singolo contribuente, si riveli ex post errato, anche in ragione di «una decisione di una giurisdizione nazionale superiore (come una Corte amministrativa superiore)»17 relegherebbe la tutela “piena” dell’affidamento ad un mero simulacro.
4. Nel senso della tutela “piena” del legittimo affidamento si rinvenivano, prima della revisione che ne occupa, anche alcuni documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate.
Trattasi, in particolare delle circolari 4 aprile 2007, n. 19/E, e 19 dicembre 2013, n. 36/E (si noti, entrambe di data anteriore alla ricordata sentenza SEB bankas Ab).
Nella prima circolare, l’Agenzia delle Entrate ha modificato l’orientamento interpretativo dalla stessa in precedenza palesato con la circ. 29 dicembre 2006, n. 37/E, concernente l’introduzione del meccanismo del reverse charge per le prestazioni di subappalto nel settore edile, in cui si era affermato che «sono estranee all’applicazione di tale meccanismo le prestazioni poste in essere all’interno dei rapporti associativi, quali quelli consortili, in quanto non configurabili come subappalti o ipotesi affini».
Dopo aver ricordato che, «Secondo le indicazioni fornite con la circolare richiamata, nella ipotesi in cui il consorzio affidi l’esecuzione dei lavori ai soci, le prestazioni effettuate dalle società consorziate restano assoggettate ad IVA secondo le ordinarie modalità di applicazione del tributo, mentre i consorzi operanti nel settore edile, qualora abbiano rilevanza esterna, per le prestazioni rese a terzi (appaltatori o subappaltatori) in esecuzione di contratti di subappalto, sono tenuti ad applicare l’IVA mediante il meccanismo del reverse charge», con la circ. n. 19/E/2007 si è mutato orientamento, affermandosi che, «qualora il consorzio agisca sulla base di un contratto di subappalto assoggettabile alla disciplina del reverse charge, tale modalità di fatturazione, riverberandosi anche nei rapporti interni, è applicabile anche da parte delle società consorziate sempreché le prestazioni da esse rese al consorzio siano riconducibili alla specifica disciplina delineata con riferimento al settore edile dall’art. 17, sesto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972».
In base a tale mutamento di indirizzo, ove i contribuenti si fossero in precedenza conformati all’orientamento interpretativo della circ. n. 37/E/2006, superato dalla circ. n. 19/E/2007, ne sarebbero derivate, da un lato, l’erronea applicazione dell’imposta da parte dei consorziati (e quindi l’indebita detrazione da parte dei consorzi) e, dall’altro, l’erronea mancata applicazione dell’imposta (mediante reverse charge) da parte dei consorzi. Senonchè, la circ. n. 19/E/2007 non afferma soltanto che, per chi si è attenuto al comportamento non più corretto in base al mutato orientamento dell’Agenzia delle Entrate, “non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori”, ma dichiara espressamente che non è posta in discussione neppure l’imposta, dovendosi ritenere regolarmente fatturate le operazioni per cui è stato applicato il precedente orientamento: per i comportamenti posti in essere prima della sua emanazione non è dunque in discussione né l’erronea applicazione dell’IVA da parte del consorziato né la mancata applicazione dell’imposta (mediante reverse charge) da parte dei consorzi.
Anche la circ. n. 36/E/2013 si esprime nel senso che il legittimo affidamento esclude la debenza dell’imposta. In tale circolare, infatti, nel modificare il proprio orientamento relativo al trattamento ai fini impositivi degli impianti fotovoltaici, l’Agenzia afferma che il revirement ha effetto solo pro futuro («sono fatti salvi, ai sensi dell’art. 10 dello Statuto del contribuente [‘Tutela dell’affidamento e della buona fede’], i comportamenti tenuti dai contribuenti ai fini delle imposte dirette ed indirette, sulla base delle diverse indicazioni rese con precedenti documenti di prassi»); in tal modo evidentemente ritenendosi che l’effetto del legittimo affidamento inibisca non solo l’applicazione di interessi e l’irrogazione di sanzioni, bensì anche il recupero del tributo.
5. Questo, dunque, il quadro interpretativo all’interno del quale calare la novella di cui al D.Lgs. n. 219/2023 nella parte in cui è volta, appunto, a “valorizzare” il legittimo affidamento.
Valorizzazione che il legislatore delegato ha evidentemente inteso a senso unico ossia garantendo al legittimo affidamento una tutela “piena”, come si vedrà comunque condizionata, nel solo caso in cui vengano in considerazioni tributi unionali (o, per meglio dire, armonizzati); solo per questi, infatti, il nuovo secondo comma dell’art. 10 dello Statuto prevede, a certe condizioni, l’irrecuperabilità del tributo in una alla non applicazione di interessi e sanzioni.
Si è visto, in particolare che il nuovo periodo inserito nel secondo comma dell’art. 10 dello Statuto prevede che «Limitatamente ai tributi unionali», oltre a sanzioni ed interessi, «non sono altresì dovuti i tributi nel caso in cui gli orientamenti interpretativi dell’amministrazione finanziaria, conformi alla giurisprudenza unionale ovvero ad atti delle istituzioni unionali e che hanno indotto un legittimo affidamento nel contribuente, vengono successivamente modificati per effetto di un mutamento della predetta giurisprudenza o dei predetti atti» (previsione, come detto, applicabile “esclusivamente”ai rapporti tributari sorti successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 219/2023).
Si tratta di una previsione molto diversa da quella in origine contenuta nel comma 2-bis dell’art. 10 dello Statuto siccome ipotizzata nella versione originaria del decreto delegato per la quale, per quanto attiene, appunto, ai tributi unionali, la tutela piena si aveva «quando le indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorchè da essa successivamente modificate, per la loro formulazione precisa ingenerano nel contribuente un ragionevole affidamento», in tal caso non essendo «dovuti tributi, sanzioni ed interessi con riferimento al periodo di vigenza del tributo».
Il motivo del ripensamento non è affatto chiaro, ma forse è dovuto proprio alla ricordata sentenza AbSEB bankas che ha escluso la tutela “piena” laddove l’affidamento sia generato da una prassi illegittima.
Certo è che comunque, così come formulato oggi il secondo comma dell’art. 10 dello Statuto, la valorizzazione dell’affidamento si riduce a ben poca cosa18.
Se, infatti, l’intenzione era quella di uniformarsi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, inclusa la sentenza Ab SEB bankas del 2018, il tentativo risulta mal riuscito giacchè, in disparte la circostanza che raramente si danno casi di affidamenti generati da «orientamenti interpretativi dell’amministrazione finanziaria, conformi alla giurisprudenza unionale ovvero ad atti delle istituzioni unionali», orientamenti che vengano «successivamente modificati per effetto di un mutamento della predetta giurisprudenza o dei predetti atti», in ogni caso la novella si perde la rilevanza del fattore tempo, che nel dianzi citato precedente della Corte di Giustizia del 2018 costituiva lo spartiacque tra affidamento legittimo o meno.
Onde il rischio è quello di una norma che non recepisce né la dottrina “Elmeka”, né l’orientamento più recente di cui alla sentenza AbSEB bankas.
Ferma rimanendo, ovviamente, quanto all’irretroattività della nuova disciplina, la possibilità di superarla invocando direttamente la sopra ricordata giurisprudenza unionale in materia di IVA; ciò pure ipotizzando che la sentenza del 2018 non possa esser letta nel senso di un totale superamento dell’orientamento “Elmeka” (almeno limitatamente al caso di prassi non rivolta specificamente al contribuente “affidante”).
Un ulteriore aspetto su cui occorre riflettere è lo iato che la novella oggi crea tra la tutela del legittimo affidamento in sede unionale e la tutela relativa al comparto dei tributi “domestici” giacchè per questi ultimi il tributo non è recuperabile salvo il caso delle fattispecie eccezionali di cui alla giurisprudenza domestica di legittimità. Trattasi di iato che potrebbe essere censurabile per violazione dell’art. 3 Cost., se non altro quando l’affidamento del contribuente si basi su prassi legittime, siccome palesemente irragionevole e discriminatorio a danno del comparto impositivo domestico19.
Invero, la tutela “piena” del legittimo affidamento del contribuente dovrebbe riguardare allo stesso modo tributi armonizzati e non20.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Della Valle E., Affidamento e certezza del diritto tributario, Milano, 2001, 113 ss.
Logozzo M., Il principio del legittimo affidamento tra tutela “piena”, tutela “parziale” e prospettive evolutive, in Manzon E. – Melis G. (a cura di), Il diritto tributario nella stagione delle riforme. Dalla legge 130/2022 alla legge 111/2023, Pisa, 2024, 149 ss.
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Maspes V.P., Legittimo affidamento: fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio?, in Corr.trib., 2021, 1, 91 ss.
Melis G., Una visione d’insieme delle modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente: i principi generali, in il fisco, 2024, 47/48, 4441 ss.
Stevanato D., Buona fede e collaborazione nei rapporti tra Fisco e contribuente, in Marongiu G. (a cura di), Lo Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2004, 149 ss.
Stevanato D., Tutela dell’affidamento e limiti all’accertamento del tributo, in Rass. trib., 2003, 2, 815 ss.;
Trivellin M., Il principio di buona fede nel rapporto tributario, Milano, 2009, 166 ss.
* In corso di pubblicazione su Giovannini A. (a cura di), “La riforma tributaria – Diritti e procedimenti – vol. III diritti del contribuente, gli adempimenti e la tutela giurisdizionale“, Pisa.
1 Sull’affidamento del contribuente, tra gli altri, v. Trivellin M., Il principio di buona fede nel rapporto tributario, Milano, 2009, 166 ss.; Logozzo M., L’ignoranza della legge tributaria, Milano, 2002, 219 ss.; Marongiu G., Lo Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2008, 102 ss.; Della Valle E., Affidamento e certezza del diritto tributario, Milano, 2001, 113 ss.; Stevanato D., Tutela dell’affidamento e limiti all’accertamento del tributo, in Rass. trib., 2003, 2, 815 ss.; Id., Buona fede e collaborazione nei rapporti tra Fisco e contribuente, in Marongiu G. (a cura di), Lo Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2004, 149 ss.; Colli Vignarelli A., Considerazioni sulla tutela dell’affidamento e della buona fede nello Statuto dei diritti del contribuente, in Riv. dir. trib., 2001, 6, I, 673.
2 Cfr. Cass., SS.UU., sent. 5 marzo 2021, n. 8550, nella quale si legge che tra le situazioni di tutela dell’affidamento «E tuttavia, tra queste situazioni non può farsi rientrare la mera inerzia dell’amministrazione che sia incorsa in decadenza nell’accertare la dichiarazione di prima deduzione dell’elemento pluriennale. Da questa circostanza il contribuente non può realisticamente trarre alcun convincimento tutelabile circa la correttezza del proprio operato e la legittimità della sua reiterazione nelle dichiarazioni successive; reiterazione che di certo non potrebbe reputarsi “direttamente conseguente”, e men che meno causalmente determinata, dalla mancata sottoposizione a verifica di una annualità pregressa. Se in via generale deve escludersi che il solo decorso del tempo ed il comportamento meramente passivo dell’amministrazione finanziaria siano suscettibili di produrre nel contribuente un affidamento tutelabile, a maggior ragione questa conclusione si impone nello specifico caso del mancato esercizio della potestà di rettifica. Comportamento, questo, notoriamente dipendente da una serie assai complessa ed eterogenea di variabili, e di per sè privo di significatività all’interno di un sistema impositivo che, soprattutto in campo reddituale trova il proprio fulcro non nell’accertamento (evento che resta pur sempre secondario nella dinamica complessiva delle entrate tributarie) ma nella fisiologia della dichiarazione quale vero e proprio atto di responsabilità autoimpositiva ed autoliquidativa».
3 Per una sintesi delle quali v. Logozzo M., Il principio del legittimo affidamento tra tutela “piena”, tutela “parziale” e prospettive evolutive, in Manzon E. – Melis G. (a cura di), Il diritto tributario nella stagione delle riforme. Dalla legge 130/2022 alla legge 111/2023, Pisa, 2024, 149 ss.
4 Cfr., Cass., sez. trib., sent. 6 ottobre 2006, n. 21513; Cass., sez. trib., sent. 5 giugno 2007, n. 18218; Cass., sez. trib., sent. 13 maggio 2009, n. 10982; Cass., sez. VI, ord. 14 gennaio 2015, n 537; Cass., sez. trib., ord. 9 gennaio 2019, n. 370; Cass., sez. trib., sent. 11 maggio 2021, n. 12372; Cass., sez. trib., ord. 21 giugno 2021, n. 17588.
5 In questi termini, cfr. Cass., sez. trib., sent. 17 ottobre 2019, n. 26355.
6Ex multis v. le sentenze della Corte di Giustizia CE, 26 aprile 2005, causa C-376/02, par. 32, Stichting e 15 febbraio 1996, causa C-63/93, Duff.
7 Trattasi della sentenza della Corte di Giustizia CE, 14 settembre 2006, cause riunite da C-181/04 a C-183/04.
8 Maspes V.P., Legittimo affidamento: fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio?, in Corr.trib., 2021, 1, 92.
10 Cfr. Corte di Giustizia CEE, 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre.
11 Cfr. Corte di Giustizia UE, 16 dicembre 2010, causa C-537/08, Kahla Thuringen e Corte di Giustizia UE, 16 dicembre 2008, causa C-47/07, Masdar (UK) c. Commissione.
12 Corte di Giustizia UE, 9 luglio 2015, causa C-183/14.
13 Corte di Giustizia UE, 9 luglio 2015, causa C-144/14.
14 Così Maspes P., op. cit., 93, il quale evidenzia come proprio per questa ragione il legittimo affidamento – potrebbe addirittura rendere illegittima l’adozione di norme con effetto retroattivo (la Corte si è occupata di tale tema proprio in relazione a norme in materia di IVA: v., tra le altre, la sentenza della Corte di Giustizia 3 dicembre 1998, causa C-381/1997, caso “Belgacodex”, secondo cui “Spetta al giudice nazionale valutare se una violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento o della certezza del diritto sia stata commessa con l’abolizione retroattiva di una legge il cui decreto di esecuzione non è stato adottato”, nonchè la sentenza 12 maggio 2011, causa C107/10, caso “Enel Maritsa Iztok 3 AD”, secondo cui “il principio della tutela del legittimo affidamento osta a che una modifica della normativa nazionale privi un soggetto, con effetto retroattivo, di un diritto di cui disponeva anteriormente a tale modifica” [cfr. il punto 40]) ed impedire la restituzione di aiuti di Stato illegittimamente acquisiti (v., tra le altre, Corte di Giustizia CE, 19 settembre 2002, causa C-336/00, caso “Martin Huber”, con cui la Corte ha ritenuto che “Il diritto comunitario non osta a che si applichino i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto al fine di escludere la restituzione di aiuti cofinanziati dalla Comunità indebitamente erogati, a condizione che sia preso in considerazione anche l’interesse di quest’ultima. L’applicazione del principio della tutela del legittimo affidamento presuppone che venga accertata la buona fede del beneficiario della sovvenzione di cui trattasi”).
15 Sentenza 11 aprile 2018, causa C-532/16, SEB bankas AB.
16 Si legge nelle conclusioni dell’Avvocato Generale Michal Bobek del 20 dicembre 2017 che, «Come ricordato dalla Corte nella sentenza Nigl e a., “il principio di certezza del diritto non osta a che l’amministrazione fiscale proceda, entro [i termini applicabili], a una rettifica dell’IVA riguardante l’imposta detratta o i servizi già prestati, i quali avrebbero dovuto essere assoggettati a tale imposta”. La Corte ha altresì dichiarato che ciò vale ugualmente qualora «un regime, del quale beneficia un debitore dell’IVA, viene rimesso in discussione da parte dell’amministrazione fiscale, anche per un periodo precedente la data in cui è stata svolta una siffatta valutazione, ma a condizione che la suddetta valutazione intervenga entro il termine di prescrizione dell’azione dell’amministrazione fiscale e che i suoi effetti non retroagiscano a una data precedente rispetto a quella in cui si sono verificati gli elementi di diritto e di fatto sui quali è fondata la valutazione stessa».
17 Cfr. il punto 79 delle citate conclusioni dell’Avvocato Generale Michal Bobek. In tali conclusioni si legge ancora che, «Nel caso in questione, sarebbe concepibile, per esempio, che un giusto equilibrio tra l’eventuale necessità, sotto il profilo giuridico, di rettificare la classificazione dell’operazione e la tutela delle legittime aspettative della SEB bankas (qualora dopo la valutazione fattuale si potesse affermare che esse erano effettivamente generate dal comportamento dell’autorità nazionale) potrebbe forse risiedere nel consentire la riclassificazione dell’operazione, senza penalizzare la SEB bankas in alcun modo, vale a dire, non infliggendole alcun interesse di mora o sanzione […]» e, «laddove l’autorità competente rettifichi gli obblighi fiscali di un soggetto passivo, come la SEB bankas, in seguito a una (ri)classificazione di una cessione ai fini dell’IVA, come la cessione del terreno nel procedimento principale, questa autorità dovrà stabilire un equilibrio congruo tra gli obblighi di garantire la neutralità fiscale e dell’applicazione uniforme del diritto e le legittime aspettative di tale soggetto».
18 Cfr. Melis G., Una visione d’insieme delle modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente: i principi generali, in il fisco, 2024, 47/48, 4447.
19 Il punto è lucidamente colto da Melis G., op. e loc. cit., 4447-4448, secondo cui «alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza di legittimità e della chiara incompatibilità con il diritto unionale dell’art. 10, comma 2, appena evidenziata, si sarebbe forse potuto giungere ad una soluzione unitaria, che ripercorresse, mutatis mutandis, la vicenda già vista per l’abuso del diritto: vale a dire, nel caso di specie, la previsione di un’unica disposizione che, nel caso di ragionevole affidamento su una prassi “precisa” nei suoi contenuti, determinasse la non debenza anche del tributo, come da tempo auspicato e sostenuto nella dottrina tributaristica. Ma il legislatore, evidentemente, non se la è sentita di compiere un così forte passo in avanti. Così come si sarebbe potuto prevedere un affidamento tutelabile in presenza di un orientamento giurisprudenziale univoco, siccome conoscibile dalla stessa Amministrazione finanziaria».
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