La miniriforma della riscossione: tra Statuto del contribuente e (schema di) decreto legislativo

Di Antonio Guidara -

Abstract (*)

La riforma della riscossione voluta dalla legge delega per la riforma fiscale 9 agosto 2023, n. 111 passa non soltanto per i principi e criteri direttivi di cui all’art. 18 della stessa «[] per la revisione del sistema nazionale della riscossione», ma anche per altri principi e criteri direttivi: generali, di cui all’art. 4 «[] per la revisione dello statuto dei diritti del contribuente»; e speciali, contemplati in altre previsioni, quali quelle degli artt. 14, dedicato alle entrate degli enti locali, e 19, dedicato al processo tributario. Tuttavia le attuazioni datene finora sono risultate insoddisfacenti: così il D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, che reca modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente, come anche lo schema di decreto legislativo («di riordino del sistema nazionale della riscossione») predisposto in attuazione dell’art. 18 citato, ai quali si presta principalmente attenzione in questa sede. E se è vero che la legge delega presentava forti limiti, il legislatore delegato ha comunque disatteso le aspettative, al punto che quella realizzata può dirsi una “miniriforma della riscossione”.

The “mini-reform of tax collection”: between the Taxpayer’s Statute and the (draft of) legislative decree – The reform of the tax collection, ordered by enabling law n.111 of August 9, 2023, passes not only through principles and criteria provided by article 18 of the same law, for which «[] for the reform of the national tax collection system», but even through other principles and criteria: both general ones, provided by article 4 «[] for the reform of the Statute of Taxpayer’s rights»; and special ones, provided by other articles, such as article 14, that refers to local entities revenues, and article 19 that refers to tax trial. However, the implementations that have already been introduced are at least unsatisfactory: thus, legislative Decree n. 219 of December 30, 2023, that amends the Statute of Taxpayer’s rights, as well as the draft of the legislative Decree («on the reorganization of the national system of tax collection») made as an implementation of article 18, that will be focused here. And even if the enabling law has severe limitations, the delegate legislator has nevertheless neglected common expectations, to the point that the one introduced might be considered as a “mini-reform of tax collection”.

Sommario: 1. Delimitazione e articolazione dell’indagine. – 2. Gli interventi sulla riscossione in seno allo Statuto dei diritti del contribuente: l’invalidità degli atti della riscossione. – 3. (Segue). Altri profili: contraddittorio, accesso agli atti, autotutela, motivazione. – 4. Lo schema di decreto legislativo: efficienza e semplificazione dei sistemi della riscossione come anche potenziamento della riscossione coattiva. – 5. (Segue). Altri interventi richiesti dalla delega: dilazioni di pagamento e nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione. – 6. Cenni sugli altri interventi legislativi, non compiuti o in itinere, in materia di riscossione delle entrate degli enti locali e di tutela avverso gli atti dell’esecuzione forzata. – 7. Un primo bilancio.

1. Ho già commentato la legge delega per la riforma fiscale, la n. 111 del 9 agosto 2023, laddove si manda al Governo di riformare la riscossione (cfr. La riforma della riscossione: luci ed ombre di una delega frettolosa, in Manzon E. – Melis G., a cura di, Il diritto tributario nella stagione delle riforme. Dalla legge 130/2022 alla legge 111/2023, Pisa, 2024, 205-215), e pertanto posso dirmi agevolato in questa mia relazione, perché in definitiva procedo a completare il percorso di riflessione già avviato a suo tempo e naturalmente lo faccio alla luce delle diverse attuazioni della delega frattanto intervenute.

Così risalta lo schema di decreto legislativo recante «Disposizioni in materia di riordino del sistema nazionale della riscossione», approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta dell’11 marzo scorso, in applicazione di «Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale della riscossione» richiesti dall’art. 18 (così la rubrica dell’articolo). Ma, come rilevato in sede di commento alla legge delega (nello scritto summenzionato), oltre che per tali novelle la riforma della riscossione passa per altri interventi legislativi in applicazione di altri principi e criteri direttivi: generali, in quanto buona parte delle previsioni dell’art. 4 (in tema di «Princìpi e criteri direttivi per la revisione dello statuto dei diritti del contribuente») sono riferibili anche alla riscossione, al di là del testuale riferimento presente nella lett. g) del comma 1; e speciali, in particolare presenti nell’art. 14, relativo alla fiscalità degli enti locali, e nell’art. 19, relativo al contenzioso tributario. Come anche alla riscossione si riferiscono le più ambiziose previsioni finali della legge delega, di cui agli artt. 21 e 22, relative a Testi unici e Codici: è dello scorso 13 marzo l’approvazione della bozza, tra gli altri, di un Testo Unico “Versamenti e riscossione1.Tuttavia di questi altri interventi legislativi si è realizzato solo quello di revisione dello Statuto dei diritti dei contribuenti, in applicazione dell’art. 4 cit., con il D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219. Non si hanno notizie dell’attuazione dell’art. 14 sulla fiscalità locale («Princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema fiscale dei comuni, delle città metropolitane e delle province»), non solo laddove si riferisce alla riscossione. Quanto alla riscossione risultano disattese – dal D.Lgs. 30 dicembre 2023. n. 220 (contenente le «Disposizioni in materia di contenzioso tributario») – le previsioni dell’art. 19 relativo al contenzioso tributario («Princìpi e criteri direttivi per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario»). Ed ancora quanto alla bozza di Testo Unico, si esprimono delle riserve, giacché manca quel coordinamento sostanziale richiesto dall’art. 21 della delega che porti ad un vero consolidamento della disciplina.

Sicché, nelle pagine che seguono, come appunto si evidenzia nel titolo di questa relazione, si presterà attenzione principalmente agli interventi sullo Statuto e allo schema di decreto legislativo di attuazione dell’art. 18 della delega, accennando agli altri aspetti in un finale più piccolo paragrafo.

L’approccio della relazione è probabilmente descrittivo, per la novità e per gli ambiti degli interventi legislativi, ma anche per la pochezza degli stessi, e vuole essere più che altro funzionale a rappresentare, realisticamente e quanto al tema assegnato, “l’attuazione della riforma tributaria” richiesta dal Convegno. Ciò anche perché, nonostante l’ambizione di «individuare un nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione»2, manca una visione completa e di sistema e, ahinoi, si continua ad avere a che fare con una disciplina che nella sostanza è risalente, riproponendo schemi vecchi anche di secoli (riconducibili alla L. 20 aprile 1871, n. 192, per non andare a ritroso della nascita del Regno d’Italia), concepiti per imprenditori che anticipavano agli enti pubblici le entrate di cui questi avevano bisogno.

2. Tra i principi e criteri direttivi generali di cui all’art. 4 della legge delega (dedicato alla revisione dello Statuto dei diritti del contribuente: «Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva altresì i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici per la revisione dello statuto dei diritti del contribuente, di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212, le cui disposizioni costituiscono princìpi generali dell’ordinamento e criteri di interpretazione adeguatrice della legislazione tributaria []») risalta la previsione della lett. g) del comma 1, che contiene un riferimento esplicito alla riscossione: «g) prevedere una disciplina generale delle cause di invalidità degli atti impositivi e degli atti della riscossione»3.Tuttavia il legislatore delegato non sembra aver colto la specificità del riferimento. Il che potrebbe essere inteso positivamente nel senso che probabilmente non vi è motivo di distinguere quanto all’invalidità tra gli atti impositivi e gli atti di riscossione, come anche e in più in generale tra gli atti espressivi delle diverse attività dell’amministrazione finanziaria.

Tuttavia, se si guarda alla disciplina dettata dal legislatore delegato, residuano pur sempre perplessità: si assiste, infatti, ad una traduzione discutibile e restrittiva dell’indicazione della delega, in quanto, ad esempio, l’art. 7-bis dello Statuto dei diritti del contribuente riferisce l’annullabilità a «gli atti dell’amministrazione finanziaria impugnabili dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria»4, diversamente dall’art. 7-ter dello Statuto che riferisce la nullità a «gli atti dell’amministrazione finanziaria»5: il che pone il problema proprio per la riscossione, visto che ci sono atti della stessa, quelli della sua fase finale, la cui cognizione è devoluta al giudice ordinario ai sensi dell’art. 2 D.Lgs. n. 546/19926 nei limiti in cui rinvia al D.P.R. n. 602/19737.Inoltre, ai fini che qui interessano, uno specifico rilievo assume l’introduzione dell’art. 2-quater, dedicato all’irregolarità degli atti dell’Amministrazione finanziaria, per il quale: «La mancata o erronea indicazione delle informazioni di cui all’articolo 7, comma 2, non costituisce vizio di annullabilità»8. Tale previsione consente di superare la disciplina recata dall’art. 36, comma 4-ter, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (aggiunto in sede di conversione)9, nel senso di convertire in irregolarità la (discutibile) nullità per mancata indicazione del responsabile del procedimento di ruolo e cartella di pagamento, da quest’ultimo prevista. Ed ancora uno specifico rilievo assume la trasformazione in annullabilità della nullità prevista dall’art. 6, comma 5, dello Statuto, laddove l’Amministrazione che proceda alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, non abbia invitato il contribuente a fornire chiarimenti o a produrre documenti10. Non constano per il resto altri interventi riguardanti atti della riscossione. Non si trascuri, poi, che l’art. 7-bis citato (a differenza dell’omologo art. 21-octies L. n. 241/1990) tra le cause di annullabilità degli atti non menziona l’eccesso di potere, vizio proprio dell’agire discrezionale: il che ridonda proprio sugli atti della riscossione, i quali, se si esclude la fase iniziale di essa, sono dotati di una normale discrezionale; anche se l’omissione è probabilmente recuperabile tra le pieghe di una littera legis non proprio “cristallina”.

3. Passando ad altri profili della revisione dello Statuto dei diritti del contribuente, non possono non riferirsi anche all’attività amministrativa di riscossione le previsioni di cui all’art. 4, comma 1, lettera «f) prevedere una generale applicazione del principio del contraddittorio a pena di nullità», ma anche lettere: «e) prevedere una disciplina generale del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario»; «h) potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, prevedendo l’impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi nonché, con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate, limitando la responsabilità nel giudizio amministrativo contabile dinanzi alla Corte dei conti alle sole condotte dolose».

Nessuna specificazione di tali indicazioni ha fatto il legislatore delegato quanto alla riscossione.

Così guardando alla prima previsione, si osserva come l’art. 6-bis dello Statuto restringa il contraddittorio a «tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria»: ciò vuol dire che così restano fuori tutti quegli atti della riscossione, per i quali manca un’espressa indicazione di autonoma impugnabilità (qui l’aggiunta dell’avverbio “autonomamente” rende la traduzione legislativa del delegato più rigorosa rispetto a quanto avvenuto nell’art. 7-bis citato): ad esempio, circa sospensioni della riscossione, dilazioni di pagamento, pagamenti dei tributi mediante cessioni di beni culturali, compensazioni diverse da quelle ex art. 23 D.Lgs. n. 472/1997. Ancora, lo stesso art. 6-bis contempla importanti esclusioni, in quanto al comma 2 si afferma che «non sussiste il diritto al contraddittorio ai sensi del presente articolo per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione». Entrambi i profili summenzionati, ovviamente, non sono nella delega.

Come se non bastasse di recente il D.M. 24 aprile 2024 in applicazione dell’art. 6-bis, comma 2, cit. vanifica nella sostanza il contraddittorio nella riscossione, dal momento che per l’art. 2, comma 1, di esso: «sono esclusi dall’obbligo di contraddittorio, di cui all’articolo 6-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, i seguenti atti: a) i ruoli e le cartelle di pagamento, gli atti di cui agli articoli 50, comma 2, 77 e 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ogni altro atto emesso dall’Agenzia delle entrate-Riscossione ai fini del recupero delle somme ad essa affidate […] gli atti di intimazione autonomi di cui all’articolo 29 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché gli atti di intimazione emessi per decadenza dalla rateazione»11. Anche il decreto ministeriale ovviamente non rispetta la delega. Esso, per di più, contraddice anche l’art. 6-bis, comma 2, dello Statuto, di cui è applicazione. Infatti, a tacer d’altro si osserva che: non tutti i ruoli sono automatizzati o sostanzialmente automatizzati, potendo essi svolgere anche una funzione di accertamento; di certo non sono automatizzati o sostanzialmente automatizzati ipoteche e fermi dei veicoli ex artt. 77 e 86 D.P.R. n. 602/1973, che anzi esprimono ampia discrezionalità amministrativa (già nell’an e nel quid); meno che mai lo sono gli altri atti emessi dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (si pensi alla surroga, agli ordini rivolti al terzo di indicare cose/somme dovute al creditore o di pagare, ai diversi pignoramenti; ma il decreto ministeriale usa addirittura una formula di totale inclusione), dei quali comunemente si constata l’ampia discrezionalità (su tutti i versanti tipici della stessa). Per di più quest’ultima categoria di atti esula dalla previsione dell’art. 6-bis, comma 2, dello Statuto, in quanto non si tratta di «atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria» e per alcuni la giurisdizione è addirittura quella del giudice ordinario (sicché il regolamento nella parte de qua risulta in contrasto con la previsione del comma 1 dell’art. 6-bis!).Di contro, nell’esclusione dal contraddittorio non sono ricompresi gli atti della riscossione che promanano dall’ente impositore e/o dagli agenti della riscossione diversi dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione: il che diventa particolarmente importante, e fonte di disparità di trattamento, laddove l’ente impositore proceda alla riscossione da sé o avvalendosi di un agente della riscossione privato (id est i soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, iscritti nell’albo di cui all’art. 53 D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446).

Sia chiaro che nel criticare ut supra il decreto legislativo (con riferimento alla stesura dell’art. 6-bis) e il decreto ministeriale (laddove applica il comma 2 dell’art. 6-bis) non si vuole affatto affermare l’esigenza di un generalizzato contraddittorio con riferimento agli atti della riscossione, dovendosi la partecipazione del contribuente all’azione amministrativa preferibilmente modulare in relazione alle potestà esercitate e agli interessi coinvolti12. Di ciò sembra consapevole lo stesso legislatore che al comma 2 dell’art. 6-bis dello Statuto non esclude il contraddittorio, ma il contraddittorio come disciplinato dal comma 1 (e ciò viene ribadito dal decreto ministeriale applicativo), salvo lasciare poi nell’incertezza interpreti ed operatori circa le regole di riferimento di un contraddittorio diverso da quello summenzionato (specie laddove il legislatore è silente).Neppure per le altre previsioni, quelle dell’art. 4, comma 1, lettere f) e h), il legislatore delegato ha mostrato sensibilità.

È ben vero che l’art. 6-bis al comma 3 contempla un diritto di accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo («Per consentire il contradditorio, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, lo schema di atto di cui al comma 1, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo»), ma si tratta di un diritto funzionale al contraddittorio (appunto «per consentire il contradditorio», come esordisce il comma 3 citato), che nulla a che vedere con la richiesta della delega, di cui alla diversa lett. e) dell’art. 4, comma 1, di «prevedere una disciplina generale del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario».

Come è noto, il diritto di accesso ha un ambito di operatività più ampio della partecipazione al procedimento (anche se in quest’ultima trova una sua collocazione privilegiata e probabilmente più significativa): si parla dell’accesso extra-procedimentale, impostosi all’attenzione nell’ordinamento italiano soprattutto a seguito del c.d. Freedom of Information Act del 2016, così intendendosi la nuova disciplina del diritto di accesso civico e degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni, recata dal D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, di modifica del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33. La mancata traduzione della lett. e) in una disciplina compiuta si può forse spiegare perché quest’ultima in fondo non è necessaria o perché si può applicare la disciplina della L. n. 241/1990 e/o del c.d. FOIA: del resto, a prescindere da indicazioni del legislatore tributario, lo stesso diritto d’accesso viene esercitato già con riferimento all’area della riscossione (ed emergono anche sensibilità in giurisprudenza, come dimostrano ad esempio e di recente, su profili differenti, T.A.R. Venezia 23 aprile 2024, n. 368, T.A.R. Catania 31 gennaio 2023, n. 308, Cons. Stato 18 marzo 2022, n. 1979). Di certo, ormai, a fronte dell’affermazione generalizzata del principio ad opera della citata lett. e) dovrebbero definitivamente soccombere le resistenze legate ad una (immotivatamente) restrittiva lettura della previsione di cui all’art. 24, comma 1, lett. b), L. n. 241/199013. E allora probabilmente non è un male che il legislatore delegato non abbia dettato la richiesta disciplina applicativa. Quanto all’autotutela, è ben vero che la disciplina tributaria è stata pensata eminentemente per l’attività di accertamento (si pensi ai contenuti del D.M. 11 febbraio 1997, n. 37 emanato in applicazione dell’art. 2-quater D.L. 30 settembre 1994, n. 564) e che il legislatore delegato sembra continuare a riferirsi all’attività di accertamento, avendo ri-disciplinato il potere dell’Amministrazione finanziaria di procedere all’annullamento degli atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, tanto con riferimento all’autotutela obbligatoria, di cui art. 10-quater dello Statuto14, quanto con riferimento all’autotutela facoltativa, di cui all’art. 10-quinquies dello Statuto15 (a meno di non voler accedere ad un’accezione lata delle formule “atti impositivi” e “imposizione”). Tuttavia non vi è motivo di restringerne l’applicazione solo all’attività di accertamento (e comunque al di là di essa troverebbe applicazione la disciplina della L. n. 241/1990); del resto la delega si esprime in termini generali: essa, infatti, richiede di «potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, prevedendo l’impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi nonché, con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate, limitando la responsabilità nel giudizio amministrativo-contabile dinanzi alla Corte dei conti alle sole condotte dolose». Piuttosto si deve precisare che, a fronte della normale discrezionalità della riscossione, per gli atti di quest’ultima dovrebbe aversi più spazio per la revoca (ad esempio, di un fermo o di un pignoramento inopportuni).Si è allora in presenza di una discutibilmente restrittiva attuazione della legge delega, che pone il problema della disciplina applicabile per l’autotutela degli atti della riscossione, potendosi discutere se estendere quella recata dai nuovi artt. 10-quater e 10-quinquies dello Statuto ovvero richiamare quella degli artt. 21-quinquies e 21-nonies, L. n. 241/1990. E mutatis mutandis il problema si pone in sede processuale, dal momento che il D.Lgs. n. 220/2023, ha integrato le impugnazioni possibili innanzi al giudice tributario, consentendole expressis verbis avverso rifiuti e silenzi alle istanze di autotutela, obbligatoria e facoltativa, come ridisegnate negli artt. 10-quater e 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente16: anche qui può discutersi se estendere le suddette novelle processuali all’autotutela in materia di riscossione ovvero attingere alle posizioni giurisprudenziali consolidate che – a prescindere dai dati normativi ed interpretando estensivamente l’elenco degli atti impugnabili – da tempo hanno aperto all’impugnazione di silenzi e dinieghi di autotutela (già da Cass., SS.UU., 10 agosto 2005, n. 16776 e 27 marzo 2007, n. 7388), via via focalizzando meglio l’oggetto del giudizio. Una chiosa, infine, si vuole rivolgere all’esigenza di «rafforzare l’obbligo di motivazione», che l’art. 4, comma 1, lett. a), rivolge agli «atti impositivi» (che, come si è visto, lo stesso articolo distingue da quelli di riscossione), ma che naturalmente si può estendere ben oltre questi ultimi, riguardando l’obbligo di motivazione tutti i provvedimenti amministrativi: peraltro, l’opportunità di tale rafforzamento con riferimento agli atti della riscossione si coglie facilmente se solo si considera che essi non di rado assolvono tale obbligo, richiamando soltanto l’atto presupposto.

Il legislatore delegato ha mostrato di intendere in senso ampio l’indicazione della delega: per un verso, riferendo l’obbligo di motivazione agli «atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria» (quindi anche quelli della riscossione); per altro verso, dettando una specifica disciplina per «gli atti della riscossione che costituiscono il primo atto con il quale è comunicata una pretesa per tributi, interessi, sanzioni o accessori» e per quegli «atti della riscossione emessi nei confronti dei coobbligati solidali, paritetici e dipendenti»17.Certo, rimangono anche qui le perplessità per gli atti della riscossione (ma non solo) che non siano autonomamente impugnabili.

4. Delle previsioni della delega specificamente dedicate alla riscossione occorre fare una cernita in questa sede e dedicare maggiore attenzione a quelle che si presentavano come previsioni di possibile maggiore impatto, anche per lo spazio dedicatovi, vale a dire quelle delle lettere a) ed e) dell’art. 18, dedicate nell’ordine a: «incrementare l’efficienza dei sistemi della riscossione, nazionale e locali, e semplificarli, orientandone l’attività secondo i princìpi di efficacia, economicità e imparzialità e verso obiettivi di risultato»; «potenziare l’attività di riscossione coattiva dell’agente della riscossione».

Tuttavia non pare che il legislatore delegato abbia dato particolare seguito a tali indicazioni.

Già le declinazioni della lett. a) (numeri da 1 a 10) suscitavano perplessità, principalmente, quanto all’idoneità delle vie proposte per «incrementare l’efficienza dei sistemi della riscossione, nazionale e locali, e semplificarli, orientandone l’attività secondo i princìpi di efficacia, economicità e imparzialità e verso obiettivi di risultato», id est principalmente le indicazioni di pianificazione delle procedure di recupero, di automatismi, di significative limitazioni di responsabilità dell’agente della riscossione; ma suscitavano anche perplessità di una loro effettiva ed efficace traduzione concreta18. Il legislatore delegato ne ha dato conferme, limitandosi a traduzioni minimali e discutibili.

Così quanto alla “pianificazione annuale dell’attività di riscossione”, che di per sé è indicazione abbastanza vaga, lo schema di decreto legislativo appare manchevole nella sua attuazione, limitandosi a riproporre pressoché testualmente le parole della delega. E neppure sopperisce ad evidenti mancanze già della delega: ad esempio, è bene che la pianificazione avvenga su più livelli e che al livello locale si immaginino interlocutori diversi dal MEF.

Anche quanto al “discarico automatico” può dirsi nella sostanza la stessa cosa, salve le inevitabili specificazioni. Alle perplessità sollevate a suo tempo19, se ne aggiungono di nuove (legate al testo del decreto delegato): così non è chiaro come possa l’ente creditore procedere a riscuotere da sé, se non tramite l’agente della riscossione, laddove si avvalga istituzionalmente di quest’ultimo (e ciò rischia di vanificare, per enti come l’Agenzia delle Entrate, la previsione di riaffidamento all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, di cui all’art. 5, comma 1, lett. c), e successivi commi 2 e 3, dello schema di decreto delegato); non sono state affatto specificate, ed anzi alla luce di quanto detto rischiano di essere vanificate, le già blande condizioni del riaffidamento dei carichi, ossia «presenza di nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali del debitore», disvelando quella che probabilmente e sin dall’inizio era una volontà gattopardesca di non cambiare nulla (peraltro, si ricorda che non sono previste condizioni per la riscossione coattiva delle somme discaricate, che sia gestita direttamente dall’ente creditore o affidata dall’ente creditore in concessione a soggetti privati individuati mediante procedura di gara a evidenza pubblica); dire che il riaffidamento all’Agenzia delle Entrate-Riscossione avvenga «alle condizioni di servizio rese disponibili dall’Agenzia mediante loro pubblicazione sul suo sito istituzionale»20 sembra camuffare il «pagamento di una commissione pari a una percentuale dell’importo effettivamente riscosso»21, previsto da un “distratto” legislatore delegante in palese contrasto con le indicazioni fornite da Corte cost. 10 giugno 2021, n. 12022. E poi il legislatore delegato non si è neppure curato di introdurre una qualsivoglia indicazione di termini di decadenza (mancano finanche i richiami alla prescrizione!), che responsabilmente avrebbe dovuto prevedere per sopperire ad altre “distrazioni” del delegante, «non essendo consentito, dall’art. 24 Cost., lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo e irragionevole», per dirla con la Corte costituzionale23. Il legislatore delegato non indugia neppure sulle limitazioni di responsabilità a favore dell’agente della riscossione (al dolo e, per alcune ipotesi, alla colpa grave) richiesta dalla delega24, che nella sostanza ripropone25. Ma così non corregge, ed anzi ribadisce, quella che è una contraddizione intrinseca alla lett. a) della delega, in quanto pianificazione e automatismi sgravano le scelte dell’agente della riscossione e non depongono per una sua limitazione della responsabilità (specie se al solo dolo), mentre ha un senso immaginare una limitazione ove non si diano indicazioni a quest’ultimo o gli si diano indicazioni di massima.

Delusioni si traggono pure se si guarda alle attuazioni della lett. e) citata. Il richiesto potenziamento della riscossione coattiva, che si sposa con l’efficienza dei sistemi della riscossione di cui alla lett. a), è indirizzato a tre tipologie di interventi, ma di essi il legislatore delegato ne attua solo una: la più facile; e, probabilmente, quella che era pressoché pronta, visto che la delega ripropone nei fatti una disciplina del 2010.

Così l’art. 13 dello schema di decreto legislativo modifica l’art. 29, comma 1, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 rendendo esecutori – in linea con quanto da quest’ultimo previsto (che già aveva proceduto essenzialmente per imposte sui redditi, IVA, IRAP) e sull’esempio di quanto più di recente avvenuto con i tributi locali ad opera dell’art. 1, comma 792, L. 27 dicembre 2019, n. 160 – tutta una serie di provvedimenti impositivi: finanche i nuovi atti di recupero dei crediti, di cui alle lettere a) e g) dell’art. 38-bis D.P.R. n. 600/1973 (introdotto ad opera dell’art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13). Si realizza, in definitiva, quanto già previsto dall’art. 29, comma 1, lett. h) citato «ai fini degli altri tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate e delle altre entrate riscuotibili a mezzo ruolo»26. Tant’è che la delega richiama proprio quest’ultima previsione, laddove prevede una delegificazione della materia. La portata della delega, però, è più ampia, giacché si suggerisce «anche» la via della semplificazione della predetta delegificazione (semplificazione, che, però, sarebbe lesiva dei principi costituzionali di riserva di legge e di legalità dell’azione amministrativa)27.

L’attuazione (di siffatta previsione) della delega non è lineare: se è vero che si preferisce la via legislativa, senza cedere a poco ortodosse delegificazioni, si richiedono pur sempre, e discutibilmente, dei regolamenti applicativi, visto che si interviene proprio sulla citata lett. h); e per di più lo si fa aggiungendovi delle esemplificazioni, rectius una lunga serie di esemplificazioni28.

Ma soprattutto la sua attuazione è parziale: si registrano, infatti, puntuali applicazioni, ad una serie di atti, che lungi dall’essere un intervento di sistema, lasciano fuori – immotivatamente – i procedimenti numericamente più significativi, vale a dire liquidazioni e controlli delle dichiarazioni dei redditi ed IVA ai sensi degli artt. 36-bis, 36-ter D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis D.P.R. n. 633/197229; e che non vi sia la volontà di una riforma sistematica è testimoniata dal fatto che si continua a non dare un nome agli atti de quibus, ad esempio, avvisi di accertamento esecutori et similia, invece di individuarli sic et simpliciter col riferimento normativo all’art. 29 citato Va da sé che a dispetto dell’ampiezza delle formule usate nella delega (laddove ci si riferisce alle «entrate da affidare all’agente della riscossione», che sono anche non tributarie) l’intervento non poteva che riguardare entrate tributarie, essendo dalla delega segnato il perimetro della «revisione del sistema tributario» (così già l’art. 1 di essa); ma ciò pone il problema della legittimità dell’inclusione (tra gli atti esecutori ex art. 29 D.L. n. 79/2010) dei nuovi atti di recupero dei crediti ex art. 38-bis, comma 1, D.P.R. n. 602/1973, specie ove si recuperino «importi» ai sensi della lett. g) di quest’ultimo.

Sugli altri interventi richiesti dalla lett. e) il legislatore delegato è rimasto silente. Il che, però, probabilmente è stato un bene per la scarsa intellegibilità e la dubbia utilità delle indicazioni della delega30. Anche se non si può tacere che quanto al pignoramento dei rapporti finanziari, di cui la delega vuole la razionalizzazione, l’informatizzazione e la semplificazione, il legislatore delegato non ha proceduto neppure ai coordinamenti con la disciplina del codice di rito, cui pure si rinvia (sans parler du reste persistono ancora i riferimenti alla citazione del terzo, soppressa nell’art. 543 c.p.c. già nel 2014 dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, come convertito dalla L. 10 novembre 2014, n. 162).

5. Guardando agli altri interventi richiesti dalla delega, si constata ben poco nell’operato del legislatore delegato.

Sicché finisce coll’assumere rilievo, quanto meno per lo spazio dedicatovi, la revisione della disciplina della rateazione, rectius le “Disposizioni in materia di dilazione”. Si tratta, però, dell’ennesimo restyling dell’art. 19 D.P.R. n. 602/197331, che non si rivela affatto funzionale ad una efficace applicazione dell’istituto. Piuttosto: ne risulta una disciplina ancora più complicata; l’allungamento dei piani di rateazioni non sembra assolvere ad altri fini che di propaganda (avendo dimostrato l’esperienza che esso non è garanzia di un maggior recupero); standardizzazioni ed automatismi, pure inseriti, finiscono coll’imbrigliare quella volontà amministrativa, che invece dovrebbe essere chiamata ad apprezzare le situazioni concrete; non si rivedono giustapposizioni e storture conseguenti ai numerosi interventi normativi avvenuti nel tempo; le delegificazioni previste rischiano di essere foriere di disparità di trattamento.

Ma soprattutto, risaltano le mancate attuazioni. Così la fusione tra Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione voluta dalla delega, rectius il un nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione che per essa passerebbe32, si traduce in nient’altro che – si badi bene – in una maggiore possibile integrazione logistica, quanto alle sedi degli uffici33. Ben poco, evidentemente!

Anche se vi è da dire che sin da subito si capiva che la predetta trasformazione, pur apprezzabile, non poteva realizzarsi, a tacer d’altro perché: non si può guardare solo ai tributi dell’Agenzia delle Entrate (cui la lett. f) sembra limitare l’attenzione); sono necessari tempi notevoli (i ventiquattro mesi previsti dalla delega rischiano di essere insufficienti); non può procedersi che per step e prevedendo una disciplina transitoria34. Ma anche e più in generale, perché non è possibile scindere la riscossione delle entrate tributarie da quella delle altre entrate pubbliche, visto che la prima si estende alla seconda (ex artt. 17 ss. D.Lgs. n. 46/1999 citato, ma anche se si vuole art. 21-ter L. n. 241/199035); solo che la delega non va oltre le entrate tributarie, avendo ad oggetto «La revisione del sistema tributario» (così l’art. 1, comma 1).

Ne consegue che interventi importanti, quali il progressivo superamento del ruolo e della cartella di pagamento (art. 18, comma 1, lett. e), n. 1) o il superamento della stessa riscossione delegata e il ritorno delle funzioni all’Agenzia delle Entrate (art. 18, comma 1, lett. f), risultano impediti o fortemente limitati, continuandosi pur sempre ad avere nei prossimi anni ruoli e cartelle di pagamento, come anche l’agente della riscossione.

Di contro, e quasi a confermare la volontà di non pervenire affatto a siffatta trasformazione, lo schema di decreto delegato ribadisce l’alterità dei due soggetti, Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione, e prevede una disciplina puntuale di controlli e procedimenti, ad opera del Ministero dell’Economia e delle Finanze, finalizzati a far valere eventuali responsabilità dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione36. Sul che non si vuole qui esporre, afferendo i predetti rapporti ad altra relazione (quella del collega Sebastiano Maurizio Messina). Ma non si può fare a meno di osservare che anche qui l’intervento è deludente, potendosi ragionevolmente dubitare dell’attendibilità di controlli e responsabilità, giacché: in definitiva il Ministero è chiamato a controllare sé stesso37; sono previste generose riduzioni delle responsabilità38.

6. Non si può concludere il discorso, senza accennare a due altri mancati interventi, previsti da altri articoli della legge delega, che forse sono in itinere, visti tempi e passaggi di attuazione della riforma, i quali, se attuati, inciderebbero non poco sull’assetto della futura attività di riscossione.

Il primo mancato intervento è dato dalla riforma della riscossione delle entrate degli enti locali.

Nella delega vi è una dichiarata indicazione al governo di intervenire sui «sistemi della riscossione, nazionale e locali»: così l’art. 18, comma 1, lett. a), citato. A seguire, però, mancano le prescrizioni per intervenire sui sistemi di riscossione locale. E ciò accade anche nell’art. 14, specificamente dedicato ai tributi locali, ove si registra semplicemente una generica indicazione di «revisione del sistema della riscossione delle entrate degli enti locali anche attraverso forme di cooperazione tra lo Stato e gli enti locali», anche se si rimanda a princìpi e criteri direttivi di cui all’art. 1839; l’art. 14 citato, per di più, laddove mantiene fermi gli agenti della riscossione locale contraddice quel progressivo superamento della separazione tra ente impositore e agente della riscossione voluto dall’art. 18. Come anche e più in generale, in entrambi gli articoli considerati, mancano le prescrizioni circa quella che dovrebbe essere la disciplina di riferimento (dell’attività di riscossione), con la conseguenza di continuare a perpetuarsi il frammentario e problematico quadro normativo esistente, basato ancora su R.D. 14 aprile 1910, n. 639; e i difetti di coordinamento visibili già delle litterae legis non fanno altro che confermare queste mancanze.

Il quadro normativo di riferimento non è chiaro, ed è anzi complicato dalle contrastanti indicazioni fornite negli anni da legislatori incapaci di intervenire sul guazzabuglio di interessi che si agitano intorno alla riscossione delle entrate degli enti locali40. Sicché non era difficile immaginare che lo schema di decreto legislativo non intervenisse, come è difficile immaginare risultati importanti in sede di legislazione delegata, quanto all’attuazione dell’art. 14 della delega e quanto ai passaggi successivi pure previsti (a iniziare dai decreti correttivi, di cui all’art. 1, comma 6). Tuttavia è certo che la riforma della riscossione degli enti locali non è più differibile. In questa sede non si può dare conto dei problemi emersi ed emergenti, come anche delle soluzioni via via tentate o apprestate, ma è sufficiente osservare come siano passati addirittura dieci anni da quando altra legge delega richiedeva il «riordino della disciplina della riscossione delle entrate degli enti locali»41, rimanendo purtroppo infruttuosa. L’attuale legislatore delegato avrebbe dovuto e dovrebbe fare tesoro quanto meno delle esperienze legate a quest’ultima vicenda42.

Spicca ancora un’altra mancata attuazione della delega, di una indicazione piuttosto importante della stessa, conseguenza di importanti travagli giurisprudenziali: la lett. c) del comma 1 dell’art. 19, ove si chiede al Governo di «modificare l’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, prevedendo che le opposizioni regolate dagli articoli 615, secondo comma, e 617 del codice di procedura civile siano proponibili dinanzi al giudice tributario, con le modalità e le forme previste dal citato decreto legislativo n. 546 del 1992, se il ricorrente assume la mancata o invalida notificazione della cartella di pagamento ovvero dell’intimazione di pagamento di cui all’articolo 50, comma 2, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973».

L’impatto è essenzialmente processuale (si volevano e si vogliono ridefinire i confini tra le giurisdizioni, tributaria e ordinaria, in materia di esecuzione forzata tributaria dopo complicazioni e malintesi conseguenti a discutibili prese di posizione della giurisprudenza, tra le quali la sentenza 31 maggio 2018, n. 114 della Corte costituzionale) e chi scrive ha già avuto modo di occuparsene, commentando in altra sede l’attuazione della delega anche in relazione al processo43. Tuttavia in questa sede di tale indicazione è bene dare atto, perché lo spostamento della cognizione sui pignoramenti (e più in generale sugli atti esecutivi) dell’agente della riscossione dal giudice ordinario al giudice tributario dovrebbe spostare la cognizione giudiziale sull’atto, piuttosto che sul rapporto, e rendere il sindacato giurisdizionale più penetrante e garantista, in linea con quanto avviene per gli altri atti (della riscossione e non) impugnabili innanzi al giudice tributario.

Come è noto la citata lett. c) dell’art.19 della delega non ha trovato attuazione, tuttavia le indicazioni ivi contenute hanno un contenuto così puntuale che sono suscettibili di applicazione immediata. Sicché qualche effetto, nei termini auspicati in precedenza, dovrebbe registrarsi, sia pure lasciato alle diverse sensibilità della giurisprudenza44.

7. Chi espone aveva espresso un giudizio di insufficienza nei confronti della delega, quanto ad ambiti di intervento e contenuti richiesti, aveva però proceduto ad un’analisi critica, ma costruttiva, che ne evidenziasse più le “luci” che le “ombre”, perché si confidava nell’azione di un “attrezzato” e “volenteroso” legislatore delegato. Le attuazioni della riforma fiscale registratesi, di cui si è detto, consentono di fare un primo bilancio della riforma della riscossione.

Ebbene, quanto alla riscossione, a differenza di altri ambiti di attuazione della riforma, il bilancio è negativo, come probabilmente si è capito: il legislatore delegato ha disatteso le aspettative, facendo ancora meno di quel poco che gli chiedeva il legislatore delegante; quella realizzata è una “miniriforma della riscossione”, come la si si è definita già nel titolo, ed anzi, alla luce di quello che si è detto, si sono forse usate parole benevole.

I limiti sono innanzi tutto della legge delega: già leggendone il testo si trae la sensazione «che si è in presenza di un testo frettoloso (licenziato troppo rapidamente rispetto ai tempi necessari e alle interlocuzioni meritorie pure avviate) che presenta dei limiti, anche forti, di concezione (probabili esiti di un percorso sbagliato ab origine45. Solo che il legislatore delegato non vi ha posto rimedio. E i risultati sono quelli descritti per sommi capi finora.

È vero che il percorso legislativo è in itinere, potendo/dovendo aversi gli interventi legislativi di correzione e integrazione voluti in seconda battuta dalla delega46. Tuttavia a fronte della modestia dei risultati finora prodotti vi è poco da aspettarsi: la stessa bozza di Testo Unico non lascia neppure ben sperare, come si è detto47. Sicché il giudizio continua ad essere di insufficienza; anzi le “luci” sono destinate ad affievolirsi.

Allora comincia a subentrare lo sdegno, dello studioso, del contribuente, del cittadino, dal momento che si continua a non fare o a fare meno di quello che si dovrebbe fare, alimentandosi inefficienze ed evasioni, che nella riscossione non dovrebbero esistere (o avere un peso modesto) e che inevitabilmente si ripercuotono sul gettito e quindi sulla vita dello Stato e della Comunità. Lo sdegno, comunque, può/deve essere visto positivamente, se alimenta il coraggio di cambiare le cose48.

Io continuo a sperare nel cambiamento, che poi è anche alla portata. Ci vuole, però, la volontà di cambiare, di cambiare veramente!

(*) Si ripropone il testo della relazione al Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei Professori e degli Studiosi di Diritto Tributario “L’attuazione della riforma tributaria”, tenutosi a Napoli nei giorni 10-11 maggio 2024, presso l’Università di Napoli Parthenope.

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1 Al di là dell’auspicabile realizzazione del codice, in passato “propagandata” più volte, ma senza esito (si ricorda, in particolare, la L. 7 aprile 2003, n. 80, che delegava al Governo una riforma del sistema fiscale statale, che si basasse «su cinque imposte ordinate in un unico codice», il quale fosse articolato in una «parte generale» ed una «parte speciale»), si rivela di grande importanza la realizzazione di veri Testi Unici, che consolidino finalmente la disciplina esistente. Il che quanto alla riscossione non dovrebbe essere difficile, vista la sostanziale unificazione della disciplina per tutte le entrate della Pubblica Amministrazione (non soltanto tributarie), realizzata nel 1999 (essenzialmente dagli artt. 17 ss. D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46). Tuttavia, con riferimento alla bozza di Testo Unico, di recente licenziata (per il quale con comunicato stampa del 13 marzo 2024 l’Agenzia delle Entrate ha anche avviato delle consultazioni), non sembra di essere in presenza di un vero consolidamento. Cfr. anche infra nota 42.

2 Cfr. art. 18, comma 1, lett. f), della delega.

3 Tuttavia, essa non fornisce istruzioni al legislatore delegato su come delineare questa disciplina generale; né istruzioni si trovano tra gli altri principi e criteri direttivi, anche speciali. Sicché il legislatore delegato non poteva che attingere alla disciplina generale dell’invalidità dell’azione amministrativa (di cui essenzialmente alle previsioni degli artt. 21-septies e 21-octies L. 7 agosto 1990, n. 241) e alle diverse previsioni speciali presenti nell’ordinamento tributario: nel senso di riferirsi alla prima, facendo salve le specificazioni previste dalle norme tributarie, da rivedere opportunamente alla luce della prima (specialmente laddove emanate prima della “positivizzazione” dell’invalidità dell’azione amministrativa ad opera della L. 11 febbraio 2005, n. 15 che ha aggiunto il capo IV-bis alla L. n. 241/1990, comprendente appunto le previsioni di cui ai citati artt. 21-septies e 21-octies), ma anche di qualche più diffusa e convincente applicazione. Il compito è tutt’altro che agevole, specie con riguardo alla riscossione, per la quale non constano particolari previsioni.

4 L’art. 7-bis così dispone: «1. Gli atti dell’amministrazione finanziaria impugnabili dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria sono annullabili per violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti.2. I motivi di annullabilità e di infondatezza dell’atto sono dedotti, a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado e non sono rilevabili d’ufficio».

5 L’art. 7-ter così dispone: «1. Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono nulli se viziati per difetto assoluto di attribuzione, adottati in violazione o elusione di giudicato, ovvero se affetti da altri vizi di nullità qualificati espressamente come tali da disposizioni entrate in vigore successivamente al presente decreto.2. I vizi di nullità di cui al presente articolo possono essere eccepiti in sede amministrativa o giudiziaria, sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e danno diritto alla ripetizione di quanto versato, fatta salva la prescrizione del credito».

6 Rileva il secondo periodo del comma 2 dell’art. 1, per il quale: «Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica».

7 Rilevano, in particolare, le previsioni degli artt. 57-59 D.P.R. n. 602/1973. Accade poi – a complicare le cose quanto alla disciplina dell’invalidità riferita nel testo – che vi siano atti dell’esecuzione forzata, i quali sono ex lege (diventati) suscettibili di essere impugnati ora innanzi al giudice tributario ora innanzi al giudice ordinario a seconda del vizio di cui sono affetti: così in forza della previsione dell’art. 19, comma 1, lett. c), della delega, non attuata dal legislatore delegato, ma per il suo contenuto concreto immediatamente applicabile: cfr. infra par. 6.

8 L’art. 7 («Chiarezza e motivazione degli atti»), al comma 2 dispone: «Gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili».

9 L’art. 36, comma 4-ter, citato, aggiunto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31, così prevede: «La cartella di pagamento di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1º giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse».

10 L’art. 6, comma 5, come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, così prevede: «Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono annullabili i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma».

11 Si ricorda che il D.M. 24 aprile 2024 segue l’abnorme atto di indirizzo del 28 febbraio 2024 (che posterga di fatto gli effetti dell’art. 6-bis dello Statuto, già entrato in vigore: «una lettura interpretativa d’ordine sistematico delle recenti novità normative che si sono susseguite porta a far ritenere che fino al momento dell’emanazione del decreto ministeriale di elencazione delle fattispecie nelle quali il diritto al contraddittorio è assolutamente escluso e, in ogni caso, fino alla predetta data del 30 aprile 2024 nulla sia mutato in ordine alle modalità procedurali di contraddittorio»), “sanato” dall’art. 1 D.L. 29 marzo 2024, n. 39 (che esclude l’applicazione dell’art. 6-bis citato «agli atti emessi prima del 30 aprile 2024 e a quelli preceduti da un invito ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, emesso prima della medesima data»).

12 Commentando la delega (Guidara A., La riforma della riscossione: luci ed ombre di una delega frettolosa, citato, 208 s.), chi espone osservava: «Di tali principi, naturalmente, occorre modulare l’applicazione all’attività di riscossione. Così, velocemente, si osserva che la partecipazione all’attività amministrativa si atteggia diversamente a seconda del tipo di atto della riscossione e/o della fase della stessa (dovendosi comunque «assicurare un’adeguata tutela del contribuente nel corso delle attività istruttorie poste in essere dall’Amministrazione finanziaria», come richiede la previsione dell’art. 18, comma 1, lett. b), della delega), diversamente da quanto accade per l’attività di accertamento (per la quale vi sono precise indicazioni nella delega). Non ci si può dilungare, ma è di tutta evidenza: che a fronte di un ruolo riproduttivo di un provvedimento impositivo la partecipazione probabilmente non è necessaria, diversamente da quanto deve aversi per un ruolo che ha anche una valenza impositiva (con la conseguenza che non dovrebbero più registrarsi le giurisprudenziali letture riduttive delle violazioni degli obblighi di partecipazione, che afferiscono all’art. 6, comma 5, dello Statuto: cfr. ad esempio, Cass. 18 marzo 2016, n. 5394 e 16 dicembre 2016, n. 26044 rimesse all’attenzione di chi scrive); come anche che la partecipazione nei procedimenti cautelari, quali fermo e ipoteca disposti dall’agente della riscossione, non può che essere successiva all’adozione del provvedimento che li dispone (in linea, del resto, con le previsioni generali di cui all’art. 7 L. n. 241/1990); od ancora che nella fase amministrativa del pignoramento presso terzi, il coinvolgimento del terzo soggiace ad una disciplina peculiare, quella ex art. 75-bis D.P.R. n. 602/1973, che quanto ai rapporti finanziari la delega vuole rivedere (laddove l’art. 18, comma 1, manda di «e) potenziare l’attività di riscossione coattiva dell’agente della riscossione, anche attraverso: […] 3) la razionalizzazione, l’informatizzazione e la semplificazione delle procedure di pignoramento dei rapporti finanziari […] anche mediante l’introduzione di meccanismi di cooperazione applicativa sin dalla fase della dichiarazione stragiudiziale del terzo, ai sensi dell’articolo 75-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ferme restando le forme di tutela previste a favore del debitore»)».

13 Ai sensi dell’art. 24 citato «1. Il diritto di accesso è escluso: […] b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; [

14 L’art. 10-quater citato così dispone: «1. L’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:a) errore di persona;

b) errore di calcolo;

c) errore sull’individuazione del tributo;

d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria;

e) errore sul presupposto d’imposta;

f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;

g) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

2. L’obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.

3. Con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo».

15 L’art. 10-quinquies citato così dispone: «1. Fuori dei casi di cui all’articolo 10-quater, l’amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.2. Si applica il comma 3 dell’articolo 10-quater».

16 Più esattamente, viene integrato l’elenco degli atti impugnabili ex art. 19 D.Lgs. n. 546/1992, aggiungendovisi (ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 220/2023): le lettere g-bis e g-ter, ovvero «il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater della legge 27 luglio 2000, n. 212» e «il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della legge 27 luglio 2000, n. 212». Parallelamente si modifica l’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992 per estendere la disciplina del ricorso avverso il rifiuto tacito di restituzione anche al rifiuto tacito di autotutela di cui alla nuova lett. g-bis.

17 Rileva l’art. 7 dello Statuto, come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. f), nn. 1), 2), 3) e 4), D.Lgs. n. 219/2023, laddove in particolare dispone: «1. Gli atti dell’amministrazione finanziaria, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, sono motivati, a pena di annullabilità, indicando specificamente i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, che non è già stato portato a conoscenza dell’interessato lo stesso è allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale e la motivazione indica espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell’atto richiamato si ritengono sussistenti e fondati.1-bis. I fatti e i mezzi di prova a fondamento dell’atto non possono essere successivamente modificati, integrati o sostituiti se non attraverso l’adozione di un ulteriore atto, ove ne ricorrano i presupposti e non siano maturate decadenze.

1-ter. Gli atti della riscossione che costituiscono il primo atto con il quale è comunicata una pretesa per tributi, interessi, sanzioni o accessori, indicano, per gli interessi, la tipologia, la norma tributaria di riferimento, il criterio di determinazione, l’imposta in relazione alla quale sono stati calcolati, la data di decorrenza e i tassi applicati in ragione del lasso di tempo preso in considerazione per la relativa quantificazione.

1-quater. Le disposizioni del comma 1-ter si applicano altresì agli atti della riscossione emessi nei confronti dei coobbligati solidali, paritetici e dipendenti, fermo l’obbligo di autonoma notificazione della cartella di pagamento nei loro confronti».

18 Al punto che chi scrive osservava (5 s.): «Ebbene, la consapevolezza della discrezionalità e della complessità dell’attività amministrativa di riscossione come anche della pertinenza ad essa dei richiamati principi dell’azione amministrativa, sottesa (opportunamente) alla previsione della lett. a (e non solo), non ha adeguati sviluppi. Forse per essa si vuole fornire una maggiore legittimazione agli interventi richiesti, ma le indicazioni non sembrano in linea. E proprio sugli interventi richiesti la delega si presenta poco incisiva, orientandosi principalmente: per un verso, su pianificazione delle procedure di recupero (che si vuole annuale e in collaborazione con il Ministero dell’economia e delle finanze) e automatismi (dati dal discarico automatico delle quote non riscosse, al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello dell’affidamento, salva la possibilità di procedere ad un riaffidamento in presenza di nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali); per altro verso, su significative limitazioni di responsabilità dell’agente della riscossione (al dolo e alla colpa grave nel solo caso – si semplifica – di decadenza o la prescrizione del diritto di credito, ma con possibilità comunque di definizioni agevolate). Ora, si può ragionare sulla bontà degli interventi richiesti (anche se non si può negare una certa insoddisfazione) e non mancherà ad un “coraggioso” legislatore delegato sopperire ad alcune mancanze (ad esempio, è bene che la pianificazione avvenga su più livelli e che al livello locale si immaginino interlocutori altri dal MEF). Di certo, però, non sfugge la contraddittorietà delle direzioni individuate, in quanto pianificazione e automatismi sgravano le scelte e non depongono per una limitazione della responsabilità dell’agente della riscossione (specie se al solo dolo), che invece si può immaginare ove si responsabilizzi quest’ultimo a fronte di indicazioni di massima. Si aggiunge, a completamento delle riflessioni sulla lett. a, che: in caso di riaffidamento in riscossione delle somme discaricate può essere utile, ma non è certo necessario (come sembrerebbe), individuare un soggetto privato diverso dall’agente della riscossione (cui, d’altronde, in caso di sopravvenienze da aggredire, non si può rimproverare alcunché); che le previste procedure di gara ad evidenza pubblica dovrebbero (più facilmente) riguardare professionisti, piuttosto che i soggetti privati abilitati iscritti nell’albo del MEF (ex art. 53, comma 1, D.Lgs. n. 446/1997). Peraltro, si esige una soluzione che si pone in contrasto con il superamento della riscossione delegata e il ritorno delle funzioni all’Agenzia delle entrate, che sono richiesti dalla successiva lett. f».

19 Cfr. nota precedente.

20 Così il comma 1, lett. c), dell’art. 5 dello schema di decreto legislativo.

21 Cfr. art. 18, comma 1, lett. a), n. 3, della legge delega.

22 La sentenza, pur concludendo per l’illegittimità costituzionale della disciplina dell’aggio di riscossione, dichiara inammissibili le questioni di legittimità sollevate, solo perché impossibilitata a intervenire, ma lancia un monito di pronto intervento al legislatore: «Al riscontrato vulnus degli evocati valori costituzionali questa Corte non può, allo stato, porre rimedio, dato che, come detto, il quomodo delle soluzioni attinge, in ogni caso, alla discrezionalità del legislatore, secondo uno spettro di possibilità che varia dalla fiscalizzazione degli oneri della riscossione (così come lo sono già, del resto, quelli relativi all’attività di controllo e di accertamento), eventualmente escluse le spese di notifica della cartella e quelle esecutive, alla previsione di soluzioni, anche miste, che prevedano criteri e limiti adeguati per la determinazione di un “aggio” proporzionato. Le questioni sollevate dal rimettente vanno perciò dichiarate inammissibili, perché le esigenze prospettate, pur meritevoli di considerazione (nei sensi sopra precisati), implicano una modifica rientrante nell’ambito delle scelte riservate alla discrezionalità del legislatore (sentenza n. 219 del 2019). Nel pervenire a tale conclusione questa Corte ritiene, però, opportuno rimarcare, ancora una volta, l’indifferibilità della riforma, al fine sia di superare il concreto rischio di una sproporzionata misura dell’aggio, sia di rendere efficiente il sistema della riscossione».

23 Così Cass., 15 luglio 2005, n. 280, che dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 D.P.R. n. 602/1973 ratione temporis vigente nella parte in cui non prevedeva un termine, a pena di decadenza, per la notifica della cartella di pagamento. A tanto perviene la Corte costituzionale dopo che erano rimasti senza seguito i moniti dello stesso tenore contenuti nelle ordinanze 1° aprile 2003, n. 107 e 19 novembre 2004, n. 352.

24 Cfr. dell’art. 18, comma 1, lett. a), n. 8, ove si chiede «la revisione della disciplina della responsabilità dell’agente della riscossione, prevedendola in presenza di dolo e, inoltre, nei soli casi in cui dal mancato rispetto, per colpa grave, delle disposizioni adottate in attuazione del principio di cui al numero 4) sia derivata la decadenza o la prescrizione del diritto di credito, con possibilità, in tali casi, di definizione abbreviata delle relative controversie e di pagamento in misura ridotta delle somme dovute».

25 Cfr. la disciplina dettata dall’art. 6 dello schema di decreto delegato: «10. Le omissioni, le irregolarità e i vizi verificatisi nello svolgimento dell’attività di riscossione non comportano l’avvio di giudizi di responsabilità previsti dal codice della giustizia contabile, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, salvo che in presenza di dolo e con l’eccezione, altresì, dei casi in cui dal mancato rispetto, per colpa grave, delle previsioni:

a) dell’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), sia derivata la decadenza o la prescrizione del diritto di credito, per le quote affidate a decorrere dal 1° gennaio 2025;

b) dell’articolo 2, comma 1, lettera b), sia derivata la prescrizione del diritto di credito, per le quote affidate fino al 31 dicembre 2024.

11. Le disposizioni del comma 10 si applicano anche nei casi di riaffidamento ai sensi dell’articolo 5, commi 1, lettera c), e 5».

26 Così il testo completo: «1. Le attività di riscossione relative agli atti indicati nella seguente lettera a) emessi a partire dal 1° ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, sono potenziate mediante le seguenti disposizioni: […] h) in considerazione della necessità di razionalizzare e velocizzare tutti i processi di riscossione coattiva, assicurando il recupero di efficienza di tale fase dell’attività di contrasto all’evasione, con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, anche in deroga alle norme vigenti, sono introdotte disposizioni finalizzate a razionalizzare, progressivamente, coerentemente con le norme di cui al presente comma, le procedure di riscossione coattiva delle somme dovute a seguito dell’attività di liquidazione, controllo e accertamento sia ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto che ai fini degli altri tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate e delle altre entrate riscuotibili a mezzo ruolo».

27 Nella delega si vuole, infatti, «il progressivo superamento dello strumento del ruolo e della cartella di pagamento per le entrate da affidare all’agente della riscossione [] anche attraverso la semplificazione del procedimento di cui all’articolo 29, comma 1, lettera h), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78»; ed appunto la congiunzione «anche» sta ad indicare la possibilità di scegliere altre vie.

28 Per effetto dello schema di decreto legislativo l’art. 29, comma, 1, lett. h, D.L. n. 78/2010 così dispone: «1. Le attività di riscossione relative agli atti indicati nella seguente lettera a) emessi a partire dal 1 ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, sono potenziate mediante le seguenti disposizioni: […] h) in considerazione della necessità di razionalizzare e velocizzare tutti i processi di riscossione coattiva, assicurando il recupero di efficienza di tale fase dell’attività di contrasto all’evasione, con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, anche in deroga alle norme vigenti, sono introdotte disposizioni finalizzate a razionalizzare, progressivamente, coerentemente con le norme di cui al presente comma, le procedure di riscossione coattiva delle entrate riscuotibili mediante ruolo, ivi comprese le somme dovute a seguito dei seguenti atti e avvisi dell’Agenzia delle entrate: […]».

29 Come se non bastasse, lo stesso decreto legislativo sembra non coordinarsi, laddove, come si vedrà infra rivede la disciplina delle dilazioni di pagamento, in applicazione della delega, ma non contempla tra ipotesi aggiunte all’art. 29, comma 1, lett. h), citato il recupero ex art. 15-ter D.P.R. n. 602/1973 delle somme dovute a seguito di decadenza dalle dilazioni di pagamento

30 Commentando la delega (Guidara A., La riforma della riscossione: luci ed ombre di una delega frettolosa, cit., 211 ss.), si osservava in proposito: «[…] si vuole “l’estensione del termine di efficacia degli atti di riscossione, per assicurare una maggiore rapidità dell’azione di recupero”. La previsione non è felice (e verosimilmente avrà applicazioni circoscritte): difficilmente può riferirsi alla cartella di pagamento, visto che si vuole eliminarla (ma contra cfr. n. 4 della lett. a), o agli agli avvisi di accertamento esecutori, esistenti e introducendi, per i quali la sedes preferibile sarebbe stata l’art. 17 della delega (anche se non si escludono interventi di tal fatta, quanto meno in prima battuta, vista la velocità impressa all’attuazione della delega); come difficilmente può riferirsi ai pignoramenti, per i quali i termini sono già piuttosto lunghi (l’art. 53 DPR 602/1973 prevede un termine di efficacia di duecento giorni, per di più suscettibile di proroga ex art. 80, comma 2 bis, DPR 602/1973); non sfugge che la rapidità dell’azione dell’agente della riscossione dipende più che altro dalla (bontà delle) sue iniziative, che per l’appunto si vogliono rendere più efficaci ed efficienti per altre vie».Come anche si osservava che: «[…] si vuole “la razionalizzazione, l’informatizzazione e la semplificazione delle procedure di pignoramento dei rapporti finanziari”, prevedendo: per un verso interventi di civiltà, cui già si può pervenire in via interpretativa, dati dal tetto entro cui procedere (“non possono in ogni caso eccedere complessivamente la misura della sorte capitale, degli interessi e di ogni relativo accessorio fino all’effettivo soddisfo”) e dal coinvolgimento formale del debitore che subisce gli effetti (“ferme restando le forme di tutela previste a favore del debitore”); per altro verso, una cooperazione del terzo, che si fatica a comprendere in che termini debba avvenire – anche perché si richiama un istituto, la dichiarazione stragiudiziale ex art. 75-bis DPR 602/1973, la cui applicazione è rimessa alla scelta dell’agente della riscossione (che può non avvalersene, anche perché non conveniente in relazione al caso concreto) – e che potrebbe essere rivista in uno con la valorizzazione del contraddittorio ex art. 4, comma 1, lett. f, della delega (di cui si è detto supra). Con buona volontà si può intendere la previsione in esame quale delega alla revisione del pignoramento presso terzi, di cui agli artt. 72-75-bis DPR 602/1973, come è noto non riguardante soltanto i rapporti finanziari, che non si limiti ad emendare le deficienze normative (di aggiornamento e coordinamento), ma che valorizzi adeguatamente la fase per così amministrativa della procedura (quanto ai procedimenti, ai soggetti coinvolti, alle necessarie tutele), che poi è quella con cui ci si misura nella realtà».

31 L’intervento del legislatore delegato, realizzatosi nell’art. 12, non può dirsi proprio in linea con la delega (si ricorda che la lett. d) del comma 1 dell’art. 18 vuole «modificare progressivamente le condizioni di accesso ai piani di rateazione, in vista della stabilizzazione a 120 del numero massimo delle rate»).

32 Si segnala la previsione della lett. f), che vuole «individuare un nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione, anche mediante il trasferimento delle funzioni e delle attività attualmente svolte dall’agente nazionale della riscossione, o di parte delle stesse, all’Agenzia delle entrate» e così «superare l’attuale sistema, caratterizzato da una netta separazione tra l’Agenzia delle entrate, titolare della funzione della riscossione, e l’Agenzia delle entrate-Riscossione, soggetto che svolge le attività di riscossione».

33 L’art. 1, comma 5-quinquies, D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, viene così modificato dall’art. 11 dello schema di decreto legislativo: «al fine di agevolare l’integrazione logistica dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle entrate-Riscossione anche attraverso la gestione congiunta dei fabbisogni immobiliari, l’Agenzia delle entrate-Riscossione può avvalersi di tutte le soluzioni allocative individuate per l’Agenzia delle entrate, utilizzando, a titolo gratuito, anche immobili demaniali oppure […]».

34 Per di più la delega non dà le opportune indicazioni al legislatore delegato ed anzi sembra contraddirsi (così, a fronte di riferimenti più ampi presenti nell’art. 18, che ad esempio giusto nell’esordio richiede la «revisione del sistema nazionale della riscossione, anche con riferimento ai tributi degli enti territoriali», l’art. 14 non prevede analoga trasformazione tra i principi e criteri direttivi per la revisione del sistema fiscale dei comuni e sembra invece voler mantenere quei «soggetti abilitati ad effettuare l’attività di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali», non di rado saltati all’attenzione della cronaca non certo per la qualità della loro azione).

35 Per il comma 2 dell’art. 21-ter citato «Ai fini dell’esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per l’esecuzione coattiva dei crediti dello Stato».

36 Si veda l’art. 6.

37 Si ricorda che: ex art. 57 D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 «per la gestione delle funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri uffici del ministero sono istituite l’agenzia delle entrate, l’agenzia delle dogane […]»; ex art. 1 D.L. n. 193/2016 citato, «l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale […] è attribuito all’Agenzia delle entrate […] ed è svolto da […] Agenzia delle entrate-riscossione, ente strumentale dell’Agenzia delle entrate sottoposto all’indirizzo operativo e al controllo della stessa Agenzia delle entrate, che ne monitora costantemente l’attività […]».

38 Cfr. i commi 9-11 dell’art. 6 citato.

39 Si fa riferimento all’art. 14, comma 1, laddove si stabilisce: «f) prevedere, in linea con i princìpi e i criteri direttivi di cui agli articoli 16, 17, 18 e 20, anche i seguenti: […] 2) revisione del sistema della riscossione delle entrate degli enti locali anche attraverso forme di cooperazione tra lo Stato e gli enti locali, anche mediante incentivazioni non onerose per il bilancio dello Stato, per rendere più efficienti le attività di gestione delle entrate degli enti locali con particolare riferimento alle attività dirette all’individuazione di basi imponibili immobiliari non dichiarate. La revisione deve riguardare anche il sistema di vigilanza sui soggetti abilitati ad effettuare l’attività di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, nonché sui soggetti che svolgono esclusivamente le relative funzioni e attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate».

40 Si pensi, per tutte, alle penose vicende legate: alle continue integrazioni della disciplina del R.D. n. 639/1910 (cfr. già l’art .4, comma 2-sexies, D.L. 24 settembre 2002, n. 209, aggiunto in sede di conversione dalla L. 22 novembre 2002, n. 265), sfociate da ultimo nell’art. 1, comma 792, L. 27 dicembre 2019, n. 160: «f) gli enti e i soggetti affidatari di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo n. 446 del 1997 si avvalgono per la riscossione coattiva delle entrate degli enti delle norme di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, con l’esclusione di quanto previsto all’articolo 48-bis del medesimo decreto n. 602 del 1973»; alle continue procrastinazioni dei termini di dismissione dei rapporti con gli enti locali da parte degli agenti nazionali della riscossione (cfr. la lett. gg-ter dell’art. 7, comma 2, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, aggiunta dalla legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106), contraddette da successive indicazioni di segno contrario (ex art. 2 D.L. n. 193/2016 «a decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali di cui all’articolo 1, comma 3, possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e, fermo restando quanto previsto dall’articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate»).

41 Si fa riferimento all’art. 10, comma 1, lett. c), L. 11 marzo 2014, n. 23, del quale, tra gli indicati fini da perseguire, si ricordano qui quelli (di cui alla lett. a) di «assicurare certezza, efficienza ed efficacia nell’esercizio dei poteri di riscossione, rivedendo la normativa vigente e coordinandola in un testo unico di riferimento che recepisca, attraverso la revisione della disciplina dell’ingiunzione di pagamento prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, le procedure e gli istituti previsti per la gestione dei ruoli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, adattandoli alle peculiarità della riscossione locale».Si vedano anche, di interesse, alcune previsioni successive: «6) assoggettare le attività di riscossione coattiva a regole pubblicistiche, a garanzia dei contribuenti, prevedendo, in particolare, che gli enti locali possano riscuotere i tributi e le altre entrate con lo strumento del ruolo in forma diretta o con società interamente partecipate ovvero avvalendosi, in via transitoria e nelle more della riorganizzazione interna degli enti stessi, delle società del gruppo Equitalia, subordinatamente alla trasmissione a queste ultime di informazioni idonee all’identificazione della natura e delle ragioni del credito, con la relativa documentazione; 7) prevedere un codice deontologico dei soggetti affidatari dei servizi di riscossione e degli ufficiali della riscossione, da adottare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze».

42 Anche se non depone in questa direzione il fatto che la disciplina della riscossione delle entrate degli enti locali non sia stata inclusa nella bozza di Testo Unico “Versamenti e riscossione”, predisposta dall’Agenzia delle Entrate, in applicazione dell’art. 21 comma, 1, della delega, su cui la stessa ha avviato le consultazioni, come da comunicato stampa del 13 marzo 2024.

43 Cfr. Guidara A., Prime riflessioni su alcune novità del procedimento di primo grado innanzi alle corti di giustizia tributaria, di prossima pubblicazione, par. 5: ivi ampi riferimenti a contributi sul tema. Cfr. anche Guidara A., La riforma della riscossione: luci ed ombre di una delega frettolosa, cit., 213.

44 Di certo, non dando attuazione alla delega, si è persa un’occasione, che, mettendo definitivamente ordine al riparto di giurisdizione in materia di esecuzione forzata tributaria, avrebbe consentito di ragionare degli atti di quest’ultima (specialmente quanto a tipologia e qualità delle tutele possibili avverso gli stessi): la soluzione non può che essere quella di devolvere al giudice tributario le controversie sugli atti amministrativi dell’agente della riscossione (specie se espressivi di potestà amministrative) e non può che essere legislativa (magari in uno con una vera riforma della riscossione), dal momento che la via dell’interpretazione evolutivo-sistematica non sembra più percorribile dopo la richiamata battuta d’arresto della Corte costituzionale (che, si ricorda, è intervenuta con una pronuncia di accoglimento).

45 Così anche Guidara A., La riforma della riscossione, cit., 215.

46 Si ricorda, infatti, che ex art. 1, comma 6, della legge delega «il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi medesimi ovvero dalla scadenza, se successiva, del termine di cui ai commi 1 o 4, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dalla presente legge e secondo la procedura di cui al presente articolo».

47 Cfr. supra par. 1.

48 Faccio così mio il senso di un diffuso pensiero cristiano (ricondotto comunemente a Sant’Agostino), sentito tempo addietro in un’omelia che mi ha colpito parecchio.

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