La riforma fiscale “ribalta” il criterio di tassazione della liquidazione ordinaria
Di Luca Miele
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Abstract (*)
Questo contributo approfondisce il contenuto delle modifiche apportate dallo schema di decreto legislativo approvato, in via preliminare, dal Consiglio dei ministri del 30 aprile 2024, in attuazione dei principi e criteri direttivi della legge di delega fiscale, alla disciplina recata dal Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR) in materia di liquidazione ordinaria. Si tratta di interventi significativi che muteranno le regole di determinazione del reddito nella fase di liquidazione, “ribaltando” il criterio di tassazione: il risultato di ogni esercizio sarà determinato in via definitiva (anziché in via provvisoria), con applicazione delle regole di tassazione ordinarie. È altresì introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del c.d. carry back.
The tax reform “overturns” the taxation criterion of ordinary liquidation-This paper deepens the content of those changes which the draft legislative decree approved, preliminarily, by the Council of Ministers on 30 April 2024, has made to the regulations contained in the Consolidated Income Tax Act (TUIR) regarding ordinary liquidation, in implementation of principles and directive criteria of the tax reform. These are significant interventions which will change the rules for determining income during the liquidation phase, “overturning” the taxation criterion: the result of each financial year will be determined definitively (rather than provisionally), with application of the ordinary taxation rules. The institution of the so-called carry back is also introduced into our system.
Sommario: 1. Premessa. – 2. La disciplina vigente. – 2.1 Il trattamento delle perdite. – 3. La riforma fiscale. – 3.1 La tassazione definitiva. – 3.2 Perdite finali della società di capitali nel consolidato fiscale e nella trasparenza fiscale. – 4. Conclusioni.
1. La legge delega per la revisione del sistema fiscale1 reca, tra gli altri, principi e criteri direttivi la cui attuazione è destinata a modificare sostanzialmente la disciplina della liquidazione ordinaria. In particolare, l’art. 9, comma 1, lett. f) dispone di: «f) semplificare e razionalizzare la disciplina della liquidazione ordinaria delle imprese individuali e delle società commerciali, stabilendo la definitività del reddito relativo a ciascun periodo di imposta, fatta salva la facoltà del contribuente, se la liquidazione non si protrae rispettivamente per più di tre o di cinque esercizi, di determinare il reddito d’impresa relativo ai periodi compresi tra l’inizio e la chiusura della stessa in base al bilancio finale, provvedendo alla riliquidazione dell’imposta».
Lo schema di decreto legislativo approvato, in via preliminare, dal Consiglio dei Ministri del 30 aprile 2024 (da qui in avanti, Decreto) ha attuato tali principi e criteri direttivi riscrivendo la disciplina fiscale, ai fini delle imposte sui redditi, della liquidazione ordinaria dei soggetti che esercitano attività commerciali siano essi imprese individuali, società di persone e società di capitali.
L’intervento apportato nell’ambito dell’art. 182 TUIR risponde essenzialmente a finalità di semplificazione e razionalizzazione di una disciplina che oggi si presenta, in concreto, di difficile applicazione.
2. Al fine di meglio apprezzare l’intervento operato dal Decreto, giova sintetizzare le direttrici che guidano l’assetto vigente. Allo stato, la disciplina fiscale prevista dall’art. 182 TUIR prevede, al comma 1, le modalità di determinazione del reddito d’impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e l’inizio della liquidazione2 sia delle imprese individuali e delle società di persone sia delle società di capitali, disponendo che detto reddito è determinato in base ad apposito conto economico, ovvero a norma dell’art. 66 TUIR3 o dell’art. 3, comma 177, L. 23 dicembre 1996, n. 662. Si tratta della fase pre-liquidatoria il cui risultato reddituale deve essere determinato secondo le regole ordinarie ed è oggetto di autonomo obbligo dichiarativo.
Se la liquidazione interessa una società di persone, il reddito sarà imputato ai soci persone fisiche secondo il regime di trasparenza e, unitamente agli altri redditi posseduti, confluirà nel reddito complessivo IRPEF. Ragionamento analogo rileva per le imprese individuali.
Per quanto riguarda la fase liquidatoria e il risultato reddituale della medesima, da un lato il legislatore ha inteso determinare in modo unitario tale risultato, dall’altro ha manifestato l’esigenza di evitare che il protrarsi della liquidazione arrechi danno alle ragioni erariali. Tali finalità sono state, tuttavia, perseguite con modalità che hanno dato origine ad un sistema piuttosto complesso il cui superamento è stato da più parti auspicato4.
In particolare, per il periodo di liquidazione è disposto, al comma 2 dell’art. 182, un regime provvisorio di tassazione – la cui durata è di tre o cinque esercizi, a seconda della tipologia dei soggetti – i cui redditi devono essere assoggettati a conguaglio per tener conto delle perdite che nel corso di detti esercizi non hanno avuto rilevanza; se la liquidazione si protrae per più di tre o di cinque esercizi, i redditi provvisori diventano definitivi, ma anche in tal caso occorre provvedere a dare rilevanza alle perdite pregresse che medio tempore sono state sospese.
Più in dettaglio, il periodo che intercorre tra la messa in liquidazione e la chiusura della procedura ha, in linea di principio, natura unitaria, ossia costituisce un unico periodo di imposta anche nel caso in cui si protragga per più esercizi, ma il reddito dei vari esercizi è determinato in via provvisoria.
La determinazione del reddito relativo al periodo di liquidazione avviene in base a regole parzialmente differenti a seconda della natura del soggetto coinvolto, e, a tal fine, è utile distinguere le modalità previste per le imprese individuali, società di persone e soggetti assimilati, da un lato, e le società di capitali, dall’altro.
Per quanto concerne le prime, è necessario ulteriormente distinguere tre ipotesi:
la procedura di liquidazione si esaurisce entro la residua frazione del periodo d’imposta nel quale ha avuto inizio;
la procedura di liquidazione termina entro il triennio;
la procedura si protrae oltre il triennio.
Nell’ipotesi sub a), il reddito d’impresa è determinato in base al bilancio finale di liquidazione (apportando le eventuali variazioni previste dal TUIR) ed assume carattere definitivo. I soggetti in contabilità semplificata, ancorché siano tenuti a redigere il bilancio finale di liquidazione, determinano comunque il reddito in base alle regole dell’art. 66 TUIR.
Nell’ipotesi sub b), l’intera procedura è considerata, ai fini fiscali, come un unico periodo d’imposta. Il reddito d’impresa relativo ai periodi intermedi è determinato in via provvisoria applicando le regole ordinariamente previste in relazione al regime contabile e di tassazione adottato dal contribuente. In particolare:
per i soggetti in contabilità ordinaria, il reddito è determinato in base al bilancio del relativo esercizio intermedio (apportando le eventuali variazioni fiscali);
per i soggetti in contabilità semplificata, rilevano le regole di cui all’art. 66 TUIR.
L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che, durante gli esercizi intermedi, devono continuare ad essere imputate le quote di proventi od oneri la cui imponibilità o deducibilità sia stata rinviata da precedenti esercizi. Le eventuali quote residue oggetto di rateizzazione concorreranno alla formazione del reddito relativo all’ultimo esercizio in cui si chiude la fase di liquidazione (circ. min. 3 maggio 1996, n. 108, par. 6.12).
Al termine della procedura di liquidazione, mediante il bilancio finale, saranno effettuate le operazioni di conguaglio tra le imposte sui redditi determinate e versate in via provvisoria e le imposte sui redditi definitivamente dovute sul reddito relativo all’intera durata della procedura.
Infine, nell’ipotesi sub c), ovvero quando la procedura di liquidazione si protrae per più di tre anni, i redditi relativi agli esercizi intermedi divengono definitivi, con la conseguenza che resta preclusa la possibilità di effettuare il conguaglio in base al bilancio finale di liquidazione e i redditi intermedi concorrono a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci per i periodi d’imposta di competenza, anche se già tassati separatamente.
La decadenza del beneficio del conguaglio deriva da esigenze di cautela fiscale essendo volta «ad impedire artifiziosi prolungamenti dello stato di liquidazione» (note illustrative ministeriali al progetto di Testo Unico).
Analogamente a quanto visto per la liquidazione delle imprese individuali e delle società personali, anche per la determinazione del reddito derivante dalla liquidazione delle società di capitali è necessario distinguere tre ipotesi:
la procedura di liquidazione si esaurisce entro la residua frazione del periodo d’imposta nel quale è stata deliberata;
la procedura di liquidazione termina entro il quinquennio;
la procedura si protrae oltre il quinquennio.
Nell’ipotesi sub a), il reddito d’impresa è determinato in base al bilancio finale di liquidazione (apportando le eventuali variazioni fiscali) e assume carattere definitivo.
Nell’ipotesi sub b), l’intera procedura è considerata, ai fini fiscali, come un unico periodo d’imposta. Il reddito dei periodi intermedi è determinato in via provvisoria sulla base dei bilanci relativi ai rispettivi periodi, alla redazione dei quali le società di capitali in liquidazione volontaria sono tenute, oltre alla redazione del bilancio finale di liquidazione (circ. min. 19 maggio 2000, n. 101, par. 12.1).
Al termine della procedura, mediante il bilancio finale, sono eseguite le operazioni di conguaglio tra le imposte sui redditi determinate e versate in via provvisoria e le imposte sui redditi definitivamente dovute sul reddito relativo all’intera durata della procedura.
Nell’ipotesi sub c), i redditi relativi agli esercizi intermedi, determinati in via provvisoria, divengono definitivi, restando così preclusa la possibilità di effettuare il conguaglio finale.
Stesso effetto di consolidamento delle determinazioni provvisorie si produce allorquando la liquidazione viene revocata ex art. 2487-ter c.c. ovvero quando non risulta essere stato presentato il bilancio finale di liquidazione.
2.1. Al fine di definire il trattamento fiscale delle perdite nell’ambito della procedura di liquidazione è necessario operare una duplice distinzione, differenziando la disciplina fiscale delle perdite delle società di persone e degli imprenditori individuali (“soggetti IRPEF”) da quelle delle società di capitali (“soggetti IRES”); occorre poi distinguere le perdite maturate prima dell’inizio della liquidazione da quelle realizzate durante la fase di liquidazione.
Perdite ante liquidazione dei soggetti IRPEF
Per le società di persone non assumono rilievo le perdite conseguite nel periodo ante liquidazione. In ossequio al principio di trasparenza, tali perdite si imputano a ciascun socio nella proporzione stabilita dall’art. 5 TUIR. Dunque, le perdite subite precedentemente all’inizio della liquidazione sono direttamente scomputate in capo a ciascun socio dal proprio reddito complessivo, in base alle regole stabilite dall’art. 8 TUIR. In sostanza, le perdite in esame possono essere portate a nuovo e scomputate se, e nella misura in cui, i soci possiedano altre partecipazioni in società di persone oppure esercitino, in prima persona, una impresa commerciale.
Per gli imprenditori individuali, le perdite conseguite prima della liquidazione possono essere oggetto di riporto nei successivi periodi di imposta a compensazione:
dei redditi del periodo di liquidazione;
dei redditi da partecipazione in società di persone eventualmente posseduti.
Perdite dei periodi intermedi di liquidazione e perdita di liquidazione dei soggetti IRPEF
L’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 182 TUIR dispone che «se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’art. 8». Da tale previsione è fatto discendere, secondo tesi prevalente, che le perdite sorte nel corso dei periodi intermedi di liquidazione (o nella residua frazione di esercizio iniziale della liquidazione) possono essere sottratte dal reddito complessivo dei soci soltanto quando si consolidino in base al bilancio finale di liquidazione e non quando emergano dai bilanci relativi agli esercizi intermedi. In altre parole, è esclusa l’imputazione per trasparenza delle perdite intermedie.
In tal senso si esprime la relazione al progetto di Testo Unico laddove chiarisce che, per le società di persone, «le disposizioni dell’art. 8 dello schema di Testo Unico, concernenti la deduzione delle perdite d’impresa dal reddito complessivo, o pro-quota, dal reddito complessivo di ciascuno dei soci, nonché il riporto delle perdite ai periodi d’imposta successivi, si applicano per le perdite che risultino definitivamente a chiusura della liquidazione (secondo comma, ultima parte), e non anche per le perdite degli esercizi intermedi (a queste, in altre parole, non viene estesa la regola della rilevanza fiscale provvisoria stabilita per i redditi, sia perché tale regola è posta ad esclusiva tutela del Fisco, sia per non creare ulteriori complicazioni applicative)».
Pertanto, alle perdite subite durante gli esercizi intermedi della liquidazione non si applica la regola della rilevanza fiscale provvisoria, prevista, invece, per gli utili. Tali perdite restano sospese e acquisiscono rilevanza fiscale solo all’atto del conguaglio in base al bilancio finale di liquidazione, sicché i redditi già tassati in via provvisoria devono essere rideterminati per tener conto dell’incidenza delle perdite e devono conseguentemente essere riliquidate le relative dichiarazioni dei redditi.
Tra gli utili e le perdite emerse nei vari esercizi intermedi si crea una sorta di compensazione che avviene soltanto all’atto della presentazione della dichiarazione relativa al bilancio finale di liquidazione.
Eventualmente, solo la perdita scaturente dalla compensazione finale tra i risultati dei vari esercizi intermedi che compongono la procedura di liquidazione può essere dedotta pro quota dal reddito complessivo dei singoli soci, con la facoltà, da parte di questi ultimi, di riportare la perdita eccedente il reddito complessivo dell’anno.
Da ultimo è da evidenziare come, in assenza di un orientamento ufficiale dell’Amministrazione finanziaria, risulti ancora aperto il tema del trattamento delle perdite nel caso in cui la liquidazione ecceda il triennio.
Come rilevato in precedenza, l’art. 182, comma 2, TUIR stabilisce, infatti, che, «se la liquidazione si protrae per più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, […] i redditi così determinati […] si considerano definitivi e ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche concorrono a formare il reddito complessivo […] dei soci per il periodo d’imposta di competenza».
Atteso che la norma ha riferimento solo ai “redditi” dei periodi intermedi che diventano definitivi per il decorso del tempo, si pone il dubbio se, in presenza di liquidazioni eccedenti il triennio, le perdite maturate nei periodi intermedi siano fiscalmente rilevanti e quindi “recuperabili” e, in caso positivo, se l’utilizzo sia possibile dal periodo d’imposta in cui esse acquisiscono il carattere della definitività (di fatto, il quarto periodo successivo a quello di inizio della liquidazione, comprendendo nel computo anche l’esercizio in cui la procedura ha avuto inizio) oppure soltanto all’atto della chiusura della liquidazione.
Secondo un primo orientamento, la disposizione in base alla quale «se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’art. 8» sarebbe riferibile a tutte le procedure di liquidazione, a prescindere dalla durata delle stesse. Infatti, il dato letterale non distingue il caso in cui la liquidazione si sia chiusa in perdita entro i tre esercizi da quello in cui, invece, tale arco temporale venga superato.
In senso opposto si è osservato che, poiché la definitività dei periodi d’imposta provvisori assume rilievo, ai sensi dell’art. 182 TUIR, solo per i redditi e non anche per le perdite, potrebbe ritenersi che, decorso il triennio e venendo meno la possibilità di redigere il bilancio finale, le perdite maturate nei periodi intermedi siano fiscalmente irrilevanti e quindi non recuperabili.
Tale orientamento non ha alcun aggancio testuale e non sembra rispondere neanche alla ratio delle disposizioni che caratterizzano la liquidazione. In tal senso, occorre interpretare la norma cercando di scongiurare eventuali comportamenti elusivi volti a prolungare in modo strumentale la liquidazione, al solo fine di posticipare il pagamento delle imposte. A questo principio sono, infatti, ispirate le disposizioni dell’art. 182 TUIR, laddove prevedono, da un lato, una penalizzazione nel caso in cui la liquidazione si protragga oltre il terzo esercizio sociale e, dall’altro, la possibilità per il contribuente di ”sterilizzare” la medesima penalizzazione avvalendosi del procedimento di determinazione del reddito in base al conguaglio finale, a condizione che siano portate a compimento le operazioni di liquidazione entro il citato termine temporale.
Laddove si aderisca all’impostazione che sancisce l’ammissibilità del riporto delle perdite maturate nei periodi intermedi, si pone l’ulteriore problema di stabilire se l’utilizzo sia possibile dal periodo d’imposta in cui esse acquisiscono il carattere della definitività oppure soltanto all’atto della chiusura della liquidazione. In altre parole, si tratta di stabilire se la locuzione “chiude in perdita” debba essere riferita solo all’ultimo esercizio o sia comunque da riferire all’intero bilancio di liquidazione”, anche se la procedura ha una durata superiore a tre esercizi.
Esempio – Perdite di periodo e liquidazione di società di persone di durata superiore a 3 anni
La società di persone Alfa presenta la seguente situazione.
Liquidazione iniziata nel corso del 2020 e terminata nel 2023 con i seguenti risultati fiscali:
2020
Reddito
10.000
2021
Reddito
12.000
2022
Reddito
8.000
2023
Perdita
35.000
La liquidazione si chiude complessivamente in perdita (5.000). A detta perdita si ritengono applicabili le disposizioni di cui all’art. 8 TUIR. Aderiamo, infatti, all’orientamento secondo il quale la disposizione «se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’art. 8» è riferibile a tutte le procedure di liquidazione, a prescindere dalla durata delle stesse. Infatti, il dato letterale non distingue il caso in cui la liquidazione si sia chiusa in perdita entro i tre esercizi da quello in cui, invece, tale arco temporale venga superato.
Negare l’utilizzo della perdita – sostenendo che il rinvio al predetto art. 8 TUIR rileva solo per le liquidazioni che si chiudono in tre periodi di imposta – è irrazionale in quanto l’impresa in questione subisce già una penalizzazione consistente nel sottoporre a tassazione in modo definitivo i redditi dei primi tre esercizi in quanto gli stessi non possono più essere oggetto di conguaglio.
Si osservi che se, diversamente, la liquidazione si fosse conclusa nel corso del 2022 e il contribuente avesse avuto lo stesso risultato negativo, avrebbe potuto a conguaglio vantare il credito per le imposte pagate per il 2020 e il 2021.
Nell’ipotesi in cui la liquidazione si protragga per più di tre esercizi, in sostanza, sono acquisiti a tassazione definitiva tutti i risultati positivi (redditi), compreso quello relativo all’esercizio nel corso del quale la liquidazione è terminata. Pertanto, non vi è motivo di negare anche la compensazione, ai sensi dell’art. 8 TUIR, di eventuali perdite prodotte successivamente al terzo esercizio
La società di persone Alfa presenta la seguente situazione.
Alla chiusura della liquidazione, in definitiva, si applica l’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 182 TUIR e il risultato fiscalmente rilevante dell’ultimo esercizio sarà in ogni caso costituito dalla perdita dell’intera liquidazione.
Di fatto opera un conguaglio, ma gli eventuali redditi dichiarati per i precedenti esercizi restano acquisiti definitivamente. A fortiori dell’interpretazione descritta, si veda anche l’esemplificazione sottostante.
Liquidazione iniziata nel 2020 e terminata nel 2023 con i seguenti risultati fiscali:
2020
Perdita
8.000
2021
Perdita
4.000
2022
Perdita
3.000
2023
Perdita
5.000
La liquidazione si è chiusa complessivamente in perdita (20.000).
Nell’esercizio di chiusura della liquidazione, la perdita complessiva dovrebbe potere assumere integrale rilevanza, recuperando lo stato di “sospensione” nel quale sono state tenute le quote relative agli anni 2020, 2021 e 2022. Nel caso illustrato, infatti, nessun comportamento elusivo o di posticipazione del pagamento delle imposte può essere addebitato al contribuente, il quale è già stato comunque penalizzato per non aver potuto utilizzare le perdite intermedie nei rispettivi esercizi di formazione. La tesi secondo la quale assume rilevanza la sola perdita del 2023 deve, perciò, essere rifiutata.
Perdite ante liquidazione dei soggetti IRES
Per le società di capitali, ai sensi dell’art. 182, comma 3, TUIR le perdite di esercizi anteriori alla liquidazione non compensate nel corso di questa sono ammesse in deduzione dal reddito d’impresa in sede di conguaglio.
Tale principio discende dal fatto che la liquidazione è valutata, sotto il profilo fiscale, come un periodo unitario ed in quanto tale trattato come un unico periodo d’imposta anche nel caso in cui si protragga per più anni. Le perdite in discorso sono scomputabili anche dai redditi provvisori conseguiti negli esercizi di liquidazione, differentemente da quanto stabilito per i soggetti IRPEF.
Con la ris. 23 aprile 2002, n. 124/E, l’Amministrazione ha confermato che, per le società di capitali, le perdite di esercizio conseguite anteriormente alla messa in liquidazione e non compensate nel corso della liquidazione possono essere compensate in sede di conguaglio finale a condizione che la liquidazione si chiuda nel termine di cinque anni. Diversamente, se la liquidazione si protrae per più di cinque anni, tali perdite sono indeducibili, in quanto i redditi degli esercizi intermedi si considerano definitivi senza possibilità di effettuare il conguaglio finale (ris. n. 29/E/2004).
Ad analoghe conclusioni dovrebbe pervenirsi qualora si ometta la presentazione del bilancio finale di liquidazione, posto che anche in questo caso i redditi determinati in via provvisoria si considerano definitivi.
I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate della richiamata risoluzione n. 124/E/2022 possono prestarsi oggi ad una diversa interpretazione nel senso di ritenere non più attuale il passaggio secondo cui le perdite maturate nel periodo ante liquidazione, nel momento in cui i redditi divengono definitivi, non sono più riportabili, in ragione del superamento del limite quinquennale del riporto all’epoca vigente e del sopravvenuto riporto illimitato delle perdite (Vial E., Con la nuova liquidazione risultato di ogni esercizio determinato in via definitiva, in il fisco, 2024, 24, 2263 ss.).
Va evidenziato che le perdite di esercizio anteriori all’inizio della liquidazione possono essere utilizzate a scomputo dei redditi eventualmente conseguiti nei periodi intermedi della liquidazione nei limiti dell’80% dei medesimi (Assonime, circolare 22 dicembre 2011, n. 33).
Perdite dei periodi intermedi e perdite di liquidazione dei soggetti IRES
Le perdite di esercizio realizzate nei singoli periodi di liquidazione, invece, sono compensabili, ai sensi del già citato art. 84, comma 1, TUIR, indipendentemente dal fatto che la liquidazione si concluda o meno nei previsti cinque anni.
La posizione assunta dall’Amministrazione (ris. n. 124/E/2002) è la stessa che in passato ha assunto la dottrina prevalente ritenendo che altrimenti si sarebbe venuto a creare un danno per il contribuente allorché la liquidazione si protraesse per più di cinque periodi ovvero non venisse presentato il bilancio finale di liquidazione. Infatti, in tali ipotesi divenendo definitivi i risultati prodotti durante la liquidazione le perdite non compensate nei singoli esercizi diventerebbero fiscalmente irrilevanti non potendo più procedere al conguaglio finale.
Si osserva che il limite al riporto non dovrebbe trovare applicazione in sede di conguaglio finale, atteso che la soglia dell’80% non è diretta ad impedire l’intera utilizzabilità della perdita, bensì a rallentarne il processo di assorbimento con i redditi di periodo. Pertanto, si ritiene che, in tale sede, le perdite residue siano interamente compensabili, anche oltre l’80% dell’imponibile (Assonime, circolare n. 33/2011). Se così non fosse, si avrebbe una “definitività” della parziale deducibilità della perdita (80%) che non avrebbe alcuna giustificazione e determinerebbe una violazione del principio di uguaglianza (rispetto ai soggetti non in liquidazione).
Tale conclusione risulta anche da una risposta ad interpello della Direzione Regionale del Veneto secondo cui «Nel silenzio della norma, deve ritenersi che le perdite realizzate nei singoli periodi di liquidazione siano ordinariamente compensabili secondo le modalità prescritte dall’articolo 84 Tuir, come emendato dal D.L. n. 98/11, con eventuali redditi prodotti durante la liquidazione stessa e che la quota parte di esse non utilizzata sia integralmente compensabile in sede di determinazione del reddito finale. […]. Si ritiene che tale interpretazione risulti coerente con la ratio della riforma attuata dal legislatore del 2011 il quale, pur prevedendo un differimento in corso nell’impiego delle perdite non ha inteso negarne l’integrale utilizzo. La limitazione forfettaria prevista dalla nuova disciplina, infatti, ha il solo scopo di modulare l’ammontare complessivo delle perdite compensabili in ciascun periodo di imposta”.
Esempio – Tassazione del reddito in caso di liquidazione volontaria di durata “superiore” ai 5 anni
Si ipotizzi che la società XXX S.r.l. sia stata in liquidazione volontaria tra il 1° luglio 2018 e il 30 dicembre 2023. Si supponga, altresì, che abbia realizzato i seguenti risultati parziali di periodo:
1° periodo: imponibile 100,00;
2° periodo: imponibile 150,00;
3° periodo: imponibile 400,00;
4° periodo: imponibile 250,00;
5° periodo: perdita 450,00;
6° periodo: perdita 100,00.
Nel 1° periodo, la società in liquidazione ha versato IRES sul risultato positivo di 100,00 e, quindi, 24 (pari a 100,00 x 24%).
Nel 2° periodo, la società in liquidazione ha versato IRES sul risultato positivo di 150,00 e, quindi, 36 (pari a 150,00 x 24%).
Nel 3° periodo, la società in liquidazione ha versato IRES sul risultato positivo di 400,00 e, quindi, 96 (pari a 400,00 x 24%).
Nel 4° periodo, la società in liquidazione ha versato IRES sul risultato positivo di 250,00 e, quindi, 60 (pari a 250,00 x 24%).
Nel 5° periodo, la società non ha versato IRES, chiudendo con una perdita di 450,00.
Nel 6° periodo, la società ha versato IRES, chiudendo con una perdita di 100,00.
Il liquidatore, in sede di predisposizione del bilancio finale di liquidazione, determinerà il seguente risultato:
1° periodo
100,00
2° periodo
150,00
3° periodo
400,00
4° periodo
250,00
5° periodo
(450,00)
6° periodo
(100,00)
Totale
350,00
Su tale importo (350,00) la società calcolerà l’IRES effettivamente dovuta pari a 84 euro. Ma, nei periodi intermedi, la società ha versato IRES per 216,00 euro. Pertanto, avrebbe diritto, in linea teorica, ad un conguaglio a credito di IRES per 132,00 euro. Tuttavia, tale credito non compete in quanto la liquidazione si è protratta per più di cinque periodi e, quindi, la maggiore IRES assolta non potrà essere recuperata, poiché derivante da redditi che si considerano tassati a titolo definitivo.
Dall’analisi sin qui svolta è evidente la complessità applicativa della disciplina fiscale della liquidazione volontaria, complessità acuita dalla circostanza che mai alcun chiarimento di prassi è intervenuto circa le modalità di effettuazione, in concreto, del conguaglio. In primis non è mai stato chiarito se tale operazione debba avvenire a cura degli Uffici finanziari o del contribuente e, soprattutto, non può dubitarsi della difficoltà di un conguaglio tra redditi che sono stati già assoggettati a tassazione con le aliquote progressive (personali) o a tassazione separata.
3. Le complessità applicative anzi indicate hanno indotto il legislatore, nell’ambito della delega fiscale, a ribaltare il criterio di tassazione previsto dall’art. 182 TUIR.
Nella relazione illustrativa al Decreto si legge: «Attualmente il regime dell’articolo 182 prevede che il reddito degli esercizi compresi nella liquidazione è determinato in via provvisoria, in base al rispettivo bilancio. Tali redditi, tuttavia, si intendono definitivi tanto nell’ipotesi in cui la liquidazione dell’impresa individuale o delle società di persone si protragga per più di tre esercizi (cinque esercizi in caso di soggetti IRES), quanto in quella in cui è stata omessa la presentazione del bilancio finale.
La definitività dei redditi che determina la loro concorrenza alla formazione del reddito complessivo dell’imprenditore, dei collaboratori familiari e dei soci per i periodi d’imposta di competenza, opera ancorché gli stessi siano stati tassati separatamente ai sensi degli articoli 17 e 21 del TUIR.
Ciò naturalmente ha comportato significative complessità procedurali nonché impiego di capacità operativa dell’Amministrazione finanziaria».
La farraginosità di tale assetto normativo ha comportato, come detto, una profonda revisione del regime fiscale della liquidazione ordinaria.
3.1 Il periodo ante liquidazione.
Venendo al testo del novellato art. 182, il comma 1 – concernente la determinazione del reddito del periodo ante liquidazione – riproduce sostanzialmente l’omologo comma della disciplina vigente, senza apportare modifiche sostanziali. È infatti stabilito che: «1. In caso di liquidazione dell’impresa o della società il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e l’inizio della liquidazione è determinato in base ad apposito conto economico, ovvero a norma dell’articolo 66 se ne ricorrono i presupposti; il conto economico deve essere redatto, per le società, in conformità alle risultanze del conto della gestione prescritto all’articolo 2277 del codice civile. Per le imprese individuali la data di inizio della liquidazione, ai fini delle imposte sui redditi, è quella indicata nella dichiarazione di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
È soppresso il riferimento all’art. 3, comma 177, L. n. 662/1996, in quanto disposizione abrogata da anni (art. 5, comma 2, D.L. n. 203/2005).
La fase di liquidazione
I commi 2 e 3 del novellato articolo 182 recano la disciplina della determinazione del reddito del periodo di liquidazione.
Nella relazione illustrativa al Decreto si legge che la nuova disciplina «ribalta il criterio di tassazione: il risultato di ogni esercizio è determinato in via definitiva (anziché in via provvisoria), con applicazione delle regole di tassazione ordinarie, salvo prevedere anche per le imprese individuali e le società di persone lo scomputo delle perdite dal reddito dei periodi di imposta successivi compresi nella liquidazione.
Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’articolo 8 del TUIR. Tuttavia, se la liquidazione si protrae per non più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, l’impresa individuale o la società di persone può rideterminare il reddito degli esercizi di liquidazione e scomputare la perdita finale di liquidazione con il criterio c.d. carry back, cioè a riduzione del reddito dell’ultimo di tali esercizi e progressivamente del reddito di ciascuno degli esercizi precedenti fino a concorrenza del reddito degli stessi. In tal caso l’imprenditore individuale e i soci delle società personali possono chiedere la tassazione separata del reddito a norma degli articoli 17 e 21.
Stesso criterio è previsto per le società IRES per le quali tuttavia l’applicazione del carry back che consente di compensare la perdita di liquidazione con il reddito dei periodi di imposta precedenti è consentita se la liquidazione si protrae per non più di cinque esercizi»5.
In estrema sintesi, il risultato reddituale di ogni esercizio è determinato applicando le disposizioni ordinarie del reddito di impresa, al netto delle perdite degli esercizi precedenti per il loro intero importo, indipendentemente dalla durata della liquidazione. Detto reddito è tassato in via definitiva, salvo – ricorrendone le condizioni – l’opzione per l’applicazione del carry back e per la tassazione separata.
Più nel dettaglio.
Imprese individuali e società di persone
Art. 182, comma 2. «Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale, che deve essere redatto anche nei casi di cui all’articolo 66. Se la liquidazione si protrae oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio, al netto delle perdite degli esercizi precedenti compresi nella liquidazione, concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci. Se la liquidazione si protrae per non più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio: a) l’impresa o la società può rideterminare il reddito dell’ultimo di tali esercizi e progressivamente quello degli esercizi precedenti, computando a riduzione di ciascuno di essi le perdite residue fino a concorrenza del relativo importo; b) l’imprenditore, i collaboratori familiari e i soci possono chiedere la tassazione separata del reddito a norma degli articoli 17 e 21. Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’articolo 8».
La nuova disciplina si basa sui seguenti “pilastri”:
la rideterminazione dell’intero periodo di liquidazione (se di durata inferiore ai tre anni) avviene solo previa opzione del contribuente esercitata al termine della procedura, sommando algebricamente redditi e perdite di periodo in modo da addivenire all’unico risultato del periodo di liquidazione;
le perdite si scomputano interamente dal reddito degli esercizi successivi compresi nella liquidazione (fino a capienza degli stessi), senza considerare il limite dell’80%. Ciò sta a significare che anche per i soggetti IRPEF la perdita di un periodo “intermedio” della liquidazione resta “sospesa”, in attesa di compensazione con il reddito degli esercizi successivi. In altre parole, la perdita “sospesa” non è imputata ai soci ai sensi dell’art. 8 TUIR e nella proporzione stabilita dall’art. 5 del medesimo Testo Unico ma sarà utilizzata a compensazione dei redditi degli esercizi successivi;
è introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento, l’istituto del carry back delle perdite6, che risulta pienamente conforme all’idea di un reddito unitario del periodo di liquidazione e al principio di capacità contributiva. Si tratta del riporto all’indietro delle perdite a scomputo dei redditi dei periodi d’imposta precedenti, con conseguente riliquidazione delle imposte dovute. Più precisamente, l’impresa individuale o la società di persone può scegliere, se lo reputa conveniente, di applicare il carry back rideterminando il reddito degli esercizi di liquidazione dai quali scomputare la perdita finale di liquidazione (derivante dalle perdite degli esercizi compresi nella liquidazione che non hanno potuto trovare compensazione con i redditi degli esercizi successivi). Si osserva che la perdita finale di liquidazione è scomputata, in primis, dal reddito dell’ultimo esercizio di liquidazione e poi, eventualmente, a riduzione del reddito di ciascuno degli esercizi precedenti. Non si applica, quindi, una imputazione proporzionale della perdita finale ai redditi di periodo, criterio che sarebbe risultato più coerente con il principio di unitarietà del periodo di liquidazione, ancorché più complesso;
la tassazione separata per i contribuenti IRPEF, ex artt. 17 e 21 TUIR, non può trovare applicazione nei periodi intermedi di liquidazione ma è riconosciuta al contribuente, previa opzione, solo al termine della procedura, se di durata inferiore ai tre anni. In sostanza, si può richiedere la tassazione separata su redditi che intanto hanno già concorso alla formazione del reddito complessivo. Resta da chiarire se tale scelta per la tassazione separata possa riguardare i redditi così come rideterminati a seguito del carry back.Si ritiene, inoltre, che andrebbe stabilito che per la determinazione dell’aliquota per la tassazione separata andrebbe considerata l’aliquota media del biennio precedente all’anno nel corso del quale inizia la liquidazione;
se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’art. 8. Pertanto, all’eccedenza delle perdite non compensate con i redditi degli esercizi compresi nella liquidazione (anche avvalendosi del carry back) si applica il regime ordinario del comma 3 del menzionato art. 8. E, quindi, la perdita conseguita dall’imprenditore individuale o acquisita dai soci per imputazione da parte delle società di persone è portata esclusivamente in diminuzione “verticale” di redditi della medesima categoria, vale a dire quelli conseguiti mediante l’esercizio di imprese commerciali, la partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice (ed equiparate), determinati ordinariamente o ai sensi dell’art. 66 TUIR. L’eccedenza di perdite non utilizzate “verticalmente” nell’esercizio di formazione è scomputata dai redditi dei periodi di imposta successivi in misura non superiore all’80% di essi e per l’intero importo che trova capienza in tali redditi.
Società di capitali
Art. 182, comma 3. «Per le società soggette all’imposta di cui al titolo II, il reddito relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in base al rispettivo bilancio, al netto delle perdite dei precedenti esercizi, anche se anteriori all’inizio della liquidazione, liquidando la relativa imposta. Se la liquidazione si protrae per non più di cinque esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, la società può rideterminare il reddito dell’ultimo di tali esercizi e progressivamente quello degli esercizi precedenti, computando a riduzione di ciascuno di essi le perdite residue fino a concorrenza del relativo importo».
La nuova disciplina della liquidazione ordinaria per le società di capitali si basa sui medesimi “pilastri” già analizzati in relazione ai soggetti IRPEF con l’avvertenza che il riporto all’indietro delle perdite (carry back) può essere scelto se la liquidazione si protrae per non più di cinque esercizi.
La differenza significativa è rappresentata dall’utilizzo delle perdite finali o, meglio, dal mancato utilizzo delle stesse. Infatti, mentre per i soggetti IRPEF, come visto, si applica l’art. 8, comma 3, TUIR, nessuna disciplina è stabilita per le perdite finali delle società di capitali che, dunque, restano “a carico” della società.
Il tema è noto al legislatore tanto che la medesima delega fiscale dispone, nell’ambito dell’armonizzazione dei redditi di natura finanziaria delle persone fisiche (art. 5, comma 1, lett. d), n. 2 della delega), anche la possibilità di compensare le perdite derivanti dalla liquidazione di società ed enti con i redditi di natura finanziaria da assoggettare a imposta sostitutiva.
3.2 Il Decreto non reca alcuna previsione di coordinamento tra la nuova disciplina fiscale della liquidazione ordinaria e gli istituti del consolidato e della trasparenza fiscale. Tuttavia, la relazione illustrativa al provvedimento afferma: «Da ultimo, si osserva che la nuova disciplina di determinazione del reddito delle imprese in liquidazione, e in particolare l’eventuale applicazione del menzionato carry back delle perdite, che agevola la compensazione di redditi e delle perdite relativi ai periodi compresi nella liquidazione risulta incompatibile con le regole della tassazione di gruppo. In tal caso si deve ritenere che il nuovo regime fiscale di liquidazione delle società soggette all’IRES, pur non costituendo causa di interruzione della tassazione di gruppo che, peraltro, già prevede all’articolo 12, comma 1, lettera c), del D.M. 1 marzo 2018 che il reddito e le perdite fiscali di ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano definitivi, indipendentemente dalla durata della liquidazione, non risulti applicabile limitatamente al meccanismo di carry back delle perdite. Devono ritenersi quindi confermate le disposizioni del comma 7 dell’art. 11 del D.M. 1° marzo 2018, secondo cui “La liquidazione volontaria della consolidante o della consolidata non interrompe la tassazione di gruppo”.
Parimenti, ove la società in liquidazione abbia optato per il regime di trasparenza fiscale, resta fermo quanto dispone l’articolo 10 del decreto 23 aprile 2004 secondo cui “Se la società partecipata è messa in liquidazione, l’opzione non perde efficacia. Tuttavia, in deroga all’art. 182, comma 3, del Testo Unico, il reddito o le perdite fiscali di ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano definitivi, indipendentemente dalla durata della liquidazione stessa”. Anche in tal caso, infatti, la necessità di imputare in ciascun periodo di imposta (in via definitiva) i redditi e le perdite ai soci sarebbe incompatibile con il regime fiscale della liquidazione che consente il riporto all’indietro delle perdite».
La relazione, quindi, conferma che la liquidazione volontaria non interrompe la tassazione di gruppo, sia che essa riguardi la consolidante ovvero la consolidata. Conferma, altresì, che se la liquidazione si protrae oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio, i redditi o le perdite fiscali di ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano definitivi, indipendentemente dalla durata della liquidazione stessa. Il reddito relativo al periodo di imposta in cui avviene lo scioglimento della società confluisce, in ogni caso, nella determinazione dell’imponibile di gruppo.
Ciò che risulta incompatibile con la tassazione di gruppo non è dunque la liquidazione volontaria ma il carry back eventuale applicato nella fase di liquidazione inquanto lo stesso ridetermina i redditi degli esercizi precedenti che, invece, sono definitivi in base alle regole del consolidato fiscale.
Parimenti, ove la società in liquidazione abbia optato per il regime di trasparenza fiscale di cui agli artt. 115 e 116 TUIR, resta fermo quanto dispone l’art. 10, comma 3, D.M. 23 aprile 2004, recante le disposizioni applicative del regime di tassazione per trasparenza nell’ambito delle società di capitali, secondo cui la messa in liquidazione della società partecipata non fa venir meno l’efficacia dell’opzione per trasparenza. Tuttavia, in deroga all’art. 182, comma 3, TUIR, il reddito o le perdite fiscali di ciascuno degli esercizi compresi nella liquidazione si considerano definitivi, indipendentemente dalla durata della liquidazione stessa.
Ne consegue che il risultato fiscale di ciascuno degli esercizi compresi nel periodo della liquidazione non deve formare oggetto di conguaglio finale, dal momento che il predetto risultato, non essendo determinato in via provvisoria, sarà sempre imputabile ai soci per il relativo assoggettamento a tassazione a titolo definitivo.
Detta disciplina, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 14, comma 4, del citato D.M. 23 aprile 2004, è applicabile, come confermato dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 49/E/2004, anche al regime di trasparenza di cui all’art. 116 TUIR.
4. Il Decreto interviene a modificare in modo significativo la disciplina della liquidazione ordinaria prevista dall’art. 182 TUIR “ribaltando” il criterio alla base della determinazione del reddito compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione: in linea generale, il risultato di ogni esercizio è determinato in via definitiva (anziché in via provvisoria), con applicazione delle regole di tassazione ordinarie.
Si tratta di una inversione di rotta, da molti anni auspicata, che dovrebbe apportare una forte semplificazione sia dal punto di vista degli adempimenti dei contribuenti sia dal punto di vista dei controlli dell’Amministrazione finanziaria.
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 2/2024 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Zizzo G., La determinazione del reddito delle società e degli enti commerciali, in Falsitta G. (a cura di), Manuale di diritto tributario.Parte speciale, Padova, 2021
2 In assenza di norme civilistiche riguardanti la liquidazione delle imprese individuali, per tali imprese l’art. 182, coma. 1, fa coincidere la data di inizio della liquidazione – agli effetti delle imposte sui redditi – con quella indicata nella dichiarazione di cui all’art. el D.P.R. n. 6el 1972. Per quanto riguarda le società di capitali, in assenza di interpretazioni univoche, la tesi più accreditata è quella che fa coincidere l’inizio della liquidazione con la data di iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro delle imprese, a cura degli stessi, non risultando sufficiente l’accertamento – da parte degli amministratori – della causa di scioglimento.
3 Si tratta dei soggetti in regime di contabilità semplificata (art. 18 D.P.R. n. 600/1973).
4 Già nel 2003, la Commissione Gallo, incaricata di predisporre norme fiscali di coordinamento con la riforma del diritto societario di cui al D.Lgs. n. 6/2003, propose una semplificazione della disciplina concernente la liquidazione volontaria che tuttavia non è stata recepita nel D.Lgs. n. 344/2003 di riforma dell’imposizione sul reddito delle società.
6 E’ invece previsto da qualche anno il carry back delle imposte estere, ai fini della determinazione del credito per le imposte pagate all’estero, che prevede cioè il riporto in avanti e all’indietro dell’eccedenza dell’imposta estera rispetto alla quota di imposta italiana, relativa al reddito di fonte estera (art. 165, comma 6, TUIR).
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