La Cassazione riconosce la legittimazione passiva esclusiva dell’Agenzia delle Dogane nell’azione di rimborso dell’addizionale sull’accisa sull’energia elettrica incassata dagli Enti territoriali
Di Gianluca Selicato
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Abstract (*)
Enunciando l’atteso principio di diritto ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., la Corte di Cassazione, con la sua sentenza n. 21883/2024, ha ritenuto che debba essere esclusa la titolarità degli Enti territoriali dell’obbligazione restitutoria dell’addizionale sull’accisa sull’energia elettrica riscossa dalle Province nel biennio 2010 e 2011, escludendone parallelamente la legittimazione passiva nei collegati giudizi di merito. La statuizione prelude ad una semplificazione delle azioni processuali fin qui promosse sia nei confronti dell’Agenzia fiscale sia nei confronti delle Province e Città metropolitane. Inoltre, aderendo ad un approccio sostanzialista sulla intrinseca natura erariale dei prelievi coniati dal legislatore statale al solo fine di sostituire le fonti di finanziamento degli enti periferici, apprezza, sotto un profilo poco esplorato, i limiti della fiscalità decentrata.
The Court of Cassation recognizes the exclusive passive legitimacy of the Customs Agency in the action for reimbursement of the additional excise duty on electricity collected by local Authorities – By stating the expected principle of law, according to art. 363 bis c.p.c., the Court of Cassation, with its sentence no. 21883/2024, believes that the ownership of territorial bodies of the obligation to reimburse the additional excise duty on electricity collected by the Provinces in the two-year period 2010 and 2011 should be excluded, simultaneously excluding their passive legitimation in the related merit proceedings. The ruling is a prelude to a simplification of the legal actions promoted up to now both against the Tax Agency and against the Provinces and Metropolitan Cities. Furthermore, sharing a substantialist approach on the intrinsic fiscal nature of the levies coined by the state legislator for the sole purpose of replacing the sources of financing of peripheral bodies, the Court of Cassation appreciates, from an unusual perspective, the limits of decentralized taxation.
Sommario: 1. La controversa legittimazione passiva processuale degli enti di area vasta e dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli nelle controversie per il rimborso dell’addizionale sull’accisa sull’energia elettrica riscossa nel biennio 2010 e 2011. – 2. L’intervento della Suprema Corte, tra difficoltà di carattere operativo per gli Enti territoriali e dubbi interpretativi alimentati degli schemi di attuazione dell’addizionale. – 3. Il ragionamento seguito dai giudici Supremi nell’enunciazione del principio di diritto. – 4. Profili istituzionali e possibile impatto della sentenza sul riordino del sistema di finanziamento delle Province e Città metropolitane.
1. Il copioso contenzioso tributario in materia di addizionale sull’accisa sull’energia elettrica riscossa dagli Enti territoriali si arricchisce di importanti statuizioni della Suprema Corte che potrebbero risultare dirimenti sul versante degli Enti territoriali, fortemente preoccupati dagli oneri finanziari e processuali di questa annosa vicenda.
La questione verte sul rimborso del tributo riscosso dagli Enti locali negli anni 2010 e 2011, in applicazione dell’art. 6 D.L. 28 novembre 1988, n. 511 del quale si è già avuto modo di parlare in approfondimenti recentemente condotti su questa stessa rivista (cfr., Selicato G., Questioni giuridiche irrisolte in tema di rimborso dell’addizionale sull’accisa sull’energia elettrica riscossa dagli enti territoriali, in Riv. tel. dir. trib., 2024, 1 e pubblicato online il 14 maggio 2024, www.rivistadirittotributario.it). Alla base delle azioni recuperatorie si collocano assestati profili di incompatibilità del prelievo con il diritto unionale che hanno indotto dapprima la Commissione europea, nel 2011, a ritenere che l’addizionale italiana potesse confliggere con l’art. 1, par. 2, della Direttiva 2008/118/CE, di armonizzazione del sistema delle accise, per l’assenza di una “finalità specifica” qualificante il prelievo; quindi, il legislatore italiano a disinnescare la procedura d’infrazione che ne è discesa abrogando il tributo con l’articolo 4, comma 10, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, nell’ambito di un più ampio processo di riforma della finanza degli Enti territoriali; successivamente, la giurisprudenza di legittimità a disapplicare la disciplina interna che, in violazione del diritto unionale, aveva consentito di riscuotere l’addizionale nel periodo antecedente alla sua soppressione (orientamento inaugurato dalla sentenza della Suprema Corte, 23 ottobre 2019, n. 27101, ricognitiva delle statuizioni della Corte di Giustizia europea sulla capacità dei prelievi addizionali differenti di perseguire finalità differenti da quella di assicurare generiche entrate al bilancio dell’ente impositore).
Con l’assestamento del diritto al rimborso in conseguenza di un prelievo riconosciuto illegittimo (su questi temi si vedano Morri S. – Gatto A., Il diritto di rimborso delle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica contrarie al diritto dell’Unione Europea: la posizione del fornitore, in Riv. tel. dir. trib., 2020, 1, 486 ss.; Moro G., Addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica: la (ir)rilevanza delle conclusioni dell’Avvocato generale e della conseguente pronuncia conclusiva del procedimento di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso dei consumatori finali, in www.fiscalitadellenergia.it, 21 febbraio 2024), sono tuttavia emerse questioni di non agevole soluzione che hanno riguardato, in modo particolare, la legittimazione passiva processuale degli enti di area vasta e quella dell’Agenzia delle Dogane nell’ambito dei numerosissimi giudizi promossi dalle società cedenti l’energia elettrica e che finiscono, a ben vedere, per avere riflessi considerevoli anche sulla tenuta dei bilanci pubblici. Gli Enti locali, infatti, si sono visti improvvisamente esposti al rischio di restituire un considerevole gettito che, non solo non è mai stato gestito da loro ma che, per di più, è stato procurato da una legge dello Stato che non ha riconosciuto alcuna discrezionalità a livello locale, al punto da elidere ogni margine di autonomia finanziaria periferica. Tant’è che, all’atto della soppressione dello sfortunato tributo, il legislatore italiano si è subito preoccupato di bilanciare le minori entrate con uno speculare incremento dell’importo dell’accisa sull’energia elettrica erariale, sì da assicurare l’invarianza finanziaria delle entrate complessive e la possibilità di ripristinare trasferimenti congrui dal centro alla periferia.
Tornando su profili già scandagliati, il coinvolgimento degli Enti territoriali nelle controversie da rimborso ha quindi evidenziato da subito i suoi limiti, per lo più dovuti ad un ruolo meno che ancillare di Comuni e Province all’interno di assetti etero-stabiliti dal legislatore statale. Infatti, le procedure e gli atti necessari a fornire attuazione al prelievo (modelli, dichiarazioni di consumo, canali telematici di trasmissione, ecc.) sono stati unilateralmente definiti dall’Agenzia delle Dogane che ha sempre serbato, altresì, la titolarità delle funzioni di accertamento e riscossione coattiva del tributo. Nessuna competenza è perciò residuata agli enti periferici, neppure in ordine alla fissazione dell’aliquota o alla definizione dello schema di attuazione del tributo, necessariamente incardinato sull’istituto del sostituto d’imposta che costituisce connotato tipico del sistema delle accise sui consumi di energia elettrica (su questo profilo cfr., Verrigni C., Le accise nel sistema dell’imposizione sui consumi, Torino, 2017, 217 ss.).
Come se non bastasse, sul piano dell’accertamento giudiziale dell’indebito, gli Enti locali sono rimasti tendenzialmente estranei alle azioni civilistiche promosse dai singoli utenti nei confronti del sostituto d’imposta le quali, soltanto al loro epilogo, hanno fornito impulso alle liti tributarie in cui l’Agenzia delle Dogane ha invece preteso che le Province fossero direttamente chiamate in causa, sebbene non fosse stato loro nemmeno possibile accantonare, tempestivamente, riserve prudenziali fondamentali per una gestione in sicurezza della contabilità pubblica. Eppure, nel pensiero erariale e di alcune Corti di merito, la destinazione finale del gettito a favore di Comuni e Province avrebbe costituito elemento sufficiente ad indurre i titolari dell’aspettativa di rimborso a rivolgere l’istanza direttamente all’ente territoriale nonché l’Agenzia fiscale ad eccepire, pressoché sistematicamente, il proprio difetto di legittimazione passiva nelle controversie innescate dai dinieghi di rimborso motivati dal difetto di competenza o dall’inerzia nella restituzione del tributo.
2. Queste tesi scontano limiti di carattere operativo, prima ancora che giuridico, dal momento che agli Enti territoriali è preclusa la verifica del presupposto del diritto al rimborso non avendo avuto mai evidenza (salva l’eventuale prova processuale) degli effettivi versamenti eseguiti dai sostituti per ciascun contribuente nelle annualità in questione. In altri termini, gli Enti locali, a differenza dell’Erario, non hanno contezza dell’intervenuta corresponsione del tributo, disponendo di mere comunicazioni in forma aggregata sui volumi di accisa che ciascun sostituto ha indirizzato all’Agenzia delle Dogane e che non permettono di verificare se e quali somme siano state versate da parte di chi abbia successivamente azionato il diritto di rimborso. Ulteriori difficoltà di carattere pratico discendono dalla distanza nel tempo dei versamenti che, complice il ruolo passivo degli Enti locali nella gestione del prelievo, potrebbero averli legittimamente indotti a disfarsi della documentazione amministrativa relativa a presupposti verificatisi oltre un decennio addietro.
Ma è sul piano giuridico che vengono adesso apprezzati i limiti della tesi favorevole a radicare in capo agli Enti territoriali la legittimazione passiva in queste liti e nelle sottostanti azioni di rimborso. L’occasione è stata offerta dall’opportuno impiego in ambito tributario del rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., introdotto dalla Riforma Cartabia in forza del quale la Corte di Cassazione può enunciare un principio di diritto utile a risolvere questioni esclusivamente giuridiche che pongano gravi difficoltà interpretative, suscettibili di ripresentarsi in numerosi giudizi e mai sottoposte in precedenza al vaglio del giudice di legittimità ma necessarie alla definizione, anche parziale, del giudizio di merito a quo (sull’utilizzo dell’istituto in ambito processuale tributario si vedano Coppola P., Il rinvio pregiudiziale dipende dalla riforma del processo civile, in Dir. prat. trib., 2023, 1, 172 ss.; Pistolesi F., Il primo caso di rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione in materia tributaria, in www.giustiziainsieme.it, 13 giugno 2023; Corraro D., Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione ex art. 363-bis c.p.c. e la sua possibile estensione al processo tributario, in Riv. dir. trib., 2024, 1, 69 ss.).
Orbene, esattamente a distanza di un anno dai rinvii pregiudiziali disposti dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Piacenza (sulle cui premesse cfr., Muliere I., Legittimazione passiva delle province in tema di rimborso sulle addizionali alle accise sull’energia elettrica: il recente rinvio pregiudiziale alla Suprema corte di cassazione, sezione tributaria, in www.fiscalitadellenergia.it, 21 novembre 2023), all’esito di un giudizio di legittimità che ha visto l’intervento di un consistente numero di enti di area vasta, la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto secondo cui «spetta in via esclusiva all’Agenzia delle dogane e dei monopoli la legittimazione passiva nelle liti promosse dal cedente della fonte energetica per il rimborso dell’addizionale provinciale sulle accise, di cui all’ abrogato art. 6, del decreto-legge 511/1988, per forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW».
La statuizione merita apprezzamento per numerose ragioni. In primo luogo perché prelude ad una semplificazione delle azioni processuali fin qui promosse nei confronti sia dell’Agenzia fiscale sia delle Province e Città metropolitane. In secondo luogo perché, aderendo ad un approccio sostanzialista anziché formalista, nel solco di risalenti statuizioni sulla intrinseca natura erariale di prelievi coniati dal legislatore statale al fine di sostituire le fonti di finanziamento degli enti periferici, ha riconosciuto i limiti della fiscalità decentrata in ordine alla effettiva titolarità del prelievo. Ancora, perché è destinata a risolvere, sul piano pratico, le descritte difficoltà degli Enti territoriali, anche nell’esercizio delle proprie difese giudiziali. Da ultimo, sotto il profilo della certezza dei rapporti giuridici che, sul versante degli Enti territoriali intermedi, ha posto fino ad oggi rilevanti problemi, ponendo a rischio la tenuta di bilanci generalmente asfittici in un contesto più ampio di precarietà che contraddistingue, negli ultimi dieci anni, questi enti di secondo livello il cui processo di riforma non si è mai realmente concluso (cfr. Uricchio A.F., La fiscalità delle province tra disposizioni in materia di federalismo e proposte di soppressione, in Rass. trib., 2011, 6, 1519 ss.).
3. Venendo al ragionamento seguito dalla Suprema Corte, occorre premettere che il rinvio pregiudiziale aveva enucleato numerosi dubbi interpretativi in ordine alla compatibilità con l’ordinamento nazionale ed eurounitario della tesi favorevole ad attrarre il rimborso dell’accisa alla competenza esclusiva dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, con particolare riguardo:
a) alla legittimità di un criterio asseritamente derogatorio ai principi civilistici in tema di ripetizione dell’indebito, in base ai quali il soggetto ordinariamente gravato dell’onere restitutorio dovrebbe essere l’ente locale, poiché percettore del gettito;
b) al precipitato di tale impostazione in ordine all’aggravio procedimentale per il privato istante e al prevedibile ritardo nel rimborso;
c) alla specialità della materia tributaria che, in deroga ai principi della L. n. 241/1990, legittimerebbe l’Ente locale, ove pure destinatario dell’istanza di rimborso, a non procurarsi in sede istruttoria tutte le informazioni di cui non fosse in possesso ma che potrebbe comunque richiedere al privato istante e/o all’amministrazione centrale;
d) all’ulteriore profilo di specialità della materia tributaria che precluderebbe al privato di invocare gli effetti favorevoli e l’efficacia esecutiva della sentenza resa in un procedimento nel quale non sia stata parte l’Amministrazione centrale.
Da qui la richiesta alla Suprema Corte di chiarire, in via pregiudiziale rispetto alla soluzione della controversia di merito, «se sia la Provincia ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ad essere legittimata passiva rispetto alla richiesta del venditore-fornitore di energia elettrica di rimborso delle somme restituite al consumatore ed indebitamente versate a titolo di addizionale provinciale sulle accise, istituita con l’art. 6 D.L. n. 511 del 28.11.1988 convertito con L. n. 20 del 27.01.1989, con riferimento alle forniture di potenza non superiore a 200kw».
La Sezione tributaria della Corte di Cassazione, cui la questione è stata devoluta dalla prima Presidente, dopo aver escluso la sussistenza di un diritto dei terzi estranei al sottostante giudizio di merito di intervenire in quello pregiudiziale di legittimità ed aver ricordato che, per espressa previsione dell’art. 363-bis c.p.c., la sua decisione non può ritenersi vincolante ab externo ed erga omnes (il che, ovviamente, non ne intacca la valenza nomofilattica), ha sposato l’orientamento in base al quale va esclusa la titolarità passiva della Provincia (di Piacenza) dell’obbligazione restitutoria azionata nei giudizi di merito e conseguentemente della sua legittimazione passiva nei giudizi medesimi.
Alla base del ragionamento si collocano vari argomenti, già emersi nella contrastata giurisprudenza di merito: in primis, quello offerto dal dato normativo (art. 63, comma 1, D.Lgs. n. 300/1999, nonché l’art. 1 D.Lgs. n. 504/1995) che attribuisce all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli «[…] la competenza a svolgere i servizi relativi all’amministrazione, alla riscossione e al contenzioso […] delle accise sulla produzione e sui consumi»; in secondo luogo, la natura intrinsecamente erariale dell’addizionale, in ragione dell’indiscutibile afferenza dell’accisa sull’energia elettrica al novero dei tributi statali da tempo assestata anche nella giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost., sent. 28 marzo 2013, n. 52) ed ulteriormente confermata dalla finalità specifica del prelievo, correttamente identificata nello scopo, esclusivo «[…] di creare “finanza aggiuntiva” ai Comuni ed alle Province italiane […]» che ne giustifica la qualificazione in termini di «mero trasferimento di risorse dallo Stato agli Enti territoriali, secondo la previsione di cui all’art. 119, secondo comma, ultima parte, Cost.». Da ultimo, le motivazioni della sentenza valorizzano la circostanza dell’assoluta marginalità delle Province nell’attuazione del tributo, che inducono i Giudici supremi a configurarne le funzioni in termini di “mera tesoreria” nel trasferimento di risorse: «nell’ambito della configurazione, strettamente, statale dell’imposta de qua e della relativa competenza attuativa risulta dunque evidente che tale delimitata funzione provinciale non può assurgere a titolo della sua responsabilità obbligatoria passiva. E d’altro canto il riferimento del citato art. 63, d.lgs. 300/1999 alla competenza dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli in ordine ai “servizi” del “contenzioso” in materia di accise non può che evocarne sul piano processuale la legittimazione – attiva e passiva – generale nonché esclusiva».
4. Si tratta di statuizioni importanti, soprattutto se osservate sul versante attivo del rapporto tributario, ove è ragionevole attendersi una razionalizzazione delle azioni processuali con un minore impiego di risorse da parte delle Province e Città metropolitane in ragione del prevedibile abbandono delle eccezioni erariali sul difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Dogane che aveva già persuaso alcune Corti di merito (ad esempio, Corti di Giustizia tributaria di I grado di Bari, sent. n. 223/2024, di Como, sent. n. 131/2023, di Brindisi, sent. n. 493/2022).
Pur non avendo i giudici Supremi aderito alla richiesta di decidere il merito della controversia – in quanto ultronea e non in linea con le finalità del nuovo istituto processuale introdotto dalla riforma Cartabia – il principio di diritto formulato e le condivisibili motivazioni che lo sostengono non possono che sollecitare una più avveduta riflessione ed un serio confronto tra Erario ed enti di area vasta. L’opzione per una definizione in ambito extraprocessuale delle eventuali rivalse finanziarie erariali sugli Enti territoriali commisurate ai rimborsi che l’Agenzia delle Dogane dovrà da adesso gestire ed erogare in via esclusiva prelude ad una ponderazione responsabile della funzione originariamente assolta dal prelievo. La scelta statale di tenere indenni gli Enti territoriali dalle conseguenze del venir meno del gettito procurato dalla maggiorazione dell’accisa, già compiuta a valle dell’adozione della L. 5 maggio 2009, n. 42 (di delega al Governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’art. 119 della Costituzione), nonché del decreto attuativo sul c.d. “federalismo provinciale” (D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, in materia di autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e delle Province), non può essere smentita proprio oggi che il sistema della finanza pubblica è chiamato ad affrontare le conseguenze della violazione del diritto europeo da parte del legislatore statale. Basterebbe ricordare che l’art. 5 L. n. 42/2009, tutt’ora in vigore, ha stabilito che la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica «assicura altresì la verifica delle relazioni finanziarie tra i livelli diversi di governo e l’adeguatezza delle risorse finanziarie di ciascun livello di governo rispetto alle funzioni svolte, proponendo eventuali modifiche o adeguamenti del sistema»; ovvero che, dopo il tentativo di soppressione degli Enti territoriali di secondo livello compiuto con la L. n. 56/14 (“Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”), fallita la riforma costituzionale per effetto del referendum del 4 dicembre 2016, gli assetti istituzionali hanno riconsiderato il ruolo delle Province al punto che, nel 2021, si è avuta una riforma organica volta a potenziare il sistema di finanziamento delle Province e Città Metropolitane.
Dapprima con l’art. 1, comma 783, della Legge di Bilancio 2021, quindi con l’art. 1, comma 561, della Legge di Bilancio 2022, il legislatore ha così abbandonato l’approccio emergenziale che ha connotato i trasferimenti e le attribuzioni del precedente decennio, costituendo due specifici fondi unici in cui far confluire, a partire dall’anno 2022, i contributi e i fondi di parte corrente attribuiti a Province e Città metropolitane. Nel solco delle indicazioni ricevute dalla Corte dei Conti e dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, è stata così considerata la necessità di assicurare la copertura alle funzioni fondamentali, ove necessario con lo stanziamento di nuovi contributi statali.
All’interno di questo quadro, difficilmente potrà richiedersi alle Province e alle Città metropolitane di “assorbire” nei propri bilanci le conseguenze finanziarie dei rimborsi di un’addizionale costruita male dal legislatore nazionale, salva la decisione di compensare la rivalsa erariale con ulteriori contributi statali destinati ad affluire ai due fondi unici di cui sopra.
Tali considerazioni descrivono l’importanza e la reale portata dell’intervento della Suprema Corte che, sopravanzando il contributo al superamento del dissidio giurisprudenziale sulla legittimazione processuale passiva, dovrebbe impedire l’ulteriore “trascinamento” nel tempo di questioni irrisolte sul dignitoso esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle autonomie locali (sull’argomento, con particolare riferimento alle Province e Città metropolitane, si veda Rivosecchi G., Poteri, diritti e sistema finanziario tra centro e periferia, in Riv. Associazione Italiana Costituzionalisti, 2019, 3, 248 ss.).
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 2/2024 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Coppola P., Il rinvio pregiudiziale dipende dalla riforma del processo civile, in Dir. prat. trib., 2023, 1, 172 ss.
Corraro D., Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione ex art. 363-bis c.p.c. e la sua possibile estensione al processo tributario, in Riv. dir. trib., 2024, 1, 69 ss.
Moro G., Addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica: la (ir)rilevanza delle conclusioni dell’Avvocato generale e della conseguente pronuncia conclusiva del procedimento di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso dei consumatori finali, in www.fiscalità dellenergia.it, 21 febbraio 2024
Morri S. – Gatto A., Il diritto di rimborso delle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica contrarie al diritto dell’Unione Europea: la posizione del fornitore, in Riv. tel. dir. trib., 2020, 1, 486 ss.
Muliere I., Legittimazione passiva delle province in tema di rimborso sulle addizionali alle accise sull’energia elettrica: il recente rinvio pregiudiziale alla Suprema corte di cassazione, sezione tributaria, in www.fiscalitadellenergia.it, 21 novembre 2023
Pistolesi F., Il primo caso di rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione in materia tributaria, in www.giustiziainsieme.it, 13 giugno 2023
Rivosecchi G., Poteri, diritti e sistema finanziario tra centro e periferia, in Riv. Associazione Italiana Costituzionalisti, 2019, 3, 248 ss.
Selicato G., Questioni giuridiche irrisolte in tema di rimborso dell’addizionale sull’accisa sull’energia elettrica riscossa dagli enti territoriali, in Riv. tel. dir. trib., 2024, 1 e pubblicato online il 14 maggio 2024, www.rivistadirittotributario.it
Uricchio A.F., La fiscalità delle province tra disposizioni in materia di federalismo e proposte di soppressione, in Rass. trib., 2011, 6, 1519 ss.
Verrigni C., Le accise nel sistema dell’imposizione sui consumi, Torino, 2017
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1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
a) sull’origine dei dati personali;
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c) sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
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3. L’interessato ha diritto di ottenere:
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