Il decorso del termine breve per le impugnazioni nel processo tributario
Di Vincenzo Orefice
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Abstract (*)
Il contributo analizza la recente decisione della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado per la Campania (16 settembre 2024, n. 5342), con la quale è stato dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agente della Riscossione per avvenuto decorso del termine di 60 giorni previsto dall’art. 51 D.Lgs. n. 546/1992.
The short time limitation for appeals in tax proceedings – The paper analyses the recent decision of the second instance Tax Court for Campania (no. 5342 of 16/09/2024), which declared inadmissible the appeal proposed by the Tax Collection Agent due to the expiry of the sixty-day term provided for by Article 51 of Legislative Decree 546/1992.
Sommario: 1. Lo spunto: la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado per la Campania. – 2. Analisi dei precedenti invocati nella decisione in commento. – 3. La disciplina delle notificazioni nel processo tributario. – 4. La notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine di cui all’art. 51 D.Lgs. n. 546/1992. – 5. Conclusioni.
1. Il lavoro trae spunto da una recente decisione della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado per la Campania (16 settembre 2024, n. 5342), con la quale è stato dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agente della Riscossione per avvenuto decorso del termine di 60 giorni previsto dall’art. 51 D.Lgs. n. 546/1992.
La particolarità di tale statuizione risiede nel fatto che, con la decisione in commento, la Corte campana ha ritenuto, aderendo ad analoga eccezione sollevata dal contribuente, che, ai fini del decorso di tale termine, debba essere considerato, quale dies a quo, quello della notificazione della sentenza di primo grado direttamente all’appellante e non al difensore costituito.
La sentenza di primo grado, nello specifico, era stata notificata dall’appellato all’Agente della Riscossione con modalità telematica e, considerando la data di tale notificazione quale dies a quo ai fini del decorso del c.d. termine breve, l’impugnazione proposta dall’Agente della Riscossione doveva considerarsi tardiva.
A sostegno della decisione, la Corte campana ha invocato i seguenti precedenti di legittimità:
Cass. civ., sez. V, ord. n. 26416/2023, ove si afferma che «Nel processo tributario, la notificazione della sentenza di primo grado, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, effettuata dall’ufficiale giudiziario presso la sede a mani dell’impiegato addetto, è idonea ai fini della decorrenza del termine breve per appellare, di cui all’art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, pur in presenza di elezione di domicilio presso il procuratore del libero foro, in quanto l’art. 17 del medesimo decreto fa comunque salva, anche in caso di elezione di domicilio, la validità della consegna a mani proprie”. E ciò in quanto le norme del d.lgs. n. 546 del 1992, relative al processo tributario costituiscono norme che prevalgono sulle norme processuali ordinarie, le quali trovano applicazione in via del tutto sussidiaria e nei limiti della loro compatibilità con il rito tributario. E l’art. dall’art. 38 del menzionato decreto legislativo, disciplinando la notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine breve per l’appello estende, per la notificazione della sentenza, le regole generali previste nel processo tributario in materia di notificazioni, mediante rinvio per le forme delle notifiche all’art. 16 che, a sua volta, rinvia, per i luoghi delle notificazioni, all’art. 17. Detta norma fa salva la consegna a mani proprie»
Cass. civ., sez. III, ord. n. 25686/2023, secondo la quale «Ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, la prova dell’avvenuta notifica in modalità telematica della sentenza può essere data mediante il deposito delle copie informatiche, in formato “pdf”, delle ricevute di accettazione e consegna della PEC, corredate di attestazione di conformità agli originali informatici, non occorrendo il deposito dei relativi file in formato “*.eml” o “*.msg” (necessario, invece, al diverso fine della prova dell’avvenuta notificazione telematica degli atti introduttivi del giudizio), posto che la relata di notifica della sentenza ai fini di cui all’art. 325 c.p.c. è atto esterno al giudizio che, come qualsiasi atto digitale, può essere stampato o salvato e attestato conforme all’originale dal difensore».
La pronuncia in commento appare, per certi versi, innovativa o comunque espressione di un orientamento controintuitivo, dacché sancisce la non applicabilità, nel processo tributario – ai fini del decorso del termine “breve” per l’impugnazione previsto dall’art. 51 D.Lgs. n. 546/1992 – della norma dell’art. 170 c.p.c. e impone una riflessione, in generale, sul c.d. principio di complementarità sancito dall’art. 1, comma 2, D.Lgs. citato, a noma del quale «I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile», principio nuovamente espresso proprio in materia di impugnazioni, dall’art. 49 dello stesso decreto, in base al quale «Alle impugnazioni delle sentenze delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto».
2. Ancorché facente perno sui precedenti di legittimità di cui s’è detto, a parere di chi scrive, la decisione non appare corretta.
Va chiarito sin da subito che non sembra attinente alla questione in esame il rinvio al secondo dei precedenti invocati nella decisione in commento, ossia la pronuncia della Suprema Corte n. 25686/2023.
Innanzitutto, esso concerne un caso non già devoluto al giudice tributario, ma a quello ordinario e di natura prettamente civilistica. In particolare, con tale pronuncia la Corte di Cassazione si è incaricata, tra l’altro, di dirimere una questione circa le modalità con cui può essere data prova, conformemente alle disposizioni in tema di processo civile telematico, dell’avvenuta notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine breve.
Di fatto, la Suprema Corte si limita ad affermare che la prova della notificazione può essere offerta anche mediante produzione della stampa in formato “pdf” del messaggio di posta elettronica certificata relativo alla notificazione della sentenza, ma nulla dice in ordine al destinatario della notificazione, se cioè debba essere necessariamente il procuratore costituito dell’appellante (come prescrive l’art. 170 c.p.c.), ovvero se sia valida, ai fini del decorso del termine breve, anche la notificazione fatta direttamente nei confronti dell’appellante e non del suo procuratore (v. Didoni S., Notifica degli atti processuali a mezzo p.e.c. e conseguenze in caso di inosservanza delle forme previste per il deposito degli atti e dei documenti, in Riv. tel. dir. trib., 2023, 2, 699 ss.).
La prima delle pronunce di legittimità menzionate nella decisione in commento, l’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. V, n. 26416/2023, invece, è certamente pertinente, in quanto trattava di un caso in cui il contribuente aveva notificato la sentenza di primo grado, resa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, direttamente presso l’Agente della Riscossione, pur avendo quest’ultimo eletto domicilio presso il proprio difensore. In particolare, la notificazione della sentenza era avvenuta tramite ufficiale giudiziario e l’appello proposto dallo stesso riscossore era stato ritenuto tardivo dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia in quanto proposto oltre i 60 giorni da tale notificazione.
L’ordinanza della Cassazione n. 26416/2023 richiama espressamente due precedenti delle Sezioni Unite della medesima Corte: Cass. civ., Sez. Un., nn. 8053/2014 e 14916/2016.
Tuttavia, dalla lettura di tali ultime pronunce si evince che esse, lungi dal trattare specificatamente del dies a quo ai fini del decorso del termine breve di cui all’art. 51 D.Lgs. n. 546/1992, enunciavano il principio, di portata più generale, in base al quale «secondo le disposizioni degli artt. 1, comma 2 (I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile) e 49, comma 1 (Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto) del D. Lgs. n. 546 del 1992, relative al processo e alle impugnazioni in generale, istituiscono un’autentica specialità del rito tributario, sancendo la prevalenza della norma processuale tributaria, ove esistente, sulla norma processuale ordinaria, la quale ultima si applica, quindi, in via del tutto sussidiaria, oltre che nei limiti della compatibilità».
Trattasi, in sostanza, del c.d. principio di specialità delle impugnazioni nel processo tributario, che costituisce, invero, null’altro che la specificazione del generale principio di complementarità delle norme sul processo tributario dettate dal D.Lgs. n. 546/1992 rispetto a quelle del codice di procedura civile e che è espresso, in generale, dall’art. 1, comma 2, D.Lgs. citato, a mente del quale, come noto, «I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile» (sul principio di complementarità tra disposizioni sul processo tributario e rito civile v. Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario. Parte prima, Torino, 2020, 210 ss.)
In virtù di tale principio, il giudice tributario è chiamato primariamente a ricercare una norma propria del rito tributario ed eventualmente ad applicarla e, solo ove essa manchi, dovrà far ricorso, in via residuale, alle disposizioni di rito civile.
Tale principio, espresso in via generale, trovando cittadinanza direttamente nel dato positivo, si presta a ben pochi commenti.
3. Tutt’altro che certo, invece, che da tale principio discenda che, nel rito tributario, la notificazione della sentenza direttamente alla parte (e non al suo procuratore costituito) possa giovare ai fini del termine di cui all’art. 51 cit.
È noto che, nel rito civile, l’art. 170, comma 1, c.p.c. prevede che le notificazioni dirette alla parte costituita in giudizio, ivi compresa quella della sentenza, debbono necessariamente farsi al procuratore costituito e ciò anche ai fini del decorso del termine breve per l’impugnazione previsto dall’art. 325 c.p.c. Dunque, al fine di escludere l’applicabilità di tale regola al rito tributario, deve indagarsi se, tra le disposizioni sul processo tributario, ne esistano di specifiche che regolino la medesima fattispecie in difformità (cfr. Pistolesi F., Il processo tributario, Torino, 2023).
Il quadro normativo rilevante, nel processo tributario, è costituito dalle disposizioni degli artt. 16, 16-bis e 17 D.Lgs. n. 546/1992.
Per quanto qui d’interesse, l’art. 16, comma 2, rimanda alle norme degli artt. 137 ss. c.p.c., facendo salvo espressamente quanto previsto dall’art. 17 D.Lgs. n. 546/1992.
L’art. 17 prevede, al comma 1, che le notificazioni si facciano, di norma, presso il domicilio eletto, ovvero, se questo manchi, presso la residenza o la sede dichiarata dalla parte nel proprio atto di costituzione in giudizio. È importante, tuttavia, evidenziare sin d’ora come la norma faccia sempre «salva la consegna in mani proprie».
Assume poi rilievo, come si diceva, anche quanto disposto dall’art. 16-bis, il quale, al comma 3, prevede testualmente che «Le parti, i consulenti e gli organi tecnici […] notificano e depositano gli atti processuali i documenti e i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con modalità telematiche» con ciò introducendo, nell’ordinamento processuale tributario, l’obbligo di notificazione telematica.
Il successivo comma 4, invece, stabilisce la piena equiparazione tra domicilio digitale indicato dalla parte in giudizio e domicilio eletto.
Per quanto in questa sede ci occupa, in sintesi, dal combinato di tali disposizioni, può ricavarsi che:
la sentenza di primo grado, anche ai fini del decorso del termine di cui all’art. 51, comma 1, si effettua presso il domicilio eletto della controparte costituita (art. 17);
tale notificazione avviene necessariamente con modalità telematica (art. 16-bis, comma 3);
ove (come normalmente avviene) ci sia elezione di domicilio presso il difensore, la notificazione va effettuata presso quest’ultimo (art. 17) e, specificatamente, presso il suo domicilio digitale (art. 16-bis, comma 4);
è fatta comunque sempre salva la notificazione a mani proprie della parte personalmente (art. 17).
Dunque, sebbene il D.Lgs. n. 546/1992 contenga una disciplina delle notificazioni nel processo tributario sua propria, che esclude la necessità di far ricorso, in via residuale, a quella del rito civile, tale disciplina speciale è in larga parte sovrapponibile a quella di rito civile.
A ben vedere, unica regola speciale, propria del rito tributario ma ignota al rito civile, è quella contenuta nell’art. 17 D.Lgs. n. 546/1992, che fa sempre salva la notificazione a mani proprie.
4. A questo punto, va dunque indagato se la notificazione telematica direttamente presso la parte e, come nel caso di specie, presso l’Agente della Riscossione, e non presso il suo procuratore costituito, possa essere considerata notificazione «a mani proprie», nel senso di cui all’art. 17 cit., con conseguente efficacia della stessa ai fini del decorso del termine dell’art. 51.
Sul punto, va, innanzitutto, evidenziato come esistano precedenti di legittimità di segno contrario rispetto alla sentenza n. 26426/2023, su cui fa perno la decisione in commento, sia pur più risalenti nel tempo, nei quali è stato enunciato – apertis verbis – il principio diametralmente opposto in base al quale, nel processo tributario, «secondo la previsione degli artt. 285 e 170 c.p.c., (applicabili al processo tributario per carenza di specifica diversa disposizione nel D.Lgs. n. 546 del 1992) la notificazione della sentenza effettuata alla controparte personalmente anziché al procuratore costituito non è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione» (Cass. civ. n. 25376/2008; conforme: Cass. civ. n. 12269/2007).
Nello specifico, trattavasi, quanto alla sentenza n. 23576/2008, di un caso in cui la Cassazione era chiamata a decidere circa l’eccezione di inammissibilità del precedente appello formulata da un ente pubblico creditore che considerava, quale dies a quo per il decorso del termine di cui all’art. 51 D.Lgs. n. 546/1992, quello della notificazione della sentenza, a mezzo posta, presso la sede della contribuente, nel caso di specie una società di capitali.
Con la seconda di tali decisioni, la n. 12269/2007, invece, la Suprema Corte era chiamata a decidere sulla tempestività dell’appello proposto da un contribuente-persona fisica, in considerazione della notificazione della sentenza di primo grado effettuata dall’Amministrazione finanziaria presso il suo domicilio e non presso il difensore.
In entrambi i casi, come riferito, la Corte riteneva senza dubbio inefficace, ai fini del decorso del termine di cui all’art. 51 cit., la notificazione eseguita presso la parte e non presso il difensore.
Venendo, dunque, alla questione relativa alla notificazione «a mani proprie», fatta sempre salva dall’art. 17 D.Lgs. n. 546/1992, è necessario – si diceva – interrogarsi se sia o meno assimilabile alla stessa la notificazione telematica della sentenza diretta all’indirizzo elettronico della parte e non al suo difensore e, in particolare, se tale notificazione produca l’effetto di far decorrere il termine per l’impugnazione di cui all’art. 51 cit.
A tale interrogativo, deve, invero, fornirsi risposta negativa.
Per notificazione «a mani proprie» non può che intendersi, come suggerisce il significato stesso dell’espressione, quella che postula una consegna diretta “nelle mani” del destinatario, dovendosi, dunque, escludere da tale nozione ogni notificazione che preveda la consegna nelle mani di un terzo.
Aderendo a tale concezione, dunque, la notificazione a mani proprie può aversi solo nei confronti di persone fisiche, giammai di società o enti. Tali soggetti, infatti, agiscono sì per mezzo di persone fisiche, ma conservano una soggettività giuridica in tutto e per tutto distinta da queste ultime. Pertanto, anche laddove la notificazione avvenga nelle mani del legale rappresentante, non potrà dirsi di certo effettuata “nelle mani” dell’ente, il che è un’espressione priva di senso logico, ancor prima che giuridico.
Favorevole a tale orientamento, peraltro, è anche la stessa giurisprudenza di legittimità, la quale ha espressamente affermato – e più di una volta – che «In presenza di elezione di domicilio, le notificazioni devono essere effettuate presso il domicilio eletto, non già presso la sede legale della società (Cass., Sez. 5, n. 1711 del 26/01/2007), come erroneamente ha fatto l’Agenzia delle Entrate; dovendosi peraltro ritenere che la disposizione dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, laddove prevede che la notificazione possa eseguirsi in ogni caso “a mani proprie”, non è estensibile alle società di capitali, per le quali la ricezione degli atti non può avvenire che per mezzo di altre persone» (Cass. civ. n. 27050/2017; conforme Cass. civ. n. 21514/2004).
Sebbene nella pronuncia testé indicata si discuta di notificazione nei confronti di società di capitali, si ritiene che il principio possa essere esteso anche agli enti pubblici, compresi quelli economici, qual è, appunto, Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Va poi, infine, posto un ulteriore interrogativo, ossia se la notificazione a mezzo PEC possa essere assimilata alla notificazione a mani proprie di cui all’art. 17 cit.
Ebbene, anche a tale quesito va data necessariamente risposta negativa. La non equiparabilità tra consegna a mezzo PEC e consegna a mani proprie, infatti, è stata espressamente enunciata dalla giurisprudenza di legittimità, sia pur con riferimento alle comunicazioni e non alle notificazioni, con l’ordinanza n. 9165/2023, ove si è appunto affermato che «nel processo tributario qualora la parte non abbia indicato negli atti il proprio indirizzo pec valevole per le comunicazioni e notificazioni come domicilio eletto ex d. lgs. n. 546 del 1992, articolo 16 bis, ultimo comma, ed abbia eletto domicilio presso il proprio difensore, la comunicazione della data di udienza ai sensi dell’articolo 31 del D. Lgs. cit. avvenuta direttamente al suo indirizzo pec non integra la consegna a mani proprie che il D. Lgs. n. 546 del 1992, articolo 17 fa sempre salva».
5. Alla stregua della breve analisi sopra svolta in ordine alle notificazioni nel sistema del D.Lgs. n. 546/1992, non può che concludersi che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado per la Campania con la decisione in commento e, prima ancora, dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26416/2023, ove la parte si sia costituita in giudizio tramite un difensore, la notificazione della sentenza presso quest’ultimo è l’unica idonea a far decorrere il termine breve di cui all’art. 51 D.Lgs. n. 546/1992 ai fini dell’impugnazione.
La notificazione a mani proprie, astrattamente pure fatta sempre salva dall’art. 17 D.Lgs. citato, è destinata, di fatto, a non essere una via utilmente perseguibile.
Essa, innanzitutto, non è ammissibile laddove il destinatario sia una società o un ente, ma anche laddove esso sia una persona fisica e sia munito di difensore, l’obbligo, per tutti i soggetti del processo tributario, di avvalersi dello strumento telematico per eseguire comunicazioni e notificazioni esclude comunque tale possibilità.
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 2/2024 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Didoni S., Notifica degli atti processuali a mezzo p.e.c. e conseguenze in caso di inosservanza delle forme previste per il deposito degli atti e dei documenti (commento a Cass., 8 giugno 2023, n. 16189), in Riv. tel. dir. trib., 2023, 2, 699 ss.
Melis G., Manuale di diritto tributario, Padova, 2024
Pistolesi F., Il processo tributario, Torino, 2023
Russo P. – Coli F. – Mercuri G., Diritto processuale tributario, Milano, 2022
Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario. Parte prima, Torino, 2020
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4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
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