E ora gli influencer sono anche agenti di commercio? Le multiformi sfaccettature delle attività di content creator, youtuber, instagrammer, tiktoker ecc. e le conseguenti molteplici qualificazioni reddituali
Di Alessandra Magliaro e Sandro Censi
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(commento a/note to Tribunale di Roma, sez. lav., 4 marzo 2024, n. 2615)
Abstract (*)
La sentenza n. 2615/2024 del Tribunale di Roma, sezione lavoro, ha “creato” una nuova figura di influencer quella di “influencer-agente di commercio”. Tale decisione ha avuto una enorme eco tra i commentatori e gli studiosi della materia che troppo spesso hanno acriticamente applicato, all’intera categoria degli operatori social, le conclusioni del Tribunale romano relative, in verità, ad una particolare e specifica fattispecie. L’attività degli operatori social, e degli influencer in particolare, non può essere classificata solamente come attività di agenzia commerciale: le multiformi sfaccettature degli operatori social danno luogo, infatti, a svariate ricostruzioni contrattuali e, di conseguenza, tributarie.
And now influencers are also sales agents? The multifaceted nature of the activities of content creators, YouTubers, Instagrammers, TikTokers, etc. and the resulting multiple income qualifications – Sentence 2615/2024 of the Court of Rome, labor section, has “created” a new figure of influencer, that of “influencer-commercial agent”. This decision has had a huge echo among commentators and scholars of the subject who have too often uncritically applied, to the entire category, the conclusions of the Roman Court relating, in truth, to a particular and specific case. The activity of social operators, and influencers in particular, cannot be classified only as commercial agency activity: the multifaceted facets of social operators give rise, in fact, to various contractual and, consequently, tax reconstructions.
Sommario: 1. Premessa. – 2. Il portato della sentenza n. 2615/2024 relativamente all’attività di promozione… – 3. … e relativamente alle caratteristiche di agenzia commerciale. – 4. Le conseguenze tributarie e contributive della qualificazione dell’influencer quale agente. – 5. L’attività di promozione/intermediazione non abituale né stabile: il procacciamento di affari. – 6. L’attività di sola promozione. – 7. Conclusioni.
1.La sentenza n. 2615/2024 della sezione lavoro del Tribunale di Roma, ha accolto la teoria dell’Enasarco individuando quale attività di agenzia commerciale quella esercitata da alcuni influencer, per un brand di integratori alimentari, statuendo la necessaria sottoposizione degli operatori social agli oneri previdenziali da versare al citato Ente.
Se nella particolare fattispecie esaminata dal Giudice capitolino potevano rinvenirsi tutti quegli elementi e presupposti tipici del contratto di agenzia così, invece, non è, per molteplici altre obbligazioni oggetto dell’attività degli influencer. La difficoltà da sempre riscontrata dagli studiosi di delimitare entro precisi schemi contrattuali e relativi istituti giuridici l’attività degli operatori social è stata, probabilmente, la molla che ha spinto vari commentatori ad ampliare l’ambito applicativo della citata sentenza fino a riqualificare qualunque influencer come agente di commercio. Non sempre, invece, l’attività dell’influencer può essere qualificata come di intermediazione e, conseguentemente, dal punto di vista tributario come attività produttiva di reddito d’impresa nella duplice forma di procacciatore d’affari o di agente. L’attività potrebbe generare reddito d’impresa anche e solo perché la produzione del reddito deriva da un’attività organizzata in forma di impresa pur non essendo qualificabile come attività di intermediazione. La qualificazione del reddito potrebbe però, come ben indicato dalle “sentenze Ronaldo”, essere inquadrabile tra quelle di reddito da lavoro autonomo sia quando l’attività è svolta in via principale (art. 53, comma 1, TUIR) sia quando essa genera un provento da considerarsi nella determinazione del reddito della medesima categoria (art. 54, comma 1-quater, TUIR). Non va infine dimenticato che, al verificarsi di particolari presupposti, il reddito percepito dall’influencer potrebbe qualificarsi come reddito da lavoro dipendente o, in alternativa a tutti quelli sopra citati, qualora occasionale, reddito diverso. È dunque fondamentale distinguere le ipotesi in cui l’influencer si limita alla promozione di un brand o di un prodotto da quelle in cui egli svolge anche una attività di intermediazione.
2. Proprio dell’esame e qualificazione di una attività di intermediazione, esercitata da un influencer, si è occupato il Tribunale di Roma, sezione lavoro, il quale ha esaminato una fattispecie molto particolare e specifica recante un insieme di obblighi assunti dall’influencer nei confronti del brand nonché le caratteristiche del contratto di agenzia (di Tanna M.L. – Greco D., Influencer ed attività promozionale sui socialnetwork: procacciatore d’affari oppure agente di commercio?, in il fisco, 2024, 34, 3155).
Prima di giungere però all’esame della particolare ipotesi portata alla sua attenzione il Giudice ha opportunamente chiarito quale sia, in generale, l’attività di promozione dell’influencer. In tal senso ha ricordato che «Com’è noto l’influencer è un soggetto che è in grado di influenzare le opinioni e gli atteggiamenti di altre persone, in ragione della sua reputazione e autorevolezza rispetto a determinate tematiche o aree di interesse. Si tratta di figure professionali che, grazie alla loro popolarità e alla capacità di fidelizzare i propri follower, diventano strumento di comunicazione del brand influenzando (promuovendo) le scelte d’acquisto del proprio pubblico. La promozione non avviene in maniera “tradizionale” ma, con le nuove tecnologie. In particolare, il marketing influencer è un esperto di settore che, con i propri post, permette di offrire maggiore visibilità a prodotti o servizi da lui promossi, avvalendosi dei canali web che ritiene più opportuni ed adeguati (Instagram, Youtube, Facebook, un blog personale, etc.). L’influencer proprio per il ruolo determinante che svolge all’interno dei processi comunicativi, viene spesso incaricato dalle imprese del settore in cui esso opera, di pubblicizzare i loro prodotti, andando così a svolgere un’attività promozionale delle vendite, che viene retribuita tramite il pagamento di un compenso».
Secondo il Giudice: «Con il contratto di influencer, quindi, l’azienda persegue lo scopo di far diventare propri clienti i followers dell’influencer. Nel caso dell’influencer risulta del tutto irrilevante il modo attraverso il quale egli induca i suoi followers all’acquisto, non essendo necessario che si rivolga individualmente a ciascuno di loro presentando le caratteristiche del prodotto, il prezzo, sollecitandone l’acquisto, atteso che nel mondo web la promozione di prodotti viene assicurata attraverso la pubblicazione sui vari social da parte influencer di contenuti (post o stories) destinati alla platea dei propri followers».
Sulla tipologia reddituale di tale attività di promozione influisce in maniera determinante la modalità con la quale essa viene esercitata. In via di prima approssimazione potremmo delineare almeno tre fattispecie:
l’influencer si limita a “propagandare” un determinato brand/prodotto a fronte di un corrispettivo predeterminato;
l’influencer, in assenza di continuità e stabilità, promuove la vendita di determinati prodotti ricevendo un compenso provvigionale sulle vendite che derivano dalla sua attività;
l’influencer, operando in maniera continuativa e stabile, promuove la vendita di determinati prodotti ricevendo un compenso provvigionale sulle vendite che derivano dalla sua attività.
3. Proprio la terza delle ipotesi citate è stata quella portata all’esame del Tribunale capitolino che ha pertanto rilevato nell’attività dell’influencer le caratteristiche del contratto di agenzia.
Il Giudice, esaminato il contenuto dell’accordo stipulato tra la società e gli influencer, ha rilevato come dallo stesso si evinca che «“L’influencer dovrà promuovere per conto nostro prodotti del brand […] sulle pagine socio media e siti web di proprietà dell’influencer, indicando nelle proprie pagine web il codice personalizzato […]” (art. 1.1). L’art. 2 dell’Accordo definisce il corrispettivo:”Le Parti convengono che, per ogni singolo ordine rettamente procurato e andato a buon fine. l’influencer avrà diritto di percepire dalla Società un compenso nella misura del 10%”. 2.2 Verrà inoltre corrisposto un compenso di Euro 100,00 per agni articolo/contenuto pubblicato in rete per un massimo di 10 mensili, previa approvazione dell’Azienda. 2.3 La liquidazione del compenso avverrà mensilmente, previa ricezione fattura, relativamente al fatturato generato nel mese, con pagamento entro la terza settimana del mese successivo”». Il successivo art. 3 indica le modalità di svolgimento dell’attività: «“L’influencer svolgerà la propria attività in piena indipendenzaed autonomia, con tutta la dovuta diligenza, perizia e cura, senza alcun obbligo di attività minima né obblighi di risultati minimi”. L’art. 7 indica la durata:”7.1. Il presente contratto […] si intende, a tempo, indeterminato e potrà essere risolto in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso di 15 giorni, da comunicarsi mediante e-mail”».
Dunque, dall’esame dei documenti contabili ed in particolare delle fatture, è emersa la durata pluriennale e continuativa delle collaborazioni indagate e la stabilità dell’incarico della collaborazione come influencer. Il Tribunale ha poi rilevato che «per quanto riguarda i sigg. […] i compensi corrisposti, sono stati assoggettati alla ritenuta d’acconto del 23% sul 50% dell’imponibile, propria dei compensi provvigionali e al pagamento della relativa ritenuta d’acconto utilizzando il Codice tributo 1040».
Il Tribunale ha anche rilevato che «[…] la Cassazione ha stabilito che l’assegnazione di una specifica zona non è elemento determinante per escludere il contratto di agenzia, occorre evidenziare che, in ogni caso, per “zona determinata” nella quale l’incarico deve essere espletato deve intendersi non solo la zona geografica, ma anche la porzione di mercato, che nel caso dell’influencer è determinata dalla comunità dei followers che lo seguono”». Ha inoltre aggiunto «l’introduzione di nuovi mezzi e tecniche di vendita ha rivoluzionato il modo in cui i consumatori interagiscano con i prodotti o i servizi. Web e social network, si configurano, oggi, come un nuovo ed ulteriore strumento per fare promozione attraverso gli influencer».
Sulla base di tali presupposti il Giudice ha concluso che doveva escludersi si fosse trattato di un rapporto di procacciamento di affari del tutto episodico o occasionale o limitato a singoli affari determinati. Secondo il Tribunale si tratterebbe, invece, di un rapporto di agenzia risultante da «una pluralità di indizi, gravi, precisi ed univoci, idonei a rimostrare nel caso di specie gli elementi della stabilità e della continuità, tipici dell’agenzia di cui all’art. 1742 e ss. c.c.».
Il Tribunale ha valorizzato elementi quali, ad esempio, il fatto che lo scopo del contratto stipulato con l’influencer fosse quello di vendere i prodotti promossi direttamente ai followers di quell’influencer rilevando che il codice sconto, associato all’influencer, permetteva di considerare il relativo ordine come direttamente procurato dall’influencer.
Il Tribunale ha altresì verificato sia l’esistenza di un vincolo di stabilità sia che la mancanza di un termine nel contratto.
Merita particolare attenzione anche il ragionamento svolto in sentenza relativamente alla individuazione di una specifica zona assegnata all’agente. Relativamente a tale aspetto il Giudice ha innanzitutto ricordato l’orientamento della Cassazione secondo cui l’assegnazione di una specifica zona non è elemento determinante per escludere il contratto di agenzia (Cass., sez. lav., n. 10055/2016 e Cass., sez. lav., n. 20322/2013). Ha però anche rilevato che, nel caso specifico, la zona determinata di attività esiste, pur se non deve essere considerata una zona geografica, bensì la porzione di mercato che può essere individuata nella «comunità dei followers dell’influencer», che acquistano i prodotti della società mediante il codice sconto personalizzato dell’influencer.
4. È evidente come l’aspetto esaminato dal Tribunale di Roma, nella sentenza più volte ricordata, fosse espressamente volto ad individuare l’esistenza di un obbligo previdenzial-contributivo in capo all’influencer-agente. Quest’ultimo, infatti, viene riconosciuto colpevole dell’omessa iscrizione all’Enasarco e del, conseguente, omesso versamento di contributi al citato Fondo di previdenza degli agenti. Non essendo l’aspetto previdenziale quello in esame in questo contributo ci si limiterà a sottolineare che l’obbligo verso tale fondo di previdenza si aggiunge a quello nei confronti dell’INPS.
Per quanto invece concerne gli aspetti tributari occorre ricordare che l’attività di agenzia, in quanto attività di intermediazione si inquadra tra le attività ausiliarie comprese nell’art. 2195 c.c. Secondo la disciplina tributaria, dunque, l’attività di agente di commercio, anche in assenza di qualsivoglia organizzazione, produce reddito di impresa. Non va inoltre sottaciuto che, l’imprenditore agente, deve osservare norme a lui espressamente dedicate, tendenzialmente di favore, sia in termini di deducibilità di alcuni costi (ad esempio, autovettura, telefono o spese alberghiere) sia in termini di detraibilità dell’IVA su alcuni acquisti.
Inoltre uno specifico regime è previsto in merito alle ritenute da operare come stabilito dall’art. 25-bis D.P.R. n. 600/1973. Ed invero, secondo il dettato dell’articolo, i sostituti d’imposta che corrispondono «provvigioni comunque denominate per le prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari» devono operare una ritenuta a titolo di acconto. Tale ritenuta, nell’ammontare del 23%, è commisurata al cinquanta per cento dell’ammontare delle provvigioni.
5. Qui giunti occorre però ricordare che non tutte le fattispecie di promozione sono riconducibili alla ipotesi esaminata dal Giudice romano.
Come detto, infatti, pur se l’attività di promozione può, a volte, spingersi fino a quella di intermediazione e può avere un compenso calcolato in percentuale sull’ammontare delle vendite, essa potrebbe non avere i requisiti di stabilità ed abitualità che contraddistinguono il rapporto di agenzia e, in tal caso, dovrebbe essere inquadrata come procacciamento di affari.
In tal senso è utile ricordare la distinzione tra le due figure professionali nettamente tracciata dalla giurisprudenza di Cassazione la quale ci ricorda che «secondo la giurisprudenza di questa Corte (tra le più recenti, v. Cass. n. 16565 del 2020), i caratteri distintivi del contratto di agenzia debbano individuarsi nella continuità e stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente, nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio, e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo. Il rapporto di procacciatore d’affari si concreta, invece, nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa». (Cass., ord. n. 23214/2024).
Inoltre per svolgere l’attività di agente di commercio occorrerà superare un apposito corso professionale, oppure avere un apposito titolo di studi (diploma di scuola secondaria di secondo grado ad indirizzo commerciale o laurea in materie commerciali e/o giuridiche) o aver svolto negli ultimi 5 anni, per almeno un biennio, l’attività di venditore piazzista o dipendente addetto alle vendite. Occorrerà infine, per gli agenti, l’apposita iscrizione presso la Camera di Commercio.
Il procacciatore d’affari invece non sarà tenuto al rispetto di questi ultimi obblighi e, dal punto di vista tributario, potrà produrre un reddito di impresa (Cass. civ., sez. V, ord. n. 13893/2024) o un reddito diverso – come reddito derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente, ai sensi dell’art. 67 TUIR – a seconda dell’abitualità dell’attività.
Del tutto simili a quelle dell’agente sono le previsioni relative alla deducibilità dei costi alla detraibilità dell’IVA nonché il regime delle ritenute.
Differenza importante fra le due figure è la non debenza dei contributi Enasarco nel caso di procacciamento d’affari.
6. In realtà la maggior parte dei contratti di promozione conclusi da un influencer prevedono un compenso non legato in percentuale alle vendite e, comunque, clausole contrattuali che non permettono di ricondurre lo stesso né al contratto di procacciamento di affari né, ancor meno, al contratto di agenzia.
Si tratta delle ipotesi in cui la promozione effettuata dall’influencer non è collegata ad una attività di intermediazione. L’operatore social promuove sì il brand o i prodotti ma non mette in contatto il follower/possibile cliente con il brand e non riceve pertanto un compenso sulle vendite da lui procurate.
Se tale attività di “semplice” promozione viene svolta con i requisiti di abitualità e professionalità il reddito generato dovrà essere inquadrato quale reddito da lavoro autonomo. Fra le poche sentenze che si sono occupate di questo tema devono sicuramente essere menzionate quelle relative al calciatore Ronaldo (Comm. trib. prov. di Torino, 6 aprile 2022, n. 278; Corte Giustizia tributaria di secondo grado Torino, 15 maggio 2023, n. 219). In tali sentenze i Giudici piemontesi in primo luogo hanno statuito che, l’attività sui social del citato calciatore deve qualificarsi come attività di “influencer” e che la notorietà di questi ultimi spesso prescinde da particolari abilità o successi in qualche settore di attività e consegue principalmente – e talvolta esclusivamente – da una particolare abilità nella mera presentazione della propria persona. Sempre secondo i medesimi giudici, inoltre, «Ciò che infatti emerge prepotentemente, in fenomeni del tipo di cui ci si occupa in questa sede, è il fatto che l’immagine del personaggio famoso finisce per costituire di per sé un valore, la cui promozione rappresenta essa stessa un’attività professionale (avente natura di lavoro autonomo) produttiva di reddito». Da ciò, secondo i Giudici, è chiaro che «[…] Dunque, l’esercizio abituale e professionale della gestione di quell’immagine rende evidente la qualificabilità del reddito che ne consegue come proveniente da un’attività di lavoro autonomo, a norma dell’art. 53, comma 1, T.U.I.R.» (Carinci A., Lo sfruttamento del diritto di immagine: un percorso tortuoso ancora tutto da costruire, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2022, 2, 31; Trettel S., Escluso il regime riservato ai neo-residenti sui redditi da sfruttamento dell’immagine, in il fisco, 2023, 28, 2747; Roccatagliata F., I redditi da diritto di immagine dei calciatori “neo-residenti” vanno tassati in Italia – Il lupo perde il pelo … CR7 no (ma solo perché usa lo shampoo dei campioni), in GT – Riv. giur. trib., 2023, 8/9, 714; Pennesi L., Natura giuridica e allocazione territoriale dei redditi tratti dallo sfruttamento dell’immagine personale: note critiche e considerazioni di sistema, in Riv. dir. trib. int., 2022, 3, 119).
La conferma che si tratti di un reddito da lavoro autonomo che deriva dall’esercizio abituale e professionale della gestione della propria immagine e della conseguente promozione di un brand o prodotto viene rafforzata sia dalla recente istituzione dei codici Ateco per l’attività di influencer marketing (73.11.03 ) in vigore dal 1° gennaio 2025, nonché dal fatto che l’Istat nella revisione della classificazione Cp 2021, relativa al censimento delle attività lavorative italiane e pubblicata lo scorso 4 gennaio 2024, ha inserito, tra le nuove professioni, quelle relative a youtuber, influencer, blogger, ecc..
Tale nuovo inserimento è stato considerato e valorizzato anche dalla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio nella più recente sentenza n. 4562/2024 relativa al reddito percepito da una influencer. I Giudici hanno dapprima ricordato alcuni elementi caratterizzanti la categoria reddituale quali la notorietà della ricorrente come influencer con circa 2 milioni di follower e la promozione, nelle pagine dei social utilizzati, di diversi marchi commerciali. Hanno poi ricordato il citato inserimento tra le nuove professioni di: youtuber, influencer, blogger, ecc., per giungere a stabilire che «Tale nuova previsione, ben può essere caratterizzata dalla creazione di post, contenuti video sul web, ecc. che, comunque, hanno in comune la pubblicazione costante di contenuti sui social e il consenso allo sfruttamento della propria immagine. Ne consegue che l’attività, così svolta, […], va inquadrata nell’ambito del reddito di lavoro autonomo».
È evidente che, dall’esercizio di una attività svolta con professionalità e abitualità, conseguentemente, deriva l’obbligo di rispettare tutti gli adempimenti imposti dalla legislazione sull’IVA.
Al contrario se l’attività sopra descritta è svolta in modo occasionale e non professionale (come spesso accade quando all’inizio della carriera l’influencer non ha ancora raggiunto un numero di followers tali da renderlo appetibile sul mercato) il social operator non dovrà essere considerato soggetto passivo IVA e il reddito, eventualmente prodotto, sarà da considerare reddito diverso.
Va, infine, menzionata la particolare ipotesi in cui l’attività di promozione dell’influencer sia svolta alle dipendenze e sotto la direzione del proprio datore di lavoro (ad esempio, lo sportivo che abbia un contratto di lavoro dipendente con la squadra e che svolga attività di promozione per la stessa). In tal caso, evidentemente, per il principio di omnicomprensività di cui all’art. 51 TUIR le somme che percepirà dal datore di lavoro dovranno essere considerate reddito da lavoro dipendente.
7. Come abbiamo evidenziato molteplici sono le modalità con cui può essere esercitata l’attività degli operatori social e, in particolare, degli influencers. Una di queste, in costanza di particolari accordi contrattuali che ne disciplinano l’operatività, può essere ricondotta nell’alveo del contratto di agenzia con evidenti conseguenze sul reddito percepito e sugli adempimenti contributivi. Si tratta, come detto, di quelle attività in cui l’influencer non si limita alla promozione ma esercita una vera e propria attività di intermediazione. Ma non basta. Occorre anche che tale attività di intermediazione sia svolta con quelle particolari caratteristiche tipiche del contratto di agenzia come individuate dall’art. 1742 ss. c.c.
Esistono però altre modalità, che in realtà rappresentano la maggior parte, con le quali l’attività dei content creator può essere esercitata. Si tratta di tutte quelle ipotesi in cui l’attività non è di intermediazione ma di promozione: spetterà a questo punto all’interprete verificare a quale categoria reddituale tale attività debba essere ricondotta.
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 1/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Carinci A., Lo sfruttamento del diritto di immagine: un percorso tortuoso ancora tutto da costruire, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2022, 2, 31 ss.
Censi S., Professionisti dell’immagine: dal testimonial all’influencer. Profili fiscali, in Tax News – Supplemento online alla Riv. trim. dir. trib., 8 dicembre 2024
Di Tanna M.L. – Greco D., Influencer ed attività promozionale sui social network: procacciatore d’affari oppure agente di commercio?, in il fisco, 2024, 34, 3155 ss.
Di Tanna M.L. – Greco D. – Ferrari G.L., Aspetti legali e fiscali dell’influencer marketing, Rimini, 2023
Magliaro A., L’individuazione della potestà impositiva nella influencer economy, in Tax News – Supplemento online alla Riv. trim. dir. trib, 11 dicembre 2024
Magliaro A. – Censi S., Dall’immagine alla notorietà: la tassazione delle nuove forme di ricchezza nell’epoca dei social, in il fisco, 2021, 20, 1921 ss.
Magliaro A. – Censi S., Qualificazione del reddito degli influencer: costituisce ancora sfruttamento del diritto di immagine, in il fisco, 2024, 6, 535 ss.
Pennesi L., Natura giuridica e allocazione territoriale dei redditi tratti dallo sfruttamento dell’immagine personale: note critiche e considerazioni di sistema, in Riv. dir. trib. int., 2022, 3, 119 ss.
Roccatagliata F., I redditi da diritto di immagine dei calciatori “neo-residenti” vanno tassati in Italia – Il lupo perde il pelo … CR7 no (ma solo perché usa lo shampoo dei campioni), in GT – Riv. giur. trib., 2023, 8/9, 714 ss.
Scarioni P. – Angelucci P. – Martino A.F., La tassazione degli sportivi. Prestazioni sportive, sfruttamento del diritto all’immagine, attività di influencer, Milano 2023
Trettel S., Escluso il regime riservato ai neo-residenti sui redditi da sfruttamento dell’immagine, in il fisco, 2023, 28, 2747 ss.
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