Il nuovo testo dell’articolo 56-bis Testo Unico imposta sulle successioni e donazioni fa chiarezza su alcuni aspetti incerti dell’istituto, del quale è confermata la vitalità, nonostante la frizione con la nozione civilistica di donazione. Recependo in larga parte gli approdi giurisprudenziali: la disposizione viene coordinata all’impianto complessivo dell’imposta e nel complesso può dirsi dunque che il suo ambito e il suo percorso applicativo siano delineati con maggiore precisione; ma qualche dubbio non trascurabile rimane
Pending doubts on indirect donations – The new text of article 56-bis of the “Testo Unico” on inheritance and donation tax clarifies some uncertain aspects of the institution, whose vitality is confirmed, despite the friction with the civil law concept of donation. Largely incorporating the jurisprudential findings: the provision is coordinated with the overall system of the tax and overall it can therefore be said that its scope and its application path are outlined with greater precision; but some not insignificant doubts remain.
Sommario: 1. Premessa. – 2. L’ambito applicativo tra testo normativo e giurisprudenza. – 3. La dichiarazione dell’interessato. – 4. Liberalità indirette e dintorni
1. Nel quadro della revisione dell’imposta sulle successioni e donazioni, attuata con il D.Lgs. n. 139/2004 sulla base della legge delega n. 111/2023, merita qualche considerazione la disciplina delle liberalità indirette (art. 56-bis D.Lgs. n. 346/1990, disposizione sulla quale la novella ha inciso; per una panoramica generale, v. Filippini M. – Elsisi K., Sulla fiscalità delle liberalità indirette: aspetti evolutivi, criticità applicative e profili di riforma mancati, in questa Rivista, 2025, 1 e pubblicato online l’11 febbraio 2025, www.rivistadirittotributario.it), anche perché, in parallelo alla riforma, tre importanti pronunce della Corte di Cassazione, sezione tributaria sono intervenute sul tema nel corso del biennio 2023-2024, completando il percorso delineato da tre discusse ordinanze del 2020. Poco prima, le Sezioni Unite della Suprema Corte avevano invece sancito che non possono concepirsi civilisticamente donazioni che non rivestano la forma dell’atto pubblico alla presenza di testimoni (Cass. civ., SS.UU., 27 luglio 2017, n. 18725).
2. Quanto all’ambito applicativo, il nuovo testo conferma che anche le liberalità “indirette” sono del tutto escluse da imposta se riguardano le spese non soggette a collazione (art. 742 c.c.), le donazioni di modico valore (art. 783 c.c.) e quelle rese a fronte di servizi ricevuti, o comunque in base agli usi (art. 770 c.c., evocato ora esplicitamente mentre il testo precedente non ne parlava).
È chiaro poi – e lo era anche in precedenza – che, mancando l’atto di donazione indiretta con i suoi requisiti formali, la tassazione delle donazioni indirette – impropriamente così unitariamente definite nella rubrica – presuppone anche il verificarsi di uno dei due elementi stabiliti dalla disposizione: ossia che la liberalità risulti da dichiarazioni (la giurisprudenza ha chiarito che la dichiarazione dell’interessato è indefettibile, non essendo sufficiente che la liberalità sia emersa in altro modo nel contesto di un procedimento di accertamento) rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti di accertamento del tributo (di un tributo diverso da quello cui è riferita la norma), ovvero che alla registrazione della liberalità si sia provveduto volontariamente.
Non vi è più alcuna franchigia prefissata, ma si applicano le normali franchigie previste in generale (4%, 6% oppure 8%, ex art. 56 D.Lgs. n. 346/1990) in base al rapporto di parentela nonché le normali modalità di determinazione della franchigia stessa; nel caso di dichiarazione, tuttavia, l’aliquota sarà sempre quella (in molti casi penalizzante) dell’8%, mentre la registrazione volontaria consente di conservare le aliquote differenziate in base al grado di prossimità che lega donante e donatario.
Sempre in tema di ambito applicativo, si apre però uno scenario più incerto con riguardo alle donazioni indirette in senso proprio, ossia con riguardo a quelle donazioni che vengono attuate incrementando il patrimonio del donatario non con un’attribuzione diretta, ma attraverso gli effetti di atti e negozi combinati (ad esempio il donante adempie un’obbligazione del terzo, ovvero si stipula un contratto a favore di terzo, o si rinuncia a un diritto). In base al comma 4-bis dell’art. 1 D.Lgs. n. 346/1990, l’applicazione dell’imposta sulle donazioni resta ferma anche alle liberalità indirette (salvo che la donazione emerga in un atto al quale già siano applicabili l’imposta di registro o l’IVA e che sia relativo a costituzione di trasferimenti di diritti immobiliari o a trasferimenti di aziende), risultanti da atti soggetti a registrazione e coerentemente il testo dell’art. 56-bis si dichiara applicabile alle liberalità diverse dalle «donazioni e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all’estero a favore di residenti».
A stare al dato normativo, leggendo in combinato disposto comma 4-bis dell’art. 1 dell’art. 56-bis, sembra chiaro che l’accezione nella quale è accolto il concetto di liberalità indiretta nell’art. 56-bis debba essere più limitata rispetto all’enunciato letterale della rubrica: prevedendo fattispecie tassabili che sono tali soltanto se dichiarate o registrate volontariamente dall’interessato, la disposizione sembra non applicabile nei casi nei quali la tassabilità dalla donazione indiretta deriva dalla sottoposizione a registrazione di un diverso atto giuridico dal quale si evinca la donazione (come recita il comma 4-bis dell’art. 1); essa comprenderebbe in definitiva le liberalità informali, ossia quelle che non passano attraverso un atto, ovvero quelle che passano attraverso la redazione di atti per i quali non è previsto l’obbligo di registrazione. Al di fuori di questo ambito, e nonostante la rubrica dell’art. 56-bis, quest’ultima disposizione dovrebbe sempre operare a condizione che non esista già un obbligo di registrazione dell’atto (anche) donativo, caso nel quale non avrebbe senso subordinare la tassazione alla dichiarazione dell’interessato o alla registrazione volontaria; lo conferma il fatto che, come riconosce la giurisprudenza, la tassazione ai sensi dell’art. 56-bis non è accompagnata da sanzioni, nascendo l’obbligo impositivo soltanto con la dichiarazione o con la registrazione volontaria.
Tuttavia, la giurisprudenza della Suprema Corte sembra andare in diverso avviso nelle decisioni più recenti, nelle quali, enfatizzando il carattere alternativo (innegabile) della fattispecie prevista dall’art. 56-bis, e assegnando rilievo alla circostanza che tale disposizione sembra riferirsi a tutte le liberalità indirette (e non solo a quelle informali), teorizza che le donazioni diverse da quelle dirette (sembrerebbe, tutte le donazioni diverse da quelle dirette) siano escluse da imposta fino a quando non vengano dichiarate o registrate volontariamente, ex art. 56-bis D.Lgs. n. 346/1990. Non può dirsi con sicurezza che la Suprema Corte abbia inteso adottare un’interpretazione abrogatrice, nella sostanza, del comma 4-bis dell’art. 1 di tale decreto, tuttavia le frasi utilizzate sembrano andare in questo senso («Se, dunque, il “potere” dell’amministrazione finanziaria di accertare donazioni indirette si ha solo (sempre che la normativa in materia – come sopra accennato – non sia da ritenere abrogata) al ricorrere dei predetti due presupposti, pare potersi concludere che non vi sia un generalizzato obbligo di sottoporre a tassazione tutte le donazioni indirette “risultanti” (anche per via di enunciazione) “da atti soggetti alla registrazione” (Cass., Sez. 5, 12 aprile 2022, n. 11831), ma si pongano solo le seguenti ipotesi di tassazione delle donazioni indirette, se “risultanti”, beninteso, “da atti soggetti alla registrazione […]”»; così Cass., 12 aprile 2023, 9780, seguita poi da Cass., 20 marzo 2024, n. 7442, in Famiglia e diritto, 2024, 10, 855 con nota di Benzi C., Il nodo delle liberalità indirette ed informali nella cornice della giurisprudenza di legittimità e del “riformando” tributo successorio).
Se così è, l’art. 56-bis diventa non più un’ipotesi straordinaria di tassazione di fattispecie lato sensu donative non altrimenti emergenti, che fa salva la tassazione degli atti donativi indiretti considerati dall’art. 1, comma 4-bis del decreto sull’imposta sulle successioni, poiché si trasforma in una generale forma di tassazione di tutte quelle liberalità diverse da quelle attuate direttamente nella forma tipica dell’atto di donazione. L’impatto sul sistema, che è tenue se si adotta la prima chiave di lettura, diventa invece forte, per non dire dirompente, se conduce ad un sensibile ridimensionamento – che sfiora la disapplicazione – del comma 4-bis dell’art. 1.
È pertanto auspicabile che nelle prossime occasioni il senso di questo indirizzo possa essere precisato dalla Suprema Corte stessa e che la stessa Agenzia delle Entrate prenda posizione sulla portata della norma, cogliendo l’occasione della novellazione operata con la riforma.
Resta il dato indiscutibile – precisato con grande chiarezza dalla giurisprudenza – che la donazione indiretta (o anche solo informale) è tassabile secondo l’art. 56-bis solo nella misura in cui non si siano verificate le situazioni generatrici dell’obbligo di registrarla, così sottoponendola a tassazione senza ulteriori condizioni (il dubbio, poi, è infatti pertinente solo all’ampiezza del preesistente obbligo di registrazione). Conseguenza di tale punto fermo è che, dopo la riforma, sono invece tassabili sempre e comunque, ossia prescindendo dalla dichiarazione dell’interessato, le attribuzioni provenienti dal trust (art. 4-bis D.Lgs. n. 346/1990) per le quali il presupposto impositivo si realizza immediatamente, come conseguenza del differimento della tassazione verificatosi quando il trust ha ricevuto l’attribuzione patrimoniale dal disponente.
3. Il testo dell’art. 56-bis è rimasto invariato nella parte in cui riferisce la dichiarazione rilevante (la dichiarazione è necessaria, non è sufficiente che la liberalità emerga dall’istruttoria del procedimento; così Cass. n. 28047/2020) all’interessato coinvolto dal procedimento di accertamento. Poiché è opinione diffusa che in realtà questa formula generica abbia poi applicazione concreta soprattutto in materia di accertamenti presuntivi nelle imposte sul reddito (in particolare, con il metodo sintetico), il concetto di persona interessata dovrebbe quasi sempre implicare il riferimento al donatario. Ma è noto che la giurisprudenza di Cassazione, ad esempio, in tema di voluntary disclosure (sul tema, rileva la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 30/E/2015), ha ammesso che la donazione informale sia tassabile anche su dichiarazione del donante (ad esempio, Cass. 12 aprile 2023, n. 9780, citata; Cass. 9 luglio 2024, n. 18724, citata). Così, la tassazione non diventa più una scelta volontaria del soggetto destinato a subire gli effetti della stessa, ma si rende attuabile per effetto del fatto di un terzo, diverso sia dal contribuente, sia dall’Amministrazione finanziaria.
Si tratta di uno schema del tutto originale, che non può non suscitare perplessità, e che quanto meno deve ammettere che il donatario, “incastrato” quale soggetto passivo dell’imposta dalla dichiarazione del donante, abbia facoltà di impugnazione dell’atto con il quale la donazione viene accertata e tassata. Peraltro, il problema si pone anche a proposito della ipotesi alternativa della registrazione volontaria, a proposito della quale la norma è ancora più indeterminata, legittimando così effettivamente la conclusione che possa essere il donante a dare impulso ad una tassazione che riguarda altro soggetto.
Alla singolarità generale della disciplina, che considera alcune delle fattispecie di arricchimento ricevuto per atto liberale imponibili soltanto su richiesta del contribuente, se ne aggiunge un’altra, ossia che la tassazione possa dipendere dalla scelta non del soggetto passivo dell’imposta, ma di colui che determina l’arricchimento del primo.
4. Rispetto al sistema complessivo dell’imposta sulle donazioni, la novella non ha chiarito se, come pure si è affermato (accenna alla irrilevanza della residenza del donante in un caso in cui il denaro trasferito era su conto estero, Cass., 12 aprile 2023, n. 9780), effettivamente l’art. 56-bis deroghi alle regole sulla territorialità, determinando la tassazione di donazioni anche provenienti da soggetti non residenti e anche in difetto di presenza dei beni donati nel territorio dello Stato: ad avviso di chi scrive, non vi sono elementi per estraniare la previsione dell’art. 56-bis dal contesto complessivo delle regole di sistema sull’imposta sulle donazioni (in questo senso, condivisibilmente, Cass., 30 marzo 2021, 8720: «La donazione di denaro depositato, al momento dell’atto di liberalità, presso un conto corrente di un istituto di credito straniero, effettuata tramite bonifico bancario, da parte di un cittadino residente all’estero a beneficiario residente in Italia non rileva ai fini dell’applicazione dell’ imposta sulla donazione in Italia atteso che, in forza del principio di territorialità di cui all’art. 2, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 346 del 1990, l’ imposta è dovuta solamente per i beni e “diritti esistenti” sul territorio nazionale»; che sembra tuttavia in contrasto con la decisione precedentemente citata).
Risulta invece più chiara, con la novella, la questione del termine entro il quale l’accertamento della liberalità indiretta deve essere effettuato; sul tema, in mancanza di indicazioni normative, la giurisprudenza aveva dato risposte contraddittorie, ritenendosi o l’applicazione del termine prescrizionale decennale, a decorrere dalla data dell’attribuzione tassabile (in questo senso Cass. n. 7442/2024), o l’applicazione del termine decadenziale quinquennale, a decorrere dalla dichiarazione o dalla registrazione volontaria (così Cass. n. 18724/2024: «Per il richiamo dell’art. 60, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 si applica la decadenza di cinque anni prevista dall’art. 76, D.P.R. n. 131 del 1986. Tuttavia, la decorrenza del termine (dies a quo) si configura non al momento delle liberalità, ma a quello della volontaria dichiarazione al fisco […] Il presupposto dell’imposta, infatti, scaturisce dall’autodichiarazione della liberalità indiretta, così come resa dall’interessato nella procedura di collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure). Ne deriva la decorrenza del termine di decadenza dalla data della dichiarazione resa in sede di voluntary disclosure [vedi in tal senso Sez. 5, Sentenza n. 13133 del 24/06/2016]»).
Con il D.Lgs. n. 139/2024 di riforma dell’imposta, il problema appare risolto, perché finalmente l’art. 56-bis viene menzionato nell’art. 60 (in precedenza, in effetti non compariva tra le norme quivi richiamate) tra le disposizioni per le quali vale il rinvio alla disciplina dell’imposta di registro («Per le modalità e i termini della liquidazione dell’imposta o maggiore imposta determinata a norma degli articoli 56, 56 bis e 57 […] si applicano, in quanto non diversamente disposto in questo titolo e nell’art. 34, commi 4 e 8, le disposizioni del testo unico sull’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131»). Non sembra più dubbio che l’imposta debba essere richiesta dall’Ufficio in un termine decadenziale, di tre anni, a decorrere dal fatto costitutivo del potere di accertamento (la dichiarazione o la registrazione volontaria). Il termine quinquennale di cui all’art. 76, comma 1, Testo Unico imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131/1986, invero, presuppone la acquisizione all’Ufficio di un atto o di una denuncia che avrebbe dovuto essere presentata in precedenza, mentre, essendo la fattispecie di cui all’art. 56-bis del tutto fisiologica – si rende tassabile un’attribuzione patrimoniale che prima non lo era – appare più corretto fare riferimento al comma 3 dello stesso art. 76 che pone il termine decadenziale triennale per richiedere l’imposta dovuta su atti o denunzie regolarmente presentati.
Secondo la giurisprudenza, infine, con la quale converge anche l’Agenzia delle Entrate (circ. n. 30/E/2015), anche la liberalità accertata e tassata in base all’art. 56-bis godrebbe dell’esclusione da imposta, quando correlata ad un trasferimento (o costituzione) di diritti immobiliari o ad un trasferimento di aziende che sia assoggettato ad imposta di registro o a IVA. Su questa conclusione si può però nutrire qualche dubbio a proposito della liberalità informale dichiarata nel corso di un procedimento di accertamento, perché l’art. 1 comma 4-bis D.Lgs. n. 346/1990 prevede un’ipotesi nella quale normalmente il collegamento tra liberalità e trasferimento emerge o espressamente, o quanto meno in modo indiretto, dall’atto sottoposto a registrazione. Nel caso della tassazione della liberalità dichiarata, il collegamento sarebbe affidato alla mera dichiarazione dell’interessato e avrebbe necessità di un supporto probatorio non troppo agevole, anche perché va immaginato simultaneo rispetto alla dichiarazione. Così come l’accertamento della liberalità indiretta dichiarata non si presta agevolmente alla verifica della franchigia consumata in occasione di precedenti donazioni. Potrebbe allora essere utile, in entrambi i casi, la disponibilità di una modulistica che predetermini i contenuti necessari ed eventuali della dichiarazione dell’“interessato”.
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 1/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Filippini M. – Elsisi K., Sulla fiscalità delle liberalità indirette: aspetti evolutivi, criticità applicative e profili di riforma mancati, in Riv. tel. dir. trib., 2025, 1 e pubblicato online l’11 febbraio 2025, www.rivistadirittotributario.it
Gaffuri G., Le liberalità informali, in AA.VV., L’imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e riforme, Milano, 2001, 281 ss.
Ghinassi S., La fattispecie impositiva del tributo successorio, Pisa, 2014
Iaccarino G., La diversa connotazione delle c.d. “donazioni informali”, civilisticamente nulle e fiscalmente tassabili se dichiarate dall’interessato, in Notariato, 2024, 3, 346 ss.
Loconte S., Prospettive de iure condendo sulla tassazione delle liberalità indirette, in il fisco 2024, 31, 2944 ss.
Lupi R., I trasferimenti non formali: dalle scelte rinuciatarie del legislatore del 1973 all’imbarazzo di quello del 2000, in AA.VV., L’imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e riforme, Milano, 2001, 289 ss.
Monteleone G., Il nodo delle liberalità indirette, in AA.VV., L’imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e riforme, Milano, 2001, 331 ss.
Nastri M., Liberalità indirette e prassi negoziale, in AA.VV., L’imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e riforme, Milano, 2001, 305 ss.
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