IL PUNTASPILLI – SEGNALAZIONI DALLA REDAZIONE

Di Redazione della rivista -

Dalla riunione del 26 febbraio 2025

1. In attuazione della delega di riforma del sistema fiscale di cui all’art. 4, co. 1, lett. b), l. n. 111/2023, l’accesso alla documentazione amministrativa viene finalmente consacrato come principio generale della legge posta a presidio dei diritti del contribuente (art. 1, co. 3-bis, l. n. 212/2000). In tale direzione pare, del resto, proiettarsi l’art. 6-bis della medesima legge che prospetta al contribuente la possibilità di partecipare al procedimento mediate un contraddittorio “informato ed effettivo” dopo la notifica dello “schema di atto”, presentando eventuali controdeduzioni o, in alternativa, inviando un’istanza per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo.

Eppure, la sentenza n. 32432 del 13 dicembre 2024 della V sezione della suprema Corte nega quanto sancito dallo Statuto dei diritti del contribuente affermando che “il rispetto dei diritti di difesa non costituisce una prerogativa assoluta, ma può essere assoggettato a restrizioni, in particolare in ambito tributario”. Secondo quanto stabilito dai giudici di legittimità, infatti, la violazione del diritto di accesso alla documentazione non offerta in comunicazione dall’Amministrazione finanziaria, in quanto strumentale all’esercizio del diritto di difesa del contribuente, sussiste soltanto se la tempestiva ostensione dei documenti “e la loro valorizzazione in sede amministrativa avrebbe comportato un diverso esito nell’atto impositivo”.

Il contribuente, dunque, in una posizione di evidente asimmetria informativa, non può esercitare liberamente il suo diritto di accedere alle informazioni che lo riguardano, garantito – lo si ripete – dall’ordinamento italiano dagli artt. 1, co. 3.bis e 6-bis, l. n. 212/2000, nonché dall’art. 24, co. 7, l. n. 241/1990, ma deve ‘guadagnarselo’: fornendo la “prova di resistenza” pur non conoscendo il contenuto del fascicolo istruttorio.

2. Il quadro si complica se si considera il caso specifico affrontato dalla Corte: l’avviso di accertamento notificato al contribuente aveva ad oggetto il recupero IVA relativo ad operazioni di cessione nei confronti di quattro esportatori abituali che l’Amministrazione finanziaria ha contestato sul presupposto che la dichiarazione di intenti presentata da ciascuno di essi fosse ideologicamente falsa. Invero, in una simile situazione, in cui il contribuente riceva un accertamento basato su dati raccolti presso terzi, l’ordinamento europeo assicura al contribuente non solo un generico diritto di informazione, ma un pregnante diritto di accesso alla documentazione presente nel fascicolo e reperita presso terzi (su tutte si ricorda la sentenza della Corte di Giustizia UE, causa C-430/19 del 4 giugno 2020). In tali casi, infatti, il deficit informativo riguarda proprio i dati raccolti presso terzi e dai quali emergano conseguenze (sul contribuente accertato) di presunti illeciti o comportamenti anomali posti in essere dai soggetti terzi. Limitazioni al diritto di accesso agli atti del fascicolo istruttorio potranno essere giustificate soltanto da “obiettivi di interesse generale”, in maniera conforme ai principi di effettività e di proporzionalità.

La suprema Corte, nella sentenza che si segnala, estende la “prova di resistenza” alla tutela del diritto di accesso, tradizionalmente richiesta dalla Corte di Giustizia UE rispetto all’esercizio del – diverso – diritto al contraddittorio. Il contribuente, dunque, che presenta un’istanza di accesso alla documentazione in possesso dell’Amministrazione finanziaria, deve “illustrare come e in che termini la tempestiva ostensione degli elementi di fatto a lui favorevoli, e non contenuti negli atti impositivi impugnati, avrebbe potuto influenzare l’esito dell’accertamento nei propri confronti”. In altri termini, il contribuente, che non conosce la documentazione che è, per tale ragione, interessato a ‘visionare’, dovrebbe, allo stesso tempo, dimostrarne l’utilità ai fini di una ‘possibile’ diversa decisione dell’Ufficio. Sicché, il provvedimento adottato in violazione “dei diritti della difesa” non è annullato in tutti casi.

3. La decisione sembra discostarsi dall’attuale assetto legislativo nazionale oltreché dalle più recenti tendenze dell’ordinamento tributario unionale in cui i diritti fondamentali del contribuente nelle indagini tributarie assumono concreta centralità nell’azione impositiva degli Stati membri. Basti pensare alla recentissima sentenza Italgomme della Corte EDU del 6 febbraio 2025 che ha condannato l’Italia con riguardo alla disciplina delle garanzie e delle tutele riconosciute ai contribuenti in materia di accessi, ispezioni e verifiche tributarie (Cfr. A. Marcheselli, La Corte EDU e il diritto “canzonatorio” dei diritti fondamentali: le garanzie durante gli accessi e il diritto al silenzio, in Il Fisco, 9, 2025, p. 743 ss.; G. Petrillo, L’istruttoria tributaria al cospetto delle censure della Corte EDU: spunti a margine di una recentissima decisione, in Riv. Tel. Dir. Trib., 15 febbraio 2025).

Lucrezia Valentina Caramia