Sull’interesse ad agire dell’utilizzatore in leasing, soggetto passivo IMU, avverso l’atto di accertamento della rendita catastale, notificato al solo intestatario della partita
In ipotesi di “scissione soggettiva” tra destinatario dell’accertamento sulla rendita catastale e soggetto passivo a fini IMU, è necessario riconoscere adeguati strumenti di tutela per quest’ultimo, atteso che la determinazione dell’imposta cui soggiace è strettamente connessa alla rendita accertata in capo a terzi, ovvero all’intestatario della partita. L’interesse ad agire è concreto ed attuale e non può essere considerato di mero fatto: la temporaneità della soggettività passiva dell’utilizzatore in leasing non è un parametro in base al quale escludere il diritto di difesa.
Interest to act of the lessee, subject to IMU, against the deed of registration of cadastral income, notified only to the owner of the lot – In the event of a subjective split between the recipient of the assessment of the land registry income and the assessment for IMU purposes, it is necessary to recognize adequate protection tools for the taxable person of a tax, the determination of which is strictly connected to the land registry income assessed in the hands of third parties, or the owner of the item. The interest in taking action is concrete and current and cannot be considered a mere fact: the temporary nature of the passive subjectivity of the user in leasing is not a parameter on the basis of which to exclude the right of defense.
Sommario: 1. Il caso in esame. – 2. Il collegamento tra soggettività passiva a fini IMU e determinazione della rendita catastale. – 3. La mancata notifica dell’atto di accertamento della rendita. – 4. La legittimazione ad impugnare l’atto e la centralità dell’interesse ad agire. – 5. Conclusioni.
1. Nel caso in esame, la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia si è pronunciata in merito a due avvisi di accertamento in rettifica di rendita catastale: tali avvisi erano divenuti definitivi nei confronti del proprietario dell’immobile per mancata impugnazione ed erano stati successivamente impugnati dall’utilizzatore dell’immobile in leasing.
In primo grado, la Corte di Giustizia di Milano aveva dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di legittimazione in capo al ricorrente e la sentenza in esame, nel rigettare l’appello della contribuente, ha confermato tale decisione.
La motivazione della pronuncia richiama il disposto dell’art. 74, comma 1, L. n. 342/2000, che stabilisce che i provvedimenti attributivi o modificativi della rendita catastale devono essere notificati esclusivamente “all’intestatario della partita”. La Corte rievoca la giurisprudenza di legittimità, in tema di IMU su immobili concessi in locazione finanziaria, secondo cui l’avviso di classamento e attribuzione di rendita catastale deve essere notificato al solo concedente, in qualità di proprietario del fabbricato e intestatario al catasto, e non all’utilizzatore, il quale, pur essendo soggetto passivo dell’imposta in costanza del rapporto contrattuale, è privo di legittimazione ad impugnare tale avviso, avendo solo un interesse temporaneo e di mero fatto a contestare il classamento e l’attribuzione della rendita, sulla cui base viene calcolata l’ICI (Cass. n. 31173/2022). Secondo tale prospettiva, l’unico soggetto legittimato all’impugnazione è esclusivamente l’intestatario della partita, né a diversa conclusione può condurre il rilievo che, in determinate circostanze, espressamente previste dall’art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 504/1992, tale soggetto non coincida con il soggetto passivo dell’imposta (Cass. n. 24299/2020).
In merito alla questione di costituzionalità prospettata dall’appellante, la Corte non ha ritenuto la stessa non manifestamente infondata e questo perché la previsione contenuta nell’art. 74 L. n. 342/2000 sarebbe giustificata per il fatto che la situazione del soggetto che riceve in locazione finanziaria un immobile è radicalmente diversa dalla posizione del proprietario.
La pronuncia, in sostanza, sostiene la correttezza della dissociazione tra soggettività passiva a fini IMU e legittimazione processuale ad impugnare la rettifica della rendita catastale, enfatizzando, a tale fine, la temporaneità della soggettività passiva dell’utilizzatore in leasing rispetto al dato formale della intestazione della partita.
2. Come noto, l’art. 74 L. n. 342/2000 dispone che «a decorrere dal 1° gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. Dall’avvenuta notificazione decorre il termine di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni, per proporre il ricorso di cui all’articolo 2, comma 3, dello stesso decreto legislativo. Dell’avvenuta notificazione gli uffici competenti danno tempestiva comunicazione ai comuni interessati».
Il disposto normativo prevede, dunque, che la notifica degli atti che intervengono sulle rendite catastali sia effettuata nei confronti degli intestatari della partita, anche se, come riconosciuto dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 24532/2024), «la notificazione della rendita attribuita, in definitiva, costituisce il presupposto per l’utilizzo della stessa da parte dell’amministrazione comunale che agisca per il pagamento dell’ICI-IMU».
Il collegamento tra attribuzione/revisione della rendita catastale e la base imponibile dell’ICI – IMUè sancito dal legislatore, che ha ancorato alla rendita catastale il principale riferimento per identificare il parametro di commisurazione del tributo, ed è chiaramente riconosciuto dalla Suprema Corte che, in più occasioni, ha sottolineato il rapporto di connessione tra rendita e imposta locale sugli immobili. Ed infatti, in ipotesi di diverse controversie aventi ad oggetto, una, l’impugnazione della rendita catastale attribuita ad un immobile e, l’altra, l’impugnazione della liquidazione dell’imposta comunale, la Corte ha ribadito che sussiste un rapporto di pregiudizialità che impone, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., la sospensione del giudizio della seconda in attesa della definizione della prima, in quanto la decisione sulla determinazione della rendita si riflette necessariamente, condizionandola, su quella relativa alla liquidazione dell’imposta (Cass. n. 6777/2024; n. 33741/2024).
Il nesso attiene, come evidenziato, ai criteri per la determinazione della base imponile che è strutturalmente collegata al concetto di valore dell’immobile, espresso con la rendita catastale: si tratta di un’espressione della realità della struttura dell’imposta che trascende la questione della soggettività passiva di imposta (com’è stato sottolineato da Paparella F., Le incertezze della Corte di Cassazione in merito all’individuazione del soggetto passivo dell’IMU nel caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing, in Riv. dir. trib., 2020, 2, II, 88 ss. – ma sulla questione si veda anche Ragucci G., Un passo verso la soluzione del problema della soggettività passiva all’IMU dopo la risoluzione del leasing immobiliare, in Riv. dir. trib., 2020, 2, II, 108 ss. – la disciplina dell’IMU mutua categorie giuridiche proprie delle imposte sui redditi, principalmente quella in tema di presupposto ove è richiamato il concetto di “possesso”, e questa scelta legislativa determina rilevanti incertezze allorquando occorre valutare situazioni giuridiche diverse dalla titolarità del soggetto passivo rispetto all’elemento patrimoniale colpito dal tributo).
Ed infatti, il provvedimento di attribuzione della rendita catastale di un immobile è un atto che inerisce al bene che ne costituisce l’oggetto, secondo una prospettiva di tipo reale, riferita alle caratteristiche oggettive (costruttive e tipologiche in genere), che costituiscono il nucleo sostanziale della c.d. “destinazione ordinaria”, sicché l’idoneità del bene a produrre ricchezza va ricondotta, prioritariamente, non al concreto uso che di esso venga fatto, ma alla sua destinazione funzionale e produttiva (in questo senso, già, Cass. n. 12025/2015).
Ecco, allora, che la prospettiva eminentemente oggettiva, che governa la commisurazione del tributo, non tiene conto della possibile scissione tra soggetto intestatario della partita, cui è attribuito il valore fondante per il calcolo della base imponibile, e soggetto passivo dell’imposta determinata sulla scorta di quella stessa base imponibile. E tanto è reso evidente dallo stesso disposto normativo, laddove individua i soggetti passivi dell’imposta municipale nei possessori di immobili: il proprietario, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie; il genitore assegnatario della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario dei figli; nel caso di concessioni su aree demaniali, il concessionario; per gli immobili concessi in leasing, il conduttore del leasing.
Con riguardo particolare all’utilizzatore in leasing di un immobile, l’art. 1, comma 743, L. n. 160/2019, ha stabilito che «Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, il soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto»1. E questo perché l’utilizzatore si comporta come possessore del bene e la circostanza che il legislatore tributario abbia inteso assoggettarlo ad imposta è sintomatico del fatto che abbia voluto attribuire a tale soggetto una posizione qualificata rispetto al semplice conduttore di un contratto di locazione (cfr. Procopio M.A., [voce] Leasing II [Diritto tributario], in Enc. giur., vol. XX, Roma, 2003, 9-10).
Il legislatore ha, dunque, cristallizzato la possibile scissione tra soggetto destinatario dell’accertamento, che modifica in aumento la rendita della partita, in quanto titolare di quest’ultima, e soggetto su cui produce effetti tale accertamento, contenendo lo stesso la determinazione della base imponibile di un’imposta che su quest’ultimo incide. Sicché la notifica del primo atto al soggetto intestatario della partita può produrre l’effetto di accertare, anche definitivamente, l’elemento essenziale per il parametro di commisurazione del tributo, senza coinvolgere il soggetto passivo del tributo stesso.
3.Come anticipato, la sentenza in esame ha sottolineato che la notifica dell’accertamento, che rettifica la rendita, può essere effettuata, per legge, esclusivamente nei confronti dell’intestatario della partita e che, pertanto, non può essere riconosciuta alcuna legittimazione dell’utilizzatore in leasing alla relativa impugnazione. E questo perché, pur essendo soggetto passivo dell’imposta, la cui base imponibile è connessa alla determinazione della rendita catastale, egli avrebbe, comunque, solo un interesse temporaneo e di mero fatto alla contestazione dell’accertamento.
Emergono, allora, due aspetti diversi della pronuncia sui quali occorre soffermarsi: da un lato, la questione attinente alla notifica dell’accertamento sulla rendita al solo intestatario della partita e alla conseguente legittimazione alla relativa impugnazione; dall’altro, quella relativa alla sussistenza o meno dell’interesse ad agire in giudizio in capo a soggetto diverso dal destinatario dell’atto.
Ebbene, con riferimento alla prima affermazione di principio, se è vero come è vero che la norma subordina l’efficacia dell’atto, che rettifica la rendita, alla notifica all’intestatario della partita, è altrettanto vero che essa non impedisce la notifica a terzi soggetti. Di tanto è parso consapevole lo stesso Ministero delle Finanze (cfr. circ. 13 marzo 2001, n. 4/FL) che, nell’illustrare i rapporti fra rettifica della rendita catastale e ICI – IMU, dovuta da soggetti diversi dal proprietario del bene, ha rilevato che: «I problemi derivanti dalla non coincidenza tra questi due soggetti [n.d.r.: proprietario del bene e soggetto passivo dell’ICI/IMU] possono essere risolti dall’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante ‘Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente’, che prevede l’obbligo da parte dell’amministrazione di assicurare al contribuente l’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati. Pertanto, al fine di garantire al contribuente il diritto alla difesa – n.d.r., “inviolabile” ex art. 24, comma 2 Cost. – occorre che la notificazione venga effettuata anche a colui che ha il possesso del bene, in quanto risulta essere il soggetto direttamente interessato ad impugnare gli atti in questione».
Se si segue questo ragionamento, allora, se è vero che la legge dispone la notifica in via generale ed astratta all’intestatario della partita, è altrettanto vero che, nell’ipotesi in cui tale atto è il presupposto per il calcolo dell’imposta che grava su soggetto diverso, la notifica andrebbe effettuata anche nei confronti di quest’ultimo, e tanto per consentirgli l’esercizio del diritto di difesa avverso un atto che produce, inevitabilmente, effetti anche nei suoi confronti e in ragione di uno specifico disposto normativo. Ferma restando l’opportunità di un intervento legislativo, già in base ad una lettura sostanziale della norma, la notifica dell’atto di accertamento della rendita catastale andrebbe effettuata anche nei confronti di soggetto diverso dall’intestatario della partita, se ed in quanto titolare della capacità contributiva tassata con l’imposta determinata in base a tale atto, in sostanza adeguando il disposto normativo al contesto specifico in cui è inserito.
Stando così le cose, è chiaro che la mancata notificata dell’atto al terzo, inciso di fatto e di diritto dal tributo, non può avere di per sé come conseguenza l’intangibilità della pretesa e la carenza di azioni difensive per quest’ultimo. Sicché la sopravvenuta conoscenza dell’atto lesivo dovrebbe, comunque, consentirne l’impugnazione e tanto sia nel caso in cui tale conoscenza sia avvenuta aliunde, sia nel caso in cui la conoscenza sia stata determinata dalla notifica del successivo avviso di accertamento IMU.
Come noto, in caso di omessa notifica dell’atto presupposto, afferente alla rendita catastale, il contribuente destinatario dell’avviso di accertamento IMU può impugnare, unitamente a tale atto, anche quello relativo alla rendita, non notificatogli, ai sensi dell’art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992, secondo lo schema della c.d. “impugnazione differita”. Sul punto sono intervenute, in più riprese, le Sezioni Unite della Corte che, come noto, hanno precisato che al contribuente spetta la «scelta, consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli […], facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto […] non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa» (cfr. Cass., Sez. Un., n. 10012/2021; n. 5791/2008; n. 16412/2007).
In tal caso, si è posto il problema dell’individuazione dei soggetti che partecipano al giudizio: l’ente impositore, infatti, è tenuto per legge ad applicare l’IMU unicamente sulla base della rendita catastale e le doglianze relative alla determinazione di quest’ultima dovrebbero essere proposte in diversa causa (pregiudiziale) e con diverso legittimato passivo (l’Agenzia dell’Entrate), tant’è che si è affermato che l’atto impositivo, ove sono riportati i dati di classificazione dell’immobile (i.e., classe, consistenza e rendita attribuita in relazione a tali elementi), è sufficiente a consentire al contribuente, che individui un errore di classificazione del proprio immobile ovvero che ritenga insussistenti i requisiti per la variazione catastale, di effettuare l’impugnazione della rendita catastale, instaurando un contenzioso specifico con l’Agenzia delle Entrate (cfr. CTR Lombardia, sez. IV, 24 giugno 2022, n. 2697; sul punto, anche Cass., sez. V, 9 luglio 2010, n. 16215; CTR Emilia-Romagna, sez. VIII, 28 giugno 2022, n. 809).
Gli orientamenti sul punto non sono univoci sicché, in talune occasioni, si è affermato che, se nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, il contribuente propone rilievi attinenti ai criteri di determinazione della rendita, non si verifica un litisconsorzio necessario con l’Agenzia delle Entrate e, dunque, alcuna necessità di integrare il «contraddittorio ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ., essendo il Comune estraneo alla determinazione della rendita, che costituisce soltanto il presupposto di fatto su cui si fonda l’atto impositivo», sussistendo, invece, un «mero rapporto di litisconsorzio facoltativo improprio, che presuppone una autonoma citazione dell’Agenzia da parte del ricorrente nello stesso processo in cui è citato il Comune, per una trattazione congiunta delle relative questioni, le quali rimangono tuttavia autonome» (cfr. Cass., sez. V, 11 maggio 2017, nn. 11681 e 11682; Cass., sez. VI, 20 gennaio 2017, n. 1439; Cass., sez. V, 30 dicembre 2011, n. 30717; Cass., sez. V, 16 dicembre 2011, n. 27180; Cass., sez. V, 30 aprile 2010, n. 10571; Cass., sez. V, 18 aprile 2007, n. 9203; Cass., sez. V, 11 dicembre 2006, n. 26380). In altre occasioni, riferite proprio ad ipotesi di omessa notificazione dell’atto attributivo o modificativo della rendita catastale, si è ritenuto che il giudizio si dovrebbe svolgere in presenza del Comune e dell’Agenzia delle Entrate e il contribuente potrebbe dedurre il vizio proprio (procedurale) dell’avviso di accertamento derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto e, in via subordinata, eventualmente, il vizio di merito sotteso all’atto attributivo o modificativo della rendita catastale degli immobili, mediante l’impugnazione cumulativa dell’atto impositivo e, per il suo tramite, dell’atto presupposto mai notificato.
In ogni caso, da quanto sopra esposto e ai fini che rilevano, la mancata notifica dell’atto presupposto non è questione dirimente, essendo, di per sé, superabile, di modo che la soluzione indicata potrebbe essere adottata anche nel caso di specie. Sennonché la situazione in esame differisce da quella su menzionata e questo perché, a complicare le cose, l’atto presupposto non notificato non è diretto allo stesso destinatario dell’atto successivo, sicché al tema della notifica va collegato quello della legittimazione ad agire in capo a soggetto diverso dal destinatario dell’atto e del relativo interesse ad agire.
4. Come anticipato, il secondo aspetto che emerge dalla sentenza è quello relativo alla presunta mancanza di interesse ad agire, in capo all’utilizzatore in leasing dell’immobile, avverso la rettifica della rendita catastale notificata all’intestatario della partita.
La questione è indubbiamente complessa e necessita di approfondimento.
In prima battuta, occorre valutare i due argomenti utilizzati dalla Corte per disconoscere l’interesse ad agire nel caso in esame, ovvero la natura meramente fattuale dell’interesse e la sua temporaneità.
Partendo da quest’ultimo aspetto, un carattere “temporaneo” dell’interesse non incide in alcun modo sulla configurabilità dello stesso.
Il diritto, al quale è riferito il tributo, può avere una durata temporanea, in ragione dell’applicazione della disciplina tipica dei contratti di durata che attribuiscono il diritto di godere di un bene altrui per un certo lasso di tempo, e la predeterminazione di tale durata, in base al contratto, non ne muta la sostanza e la relativa tutela. E lo stesso legislatore, nell’attribuire la soggettività passiva all’utilizzatore del leasing, si è chiaramente riferito a “tutta la durata del contratto”: all’attribuzione della soggettività di diritto, tarata sulla durata della spettanza dello stesso, corrisponde un interesse giuridicamente riconosciuto e tutelato.
Con riferimento, poi, alla configurabilità, nel caso di specie, di un interesse “di mero fatto”, non sembra questo il caso, considerato che la soggettività passiva di imposta in capo all’utilizzatore del bene in leasing è espressamente riconosciuta dalla legge e tale soggetto è chiaramente il destinatario del provvedimento che rettifica l’imponibile (la rendita) del tributo, sul medesimo esclusivamente gravante (l’IMU).
La categoria giuridica dell’interesse “di mero fatto”, di matrice amministrativistica, è riferita a quelle posizioni che sono riconoscibili a tutti i consociati in quanto tali, ma che l’ordinamento non tutela, vale a dire ad ipotesi in cui non è individuabile una situazione giuridicamente disciplinata riferibile ad uno specifico soggetto (cfr., per tutti, Gallo C.E., [voce] Soggetti e posizioni soggettive nei confronti della Pubblica Amministrazione, in Dig. disc. pubb., XIV, Torino, 1999). Ebbene, nel caso in esame, invece, la soggettività passiva è giuridicamente riconosciuta in capo all’utilizzatore in leasing, che assume diritti ed obblighi in ragione di un contratto, sicché a tale soggettività consegue la spettanza del diritto ad agire in giudizio per tutelare la propria posizione. Ed infatti, l’utilizzatore fa valere un diritto proprio, alla corretta determinazione del proprio imponibile di una propria imposta e non affatto un “diritto altrui”, in base all’art. 81 c.p.c.
E se è vero che l’esistenza di un diritto soggettivo non è legata al concreto interesse di chi ne sia titolare o al conseguimento del bene che è oggetto del diritto stesso, è altrettanto vero che nella definizione del diritto soggettivo come interesse protetto, si deve dar rilievo al concreto interesse di un soggetto al conseguimento del risultato giuridico al quale è rivolto il suo affermato diritto sulla questione (v. Attardi A., Un caso di errata applicazione del concetto dell’interesse ad agire, Riv. dir. proc., 1951, II, 70 ss.)2.
Ora, come è noto, l’articolo 100 c.p.c. statuisce che «[…] Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse […]» e tale disposizione ribadisce un principio generale del processo, sicché l’interesse, oltre che essere un presupposto dell’atto introduttivo, ha rilievo — e non solo nella veste dell’interesse a contraddire per il convenuto — per qualsiasi atto processuale.
Tale norma non riconosce automaticamente ad una parte la legittimazione ad agire anche se la controversia verte sull’esistenza, o inesistenza, di un rapporto giuridico al quale essa sia estranea e questo perché l’art. 81 c.p.a. chiaramente afferma che «fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui», di modo che i concetti di interesse ad agire e legittimazione ad agire andrebbero distinti.
La legittimazione ad agire, allora, contrassegna la posizione del soggetto rispetto al rapporto oggetto del processo, posizione che può essere di affermata titolarità del diritto controverso o di titolarità di un rapporto connesso con tale diritto (sul punto, Attardi A., [voce] Interesse ad agire, in Dig. disc. priv. sez. civ., IX, Torino, 19933 e, in ambito amministrativo, cfr. Ferrara R., [voce] Interesse e legittimazione al ricorso (ricorso giurisdizionale amministrativo), in Dig. disc. pubb., VIII, Torino, 19934).
Ed infatti la giurisprudenza ha precisato, in tema di contenzioso tributario, che la legittimazione ad impugnare gli atti impositivi appartiene soltanto al destinatario dell’atto impugnato oa chi è parte del rapporto controversoe rientra, dunque, tra i soggetti passivi dell’imposizione tributaria, che sono gli unici a potere proporre ricorso (Cass. n. 4945/2021; n. 5375/2012; n. 32188/2019; n. 2754/2023).
La Suprema Corte ha chiarito che “[…] un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14 d.lgs. n. 546 del 1992 deve indurre ad una lettura estensiva del destinatario dell’atto; in particolare, va considerato tale, non solo il destinatario stricto iure ma anche il destinatario potenziale e mediato. Similmente, il concetto di titolarità del rapporto controverso va esteso fino a comprendere in esso anche la titolarità di un rapporto dipendente o connesso rispetto a quello costituito dall’atto impugnato. Una simile interpretazione consente di ammettere nel processo tributario l’intervento di quei soggetti che, pur non destinatari diretti dell’atto impugnato, potrebbero essere chiamati successivamente ad adempiere in luogo di altri. In queste ipotesi il condebitore non è soggetto passivo di imposta, ma è tuttavia considerato, dalla disciplina civile o fiscale, solidalmente responsabile per l’adempimento dell’obbligazione tributaria insieme con il contribuente, come nel caso dei soci di una società di persone, (illimitatamente responsabili per le obbligazioni societarie, comprese quelle tributarie), nel caso dei rappresentanti legali del soggetto passivo di imposta (talora ritenuti solidalmente responsabili con quest’ultimo), oppure nel caso, ricorrente nella specie, del cessionario di azienda o di un ramo di essa, responsabile in solido ex art. 14 d.lgs. n. 472 del 1997» (Cass. n. 255/2012; n. 2754/2023).
Ne consegue che l’interesse ad agire – quale condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c.– richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire (si veda anche Cass. n. 36558/2021; n. 6749/2012; n. 2051/2011; n. 15355/2010; n. 4942/2023; n. 5002/2023).
5. La questione esaminata ha evidenziato la distorsione connessa alla previsione di un accertamento di valore su un bene assoggettato ad imposta in capo ad un soggetto diverso, che non consente la partecipazione al giudizio del soggetto inciso dal tributo e non sembra prevedere alcuna via d’uscita all’empasse generata dalla mancata notifica dell’atto presupposto.
La sentenza esaminata, negando la possibilità di agire in giudizio all’utilizzatore in leasing dell’immobile, non ha neanche valorizzato la questione della prospettata limitazione al diritto di difesa di quest’ultimo, privato della possibilità di confutare la corretta determinazione dell’imposta, cui pure è assoggettato. E se, da un lato, è stata proposta un’interpretazione della norma che non consente alcuna azione al destinatario dell’atto impositivo, dall’altro, non si è ritenuta “non manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale pure avanzata dal ricorrente e questo perché le situazioni dell’intestatario della partita e del soggetto, che riceve in locazione finanziaria un immobile, sarebbero diverse, stante anche la temporaneità della soggettività passiva del locatario.
L’esclusione di qualsiasi “spiraglio” per la tutela dell’interesse del soggetto passivo del tributo chiaramente contrasta con il diritto alla difesa, con il principio del “giusto processo” e anche con lo stesso principio di capacità contributiva, atteso che l’impossibilità di contestazione della rendita impedisce la corretta commisurazione della effettiva capacità contributiva.
In assenza di autonomi strumenti di azione, il soggetto passivo dell’imposta resterebbe in balia delle scelte difensive dell’intestatario della partita, unico soggetto destinatario dell’atto di accertamento della rendita catastale, e dell’inerzia di terzi, senza poter agire direttamente e senza neanche potersi sostituire a quest’ultimo.
In ambito civilistico, in ipotesi similare ma attinente alla tutela del diritto di credito, è prevista un’azione surrogatoria, che legittima il creditore ad esercitare diritti e azioni che spetterebbero al debitore e che questi non esercita per inerzia o volontà. E non è un caso che l’ipotesi prevista dall’art. 2900 c.c. sia ricondotta all’art. 81 c.p.c. e che la presenza o l’assenza dei soggetti del rapporto controverso non sia considerata determinante per riconoscere o per negare ad un terzo la legitimatio ad causam (cfr. Attardi A., [voce] Interesse ad agire, cit.).
In ambito tributario, invece, a seguire la logica della sentenza in esame, non vi sarebbe alcuno spazio di manovra per il soggetto passivo IMU per contestare l’atto che determina la base imponibile dell’imposta, cui soggiace. In sostanza, non resterebbe altro che immaginare complessi rimedi di carattere civilistico, dall’esito incerto, articolati sulla prova che il danno, consistente nella maggiore imposta versata, è stato cagionato dalla mancata impugnazione dell’accertamento sulla rendita e che la suddetta impugnazione sarebbe stata – presumibilmente – fondata, navigando nelle acque torbide della c.d. perdita di chance.
Ecco allora che, in assenza (o in attesa) di un intervento normativo, si rende necessaria una lettura sostanziale della norma che garantisca al soggetto passivo del tributo un diritto alla difesa non eccessivamente difficoltoso, indiretto ed eventuale, come sarebbe se fosse confinato soltanto nel perimetro dell’azione civilistica delineata.
(*) Il saggio è stato sottoposto a double blind peer review con valutazione positiva. Esso confluirà nel fascicolo n. 1/2025 (semestrale) della Rivista telematica di diritto tributario.
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Ragucci G., La Corte di Cassazione si pronuncia sulla vexata quaestio dell’IMU dovuta dopo la risoluzione anticipata del contratto, in Riv. tel. dir. trib., 2019, 2, 559 ss.
Ragucci G., Un passo verso la soluzione del problema della soggettività passiva all’IMU dopo la risoluzione del leasing immobiliare, in Riv. dir. trib., 2020, 2, II, 108 ss.
1 Già l’art. 9 D.Lgs. n. 23/2011, in particolare, al secondo periodo, prevedeva l’individuazione dei soggetti passivi dell’Imposta Municipale Propria per gli immobili concessi in locazione finanziaria e stabiliva che: «soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto».
2 Secondo l’autorevole Maestro, un punto, in ogni caso, deve considerarsi fermo, e cioè che l’esistenza di tale concreto interesse abbia rilievo sempre sul piano su cui il giudice valuta la sussistenza del diritto in gioco: infatti, «se si considera il diritto soggettivo come un interesse (concreto), allora deve il primo sorgere e venir meno con l’esistenza del secondo».
3 Il quale sottolinea anche che, nel determinare l’essenza dell’interesse ad agire, e a contraddire, occorre tener presente l’esigenza che tale fenomeno abbia caratteri propri che consentano di non confonderlo con fenomeni diversi e che, di conseguenza, la questione sull’esistenza dell’interesse ad agire si presenti distinta dalle altre che il giudice deve affrontare e risolvere: in particolare, da quelle che riguardino la legittimazione e l’esistenza del diritto fatto valere.
4 L’illustre Autore sottolinea come vi sia un nesso strettissimo e indissolubile fra l’interesse legittimo, la legittimazione a ricorrere e l’interesse processuale, vale a dire fra la situazione giuridica soggettiva di tipo materiale, la titolarità della stessa in capo ad un determinato soggetto e l’interesse al ricorso concepito come vantaggio anche solo strumentale che si ritrae dall’annullamento del provvedimento impugnato.
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